La prima differenza di cui tenere conto è che con coppia si definisce un valore istantaneo, quindi indipendente da un movimento del sistema, mentre con la potenza si definisce il lavoro svolto da una macchina (e non solo, come vedremo...) misurato nell’unità di tempo.
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Il termine coppia di per sé non significa niente: và inteso come contrazione della definizione fisica di coppia di forze che da qui in poi, per semplicità, torneremo a definire “coppia”.
Una coppia si genera ogni qual volta si è in presenza di un vettore (una forza) che agisca fuori asse rispetto al baricentro oppure al fulcro di rotazione del sistema di riferimento.
Se si verifica questa condizione il sistema può reagire con una reazione altrettanto consistente e rimanere fermo;
ma se il sistema non è in grado di reagire con la stessa intensità, cede alla forza cominciando a ruotare rispetto alla posizione del suo baricentro nello spazio oppure rispetto ad un vincolo meccanico che dia libertà al sistema di ruotare (fulcro di rotazione).
Alcuni esempi di coppie:
- All’esempio #1 abbiamo la condizione che si verifica ogni volta che usciamo sul balcone: il nostro peso (F) andrà a sollecitare il solaio a sbalzo con un vettore applicato ad una certa distanza dal vincolo R che tiene su il balcone...: questa distanza è il braccio di leva B.
Immaginando che la distanza B sia pari ad un metro e che il nostro peso sia pari a 70Kg ecco che sappiamo già che la sollecitazione a cui sottoponiamo il balcone è pari a 70 chilogrammi x metro, ovvero 70Kgm.
Ciò perché il Kgm è la misura classica della coppia anche se è stato recentemente sostituito a livello internazionale da una grandezza differente che è il Newton/metro (Nm) che non è altro che lo stesso Kgm moltiplicato l’accelerazione di gravità al livello del mare (9,81m/sec su secondo quadro) per cui possiamo anche approssimare il calcolo moltiplicando i Kgm semplicemente per 10 alla faccia del Sistema Internazionale....
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Da quest’esempio possiamo già capire perché nei motori, solo aumentando il valore della corsa si aumenta in proporzione il valore della coppia: aumentando la corsa si aumenta in effetti il braccio di leva B dell’esempio #1.
Tornando sul balcone, se avanziamo di un altro passo verso l’esterno (se c’è abbastanza balcone...) aumentiamo il braccio B ad esempio a 2metri: in questo caso la coppia applicata sarà pari a 140Kgm.
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- La condizione #2 è quella che si verifica agendo sui pedali di una bicicletta (ammettendo di fare la cosiddetta “pedalata rotonda”) due vere forze agiscono in direzioni opposte ma sfalsate con due bracci di leva rispetto ad un fulcro.
Risultato: il sistema (corona/pedali... bicicletta) si mette in rotazione, salita permettendo....
Da notare che il sistema ruota lo stesso anche se i bracci non sono simmetrici, se i vettori non sono uguali (spingendo sul pedale si riesce a fare più forza che a tirarlo su col puntale...) o se addirittura un vettore manca del tutto!
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- La situazione #3 è quella che dovrebbe essere nota a tutti i possessori di
motori con albero longitudinale rispetto al senso di marcia (tutti i V
trasversali, tutti i boxer, BMW serie K, ecc. ecc.)...
Sarebbe quella che si verifica ponendo in rotazione un sistema rispetto ad un vincolo esterno.
Esempio pratico del sistema: l’albero motore di una di queste moto,
vincolo esterno: il punto di contatto della gomma sull’asfalto.
Cosa succede:
Abbiamo una coppia di forze (qualsiasi sistema in rotazione si può considerare azionato da una coppia di forze) identiche che però agiscono a distanze differenti rispetto al vincolo.
In tal modo la forza più lontana risulta applicata ad una distanza maggiore, per cui tutto il sistema facente capo al fulcro di rotazione dell’albero (ovvero: la moto) tenderà a ruotare nella stessa direzione della forza più lontana dall’asfalto!
Questa è la famosa “coppia di rovesciamento” che caratterizza tanto i “V” trasversali della Guzzi ed in misura minore tutti i motori con albero longitudinale.
