Sulla genesi della coppia - ovvero della trinità coppia, velocità, potenza -
Autori: Maclauter, Paguro & 3emezzo
Tutto ebbe inizio con una scintilla in una nebulosa oscura di miscela di benzina ed aria. Fu il “big bang” e tutto iniziò a girare. Così nacque la Coppia e fu tutto un muoversi di valvole, pistoni, manovellismi, alberi motore, ingranaggi di trasmissione, alberi a camme ed infine ... ruote. Le Masse in movimento acquistarono Velocità ed il tutto assurse alla nobiltà di Potenza.
La descrizione scherzosamente biblica vuole introdurre, o meglio riprendere, tre concetti con cui abbiamo continuamente a che fare quando smanettiamo con le nostre moto: la coppia, la velocità, la potenza. L’idea di questo articolo, nata in seno ad un topic del subforum Yamaha 125 (Grave errore del contagiri Ybr?), è di riprendere con semplicità gli stessi concetti già trattati in altri articoli del Tinga con dignità e rigore scientifici, riflettendoli però sulla prospettiva fortemente pratica ed empirica dello smanettone-smaneggione e delle sue necessità di comprendere i risultati ottenibili dal suo motore nonché le caratteristiche intrinseche della sua amata.
Nei fatti, le informazioni di base sulle caratteristiche di coppia e potenza di una moto sono alquanto carenti od assenti nei manuali d’uso dei vari modelli. Figuriamoci che tipo di conoscenza si può poi avere delle caratteristiche reali di un motore elaborato artigianalmente per prove su pista! Il tutto è generalmente lasciato alla percezione sensoriale dello smaneggione stesso, con esiti che possono essere anche fatali per l’integrità meccanica del motore-cavia e per quella psico-fisica dello smanettone.
Definiamo dunque con semplicità la nostra triade di concetti.
La coppia è la spinta motrice che fa girare il motore, la trasmissione e le ruote. E’ il prodotto di una forza (quell’entità che cambia lo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme di un corpo ... vi ricordate?) per un braccio (cioè la lunghezza di una leva). Generalmente la coppia è espressa come Newton x metro (Nm) o kg x metro (kgm).
Dopo viene la velocità. Quando, infatti, esprimiamo la coppia della nostra moto dando gas, non facciamo altro che raggiungere una certa velocità: l’albero motore acquista velocità angolare (rpm o giri/min) e noi percorriamo dello spazio in un certo tempo ed esprimiamo questo, generalmente, come km percorsi (o percorribili) in un’ora (km/h).
A questo punto stiamo producendo un lavoro nel senso fisico: la forza di espansione esercitata dai gas di combustione sulla testa del pistone ci sposta. Il prodotto di questa forza per lo spostamento realizzato è il lavoro, proprietà fisica con tutte le caratteristiche dell’energia. Ma quanto lavoro può compiere il nostro motore nell’unità di tempo? Cioè: quanto velocemente ci può spostare? La risposta sta in quella caratteristica che suona come una promessa: la potenza del nostro motore ovvero la sua capacità di lavorare nell’unità di tempo, espressa nei famosi kW (chilowatt) o cv (cavalli).
Più precisamente, la potenza è funzione sia della coppia (che ha le dimensioni di forza x spostamento e varia con il regime di giri/min) che del regime stesso (giri/min). Quindi, essendo la potenza la capacità di compiere lavoro nell'unità di tempo, essa continuerà ad aumentare un tanto oltre il regime di coppia massima, in dipendenza della forma della curva di coppia versus il n di giri/min.
Tutte le modifiche apportate ad un motore e capaci di migliorarne le prestazioni, aumenteranno allora la coppia max e, forse, anche la forma della curva di coppia in funzione dei giri/min.
Ecco una formuletta, facilmente verificabile sul web (Wikipedia, alla voce “coppia motrice”), che ci permette qualche calcoletto basilare:
potenza (cv) = (coppia (Nm) x 6.28 x n. giri/min x 1.36) / 60000.
Quindi, conoscendo il valore di coppia ad un certo regime, possiamo facilmente calcolare la potenza espressa dal motore a quello stesso n. di giri/min.
