Non avete mai girato in pista? Male! Fatelo. Se andate consci dei vostri limiti, senza strafare e con i giusti accorgimenti potrebbe essere la giornata più bella ed emozionante della vostra vita.
O almeno dovrebbe, a meno che non si incappi in una bella scivolata o high side alla prima curva (o non si cada ai 20 km/h nel paddock rompendo la leva del freno, senza averne una di scorta).
Ma, vabbè, finché sono cadute e danni autoinflitti, poco male: i più onesti rimproverano sé stessi, altri danno la colpa alle gomme (capro espiatorio preferito), ma tutto sommato basta un po’ di fortuna e un pizzico di mestiere per rialzarsi e piangere i danni alla moto (con visioni apocalittiche per il proprio conto in banca).
Ma se a causare la vostra caduta fossero altri?
Per fugare ogni dubbio dico subito che in pista ognuno paga il suo, a meno che non abbiate prove fotografiche e testimoniali da portare in tribunale assistiti da un avvocato al quale corrisponderete svariate migliaia di euro.
E’ una norma non scritta, ma non è nemmeno un accordo tacito tra i pistaioli. E’ così… una cosa che nasce dalla necessità, quasi un’evoluzione naturale del germe vampirico assicurativo.
Già, le assicurazioni. Parlo di quelle “normali”, non le promosport o le RR Card specifiche per i possessori di BMW S1000RR (delle quali parlerò più avanti): nonostante i regolamenti per gli accessi in pista, vietino l’accesso ai circuiti a mezzi non coperti da assicurazione, le assicurazioni non coprono i danni, sia fisici che materiali, provocati o subiti in ambito pistaiolo.
La clausola cui si riferiscono è di solito la seguente: “la compagnia non copre danni o infortuni derivanti da partecipazione a corse e gare (e ai relativi allenamenti), con qualsiasi veicolo o natante a motore…”
La clausola ha delle ovvie falle legali (le prove libere effettuate da dilettanti non possono essere considerate né gare né allenamenti ad esse finalizzate) ed infatti le compagnie assicuratrici si stanno adeguando inserendone una variante: “- partecipazione, con qualsiasi veicolo o natante a motore, a competizioni ed alle relative prove;
- guida di veicoli in circuiti, pur in assenza di competizione, salvo i corsi di guida sicura.”
Anche in presenza della vecchia clausola, tuttavia, spuntarla col le assicurazioni sarebbe lungo e dispendioso per il fatto che nei circuiti vigono le norme del CdS solo per ciò che riguarda i tamponamenti.
Alcuni autodromi hanno un regolamento più preciso in cui si parla richiami al CdS per quanto riguarda limiti di velocità, divieti di sosta e manovre pericolose nell’ambito delle “strade interne della struttura” che escludono, però, la pista vera a propria.
Ci sono, come accennato sopra, assicurazioni specifiche per piloti tesserati che però coprono solo danni fisici alla persona e solo se subiti in impianti omologati FMI.
O assicurazioni ideate dalle case costruttrici come la BMW che per qualche centinaio di euro copre i danni subiti in pista anche a seguito di impatto con altre moto. Ovviamente copre i danni fisici a sé stessi e materiali alla propria moto. Cioè non copre i danni a terzi che un eventuale BMWista potrebbe causare centrando un'altra moto.
Avendo un po’ di pazienza e tempo per guardarsi in giro ci sono diverse assicurazioni che coprono, a premi diversi, con massimali e franchigie variabili, danni propri subiti in pista purché non si verifichino durante competizioni. Tuttavia:
- supponendo che un assicurato si scontri con un non assicurato,
ciascuno paga il suo: l’assicurato avrà il rimborso dalla
propria assicurazione e il non assicurato sborsa i propri soldi;
- supponendo che due assicurati si scontrino ciascuno avrà la propria assicurazione, ovvero: ognuno paga il suo.
In soldoni non c’è modo, in pista, di far pagare tutto a chi, eventualmente abbia causato il danno ad altri. (sempre che sia possibile trovare documentazioni video adeguate e testimonianze attendibili tali da poter riconoscere in via deterministica la reale responsabilità dei coinvolti nell’incidente).
L’appiglio cui qualcuno potrebbe pensare di rivalersi sulla società gestore dell’impianto è nullo: per accedere alle piste di firmano specifici moduli di manleva che sollevano l’impianto da qualsiasi responsabilità.
Alla fine rimane il vecchio adagio pistaiolo: “Ognuno paga il suo.” A meno che la gravità del danno fisico alla persona non giustifichi il costo del ricorso a vie legali contro il terzo responsabile della propria caduta il quale, al termine dell’infinita, e alquanto incerta, trafila legale italiana risponderà con il proprio patrimonio al risarcimento del danno.
L'aternativa più economica è il giudice di pace per il quale però servono prove concrete per confutare oltre ogni dubbio eventuali dichiarazioni di difesa della controparte e che i moduli sullo scarico di responsabilità sia chiari per quanto riguarda i punti riguardanti le concause dell’incidente.
Ovviamente nulla toglie che ci possano essere persone oneste che in base alla propria coscienza e al proprio portafoglio abbiano la dignità di ammettere i propri errori e rimediare ad essi.