E’ maggiormente avvertibile accelerando a folle in quanto non mitigata dalla (contro) rotazione del cambio e non diluita nella dinamica del veicolo.
Uno schema diverso, già riportato in un mio vecchio post, può illustrare in modo più intuitivo l’effetto della coppia di rovesciamento sulle meccaniche trasversali Guzzi&Co.:
Colgo l’occasione per scusarmi ancora della scarsa qualità dei miei disegni BitMap (non ho il Corel e neanche sarei capace di usarlo)
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Tornando all’argomento dell’articolo, con questi esempi abbiamo capito (spero) in cosa consiste la coppia espressa da un motore: solamente un momento torcente (risultato della “coppia di forze”) applicato dal pistone all’albero motore attraverso l’asta della biella.
- Da notare come l’albero subisca una spinta “viva” esclusivamente durante la fase di espansione. Durante le fasi passive (la sola corsa di ritorno nel 2 tempi e ben 3 corse nel 4 tempi) l’albero non subisce nessuna spinta che non sia fornita dall’inerzia accumulata dalle tutte le masse in rotazione (in particolare quelle preposte allo scopo: le masse volaniche).
Ciò comporta dei valori istantanei di coppia di grandezza molto diversa a seconda dell’angolo di rotazione in cui viene effettuata la misurazione ma che, omogeneizzati dalle masse volaniche e dalla stessa rapidissima frequenza di variazione, danno luogo ad un valore medio che è poi quello rilevato dagli strumenti di misura.
La coppia (media) espressa da un motore, è praticamente funzione di due soli parametri:
Uno, l’abbiamo già visto, è il braccio di leva su esercita la sua forza spinge il pistone ovvero il valore della corsa;
l’altro è la Pressione Media Effettiva che agisce sul cielo del pistone.
E se per il primo abbiamo capito che è un valore di per sé, non influenzabile con altre variabili (se non, in maniera molto relativa, con un disassamento dell’albero e/o del pistone di cui... non mi và di parlare!) per il secondo dobbiamo sapere che è il risultato di una grossa mole di fattori tutti legati alla termodinamica del motore: accenno solo al
Rapporto di Compressione, al
Rendimento Termico, al
Rendimento Volumetrico (oppure indirettamente all’eventuale pressione di sovralimentazione), al peso delle masse in moto alterno, agli attriti radenti e volventi del sistema, al Potere Calorifico Inferiore del carburante bruciato, al suo rapporto più o meno stechiometrico con l’ossigeno presente in camera, al calore dissipato, ecc..
Gran parte di questi fattori sono poi condizionati a loro volta da conformazioni dei singoli componenti, materiali utilizzati, finiture, lubrificazioni, ecc..
Ma torniamo, ancora una volta, in argomento:
Considerando i valori medi di coppia espressa dal motore ad ogni singolo regime di rotazione è possibile costruire una curva riportando tali valori su di un grafico che tenga conto dei valori di coppia in Nm e del regime di rotazione espresso in giri al minuto.
La curva che ne risulta è la famosa curva di coppia di cui tanto si parla nei forum e nei motobar...
La sua conformazione (e quindi l’entità dei propri valori ad ogni regime preso in considerazione) è tipicamente “piatta” nei motori tranquilli e invece molto appuntita verso l’alto nei motori più sportivi.
Ciò per motivi sia di ordine termodinamico che... filosofico (nella vita non si può avere tutto)
“Curva piatta” significa elevati valori di coppia motrice disponibili poco più su del regime minimo, poi un moderato aumento fino al valore di coppia massima e per finire una lenta e modesta diminuzione fino in prossimità del regime massimo.
La modesta gobba descritta dalla curva può, in alcuni casi essere addirittura doppia o tripla! Ovvero il motore potrebbe esprimere più di un valore di coppia massima, cioè lo stesso valore a regimi diversi!
Non fatevi illusioni, ciò capita solo nei motori MOLTO tranquilli tipo quelli da trasporto pesante....