Partendo dalla stessa formula ma conoscendo i dati di potenza a determinati regimi, possiamo di converso derivare i valori di coppia. Ciò è utile per calcolarci la potenza in gioco al regime di coppia massima (in genere per i nostri motori intorno ai 2/3 del regime max) ovvero la coppia disponibile al regime di potenza max. Tuttavia, questo non è altro che giocare con i pochi dati resi noti dalle case: coppia max potenza max.
E se un poveraccio si elabora la moto come fa a sapere che accidenti ha combinato alla fine dei suoi smaneggiamenti?
In assenza di un banco prove la faccenda è seria. Tuttavia, la logica supportata dalla passione possono portare, se non a dati affidabili, almeno a stime che si avvicinino alla realtà delle cose.
Ci viene in aiuto, in particolare, la possibilità di valutare le velocità max ottenibili sullo stesso tratto rettilineo, con lo stesso pilota, con la medesima postura di guida e nelle stesse condizioni atmosferiche (pressione e vento, essenzialmente), sulla base di differenti elaborazioni del motore (ivi incluso il suo apparato di scarico).
La relazione esistente tra velocità e potenza ci permetterà di stimare la variazione di potenza max, registrando il n. di giri/min al quale si ottiene la velocità max. Per piccole variazioni di potenza e velocità max, infatti, l’incremento percentuale di prestazione in termini di velocità della moto e di regime del motore sarà legato linearmente all’aumento di potenza. Quindi, un aumento del 5% in velocità max (es: da 100 a 105 km/h) indicherà un aumento del 5% della potenza max (es: da 10 a 10.5 cv).
Grandi variazioni di velocità implicherebbero, invece, un aumento esponenziale della potenza assorbita per vincere le resistenze aerodinamiche della moto, invalidando la relazione lineare tra incremento di potenza, incremento del n. di giri del motore/min ed incremento della velocità. In questo caso, probabilmente, avremmo valicato il confine dell’elaborazione amatoriale e staremmo ad elaborare la mitica 46 di “the Doctor” ... con anche ben altri mezzi di valutazione e misura delle messe a punto!
Al proposito dei concetti di coppia, velocità e potenza trattati, il caso della piccola moto Yamaha YBR 125 può considerarsi emblematico per gli “smanettoni fai da te”. Questa categoria di motociclisti va annoverata nella nobiltà classica del motociclismo nazionale. Si tratta di una specie in via di estinzione, messa a rischio dall’esasperazione (spesso inutile) delle tecnologie motociclistiche.
L’esasperazione tecnologica, infatti, da una parte consente il raggiungimento di prestazioni esagerate e quindi inutili, dall’altra impone il ricorso alle officine specializzate anche per le operazioni di manutenzione ordinaria. Il nobile smanettone, invece, mantiene da se’ per l’uso ordinario ed elabora da se’ per per la sua soddisfazione. Lo smanettone elabora per capire. Capire cosa può tirare fuori dal suo motore. Per questo motivo lo “smanettone fai da te” è in simbiosi con motociclette semplici ed accessibili, dove una serie di chiavi e tanta competenza possono fare miracoli.
In Italia queste moto sono ormai ridotte a pochi modelli e con loro scompaiono gli smanettoni. Uno di questi modelli è la YBR 125 (vedasi l’articolo “Yamaha Ybr 125 - recensione completa” by Paguro per tutti i dettagli), progetto brasiliano della Yamaha, successivamente adattato e largamente commercializzato anche nei paesi asiatici.
Ora la YBR, e particolarmente le sue versioni a carburatore commercializzate fino al 2007, si presta egregiamente ad elaborazioni di base, capaci di aumentare moderatamente ma percettibilmente le sue prestazioni. Le modifiche in questione, ben trattate nel topic “YBR 125: Le modifiche alla ciclistica ed al motore” nel subforum Yamaha 125, riguardano essenzialmente il carburatore ed il sistema di ammissione di aria secondaria allo scarico (AIS).
Lo smanettone, a questo punto, percepisce il miglioramento delle prestazioni ma non sa quantificarle, arrivando persino a dubitare dei dati di bordo rilevati dal contagiri e dal tachimetro. E’ uno stato confusionale da cui si viene fuori solo con strategie e mezzi di stima delle prestazioni. Strategie semplici! Perché semplici e poco accurati sono gli strumenti a disposizione ed il primo di questi è la propria sensibilità.
Dichiarazioni come: “Io intanto volevo conferma che, a orecchio, il regime di pot. max fosse ben al di sopra dei 7800 dichiarati. Secondo me la potenza sale almeno fino ai 9000 indicati!!!” possono ben essere verificate ipotizzando un moderato aumento di potenza e di coppia e verificando a quale regime si ottiene il valore di potenza max.
Allora:
potenza (cv) = (coppia (Nm) x 6.28 x n giri x 1.36) / 60000
facendo qualche simulazione al computer, ci sta che si raggiungerebbero i 12 cv di pot max proprio intorno ai 9000 giri/min con una coppia intorno a 9.4 Nm. A 6000 giri/min, poi, si avrebbe la coppia max di quasi la bellezza di 12 Nm (contro i 9.6 allo stesso regime della ybr senza messe a punto di sorta!) . E se alla prova dei fatti (la pista!) la motina guadagna 10 – 15 km/h di velocità max, toccando i 120 dai miseri 105 pre-elaborazione, ecco allora che 2 cavalli guadagnati ci stanno tutti: un cavallo, un cavallo e mezzo è quello percepito dallo smanettone come aumento di velocità ed accelerazione; mezzo cavallo si dissipa nelle aumentate resistenze aerodinamiche ed attriti vari.
Dopo le stime rassicuranti gli animi, allora, si rasserenano ed esternano considerazioni come:
“Il contagiri non è particolarmente impreciso, semplicemente il motore è talmente lineare, poco spinto ed “elettrico” che è difficile capire realmente il regime di potenza max!!!! La tale potenza è di 9,7 CV a 8000 giri, è vero, ma questo valore è molto simile nel range tra i 7000 e i 9000 giri! Mentre già a 6000 è ben in coppia e oltre i 9000 la potenza decresce in maniera molto graduale, senza particolari indurimenti, fino ad oltre i 10500 giri dove “mura” con grande probabilità per l’inizio del pericoloso fenomeno dello sfarfallamento delle valvole.
A questo punto, capisco pure perché pur avendo guadagnato con le mie modifichette solo “qualcosina”, secondo me un cavalluccio scarso, la moto ha digerito senza fiatare un dente di pignone in più!!! Quasi quasi, vista la grandissima elasticità della motina, credo che lo stesso allungamento possa farsi sulla moto standard, dal momento che nella peggiore delle ipotesi gli 8500 giri che si raggiungerebbero come minimo sono già oltre il regime di potenza massima!!! Ovvi i vantaggi di comfort, consumo ed affidabilità, in cambio solo di una minore ripresa nel rapporto più lungo. L’accelerazione potrebbe invece persino aumentare visto che il motore potrebbe essere tenuto con facilità nel range di cui sopra, cambiando ai 9000 giri.”
Oppure: “E' proprio una bella curva, piuttosto spianata sopra i 9 cv tra i 6000 ed i 9500 giri/'.”
Sempre a titolo di esempio, partendo da curve di potenza originali e modificate con scarico after-market, ecco come variano le curve calcolate di coppia (motore della Yamaha XT, analogo a quello della YBR) sulla base di dati rilevati di potenza alla ruota, prima e dopo la sostituzione dello scarico originale con uno più performante.

Grafico 1: curve di coppia e potenza con scarico originale. La coppia è calcolata dai dati di potenza e rpm in questa pagina della Giannelli.

Grafico 2: curve di coppia e potenza con scarico aftermarket. La coppia è calcolata dai dati di potenza e rpm in questa pagina della Giannelli.
Riassumendo, utili stime sulle prestazioni possono essere ottenute ragionando sui principi alla base di coppia, velocità e potenza. Il dato di partenza insostituibile rimane l’impressione del collaudatore. I suoi rilevamenti (velocità max e regime di coppia max) potranno poi essere suffragati da dati rinvenibili sul web per modifiche commerciali analoghe a quelle realizzabili dallo smanettone. Infine, è possibile elaborare ipotetiche curve di coppia – potenza capaci di concretizzare le impressioni dei test in valori quantificati.