Per “curva appuntita” s’intende invece quella che caratterizza soprattutto i motori più sportivi ed è costituita da una zona iniziale in cui i valori sono abbastanza scarsi, un successivo moderato aumento fino ad un momento definibile (ma solo nei bar...)
“entrata in coppia” in cui la stessa aumenta tanto bruscamente nell’arco di
poche centinaia di giri al minuto da rendere percepibile da parte del pilota un
consistente incremento di spinta...
Ma non si era detto che la coppia è un valore ISTANTANEO?!?
La spiegazione risiede nel concetto di potenza che è legato abbastanza strettamente a quello di coppia. Anzi gli è legato in un preciso rapporto matematico:
N = Mt * n / 716
dove:
- N = potenza espressa in CV
- Mt = coppia espressa in Kgm
- n = regime espresso in giri al minuto
- 716 è una costante rapportata all’utilizzo delle grandezze espresse in CV e Kgm che io, un pò all'antica, preferisco usare.
se preferite invece utilizzare i "moderni" Kw e Nm tenete conto che 1CV = 736W (circa) e 1Kgm = 98,1Nm e poi... trovatevi la costante adatta (dovrebbe essere pari a 9365,2803 o giù di lì)
Conoscendo tale rapporto è possibile costruirsi, con buona approssimazione, una curva di potenza partendo dalla curva di coppia (e viceversa).
Con la descrizione appena fatta abbiamo già capito perché la definizione di potenza è legata al lavoro fisico che una macchina riesce a svolgere nell’unità di tempo.
Anche un animale può svolgere un lavoro, anzi: per stabilire il valore della prima unità di misura mai utilizzata per valutare le capacità delle macchine, fu misurata la capacità di traino di un grosso cavallo da tiro, che da quel giorno diventò il cavallo di riferimento: il Cavallo Vapore (allora c’erano solo i motori a vapore). Il suo nome non è però passato alla storia.
Ne consegue che anche un uomo è in grado di compiere un lavoro però, a differenza del cavallo, bisogna retribuirlo e inquadrarlo fiscalmente.
A volte, il lavoro dell'uomo può essere "a nero" ma questa è un'altra storia.
Ma non cambiamo discorso: scusate se divago troppo.
Da quella semplice formuletta si deriva anche un’altra cosa molto interessante: la potenza (e non la coppia) è funzione diretta del regime di rotazione!
Questo è il motivo della ricerca di giri nei motori da competizione: tutto l’affinamento che si può eseguire sul progetto di un motore è teso a valorizzare tutti quei parametri (sopracitati)
che determinano l’entità della coppia; ma se la coppia ottenuta non viene
moltiplicata per un regime di rotazione, il risultato è... zero, ovvero il balcone del primo esempio: regge anche una tonnellata ma non è in grado di spostarla!
E questo spiega anche perché i motori a 4 tempi riescano a recuperare una parte dello svantaggio in termini di potenza rispetto ad un 2 tempi di pari cilindrata: il maggior regime di rotazione!
Infatti il 2 tempi, per le sue caratteristiche termodinamiche non gode delle possibilità di allungo del 4 tempi, in quanto fortemente condizionato dall’efficienza dello scarico (e non solo) che cala drasticamente poco dopo il regime di potenza massima costituendo un vero e proprio “muro” invalicabile di velocità di rotazione.
Mentre il 4 tempi si riesce a farlo girare molto più in alto, andando ad aumentare quel moltiplicatore di potenza di cui abbiamo parlato: la grandezza “n” della formula riportata.
Inoltre, nel 4 tempi abbiamo una fase di espansione più completa e “pulita” che permette di ottenere P.M.E. più sostanziose ed in più (anzi: in meno) non abbiamo la resistenza offerta dal carter-pompa nella fase di compressione della miscela fresca nel carter!
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Detto anche questo, avrete notato che come al solito scivolo sempre nel confronto tra 2 e 4 tempi ma non è per una mia fissa: sono effettivamente diverse le condizioni di lavoro di questi due principi funzionali ed ogni discorso attorno alle loro dinamiche di funzionamento non può prescindere da un confronto tra i due sistemi. Finché rimarranno due.