Virgo ha scritto:
VOGHERA. «Sono sotto shock: quella povera ragazza mi è morta tra le braccia. E poteva morire anche mio figlio». A parlare è Marco Sciavarello, uno dei due testimoni oculari della tragedia in cui l’altra sera è morta Klebeta Kacorri, 23 anni. La giovane albanese viaggiava sul sellino posteriore di una moto Kawasaki Ninja che si è schiantata contro un Tir lungo la tangenziale Voghera-Casteggio. Il suo compagno Daniele Lacaria, un vogherese di 26 anni, ha riportato solo una frattura a un polso. Sciavarello è una persona abbastanza conosciuta nel mondo dello sport oltrepadano: è allenatore della squadra Esordienti della squadra di basket Olympia Bopers Voghera. «Io e mio figlio Jacopo di 8 anni stavamo tornano a Pavia dopo l’ultima giornata di allenamento della stagione - racconta Sciavarello - Ero al volante della mia Opel Meriva. Alle 19.30 procedevo verso Casteggio. Davanti a me c’era una Fiat Punto bianca, guidata da una ragazza. Andavamo piano, nettamente sotto i 90 km/h. Ad un certo punto nello specchietto retrovisore ho visto arrivare una moto, piuttosto veloce, che ha iniziato a sorpassare me e la Punto.
All’improvviso il Tir che ci precedeva ha svoltato a sinistra e ha imboccato in contromano la rampa di uscita dalla stazione di servizio Tamoil, ostruendo completamente la carreggiata. Noi eravamo a distanza di sicurezza e siamo riusciti a fermarci. La moto ha frenato, ha sbandato, si è messa di traverso. La ragazza è volata in avanti ed è finita sotto le ruote del Tir, che l’ha travolta. Il camionista però non si è fermato e ha proseguito fino alla stazione di servizio. Io mi sono accostato subito sulla destra, attaccato al guard rail. Volevo andare a soccorrere la ragazza, ma non sapevo come fare con mio figlio. La donna che guidava la Punto mi ha detto di andare, che a Jacopo badava lei».
E poi, cosa è accaduto? «Vicino alla ragazza albanese c’ero solo io, non so dove fosse il camionista. Sentivo il motociclista che urlava: “fate qualcosa, salvatela!”. Ho chiamato subito il 118, poi le ho preso la mano. Ho sentito un ultimo tremolio, un sospiro e poi basta. Ho pregato per lei, anche se era una sconosciuta. Pochi istanti dopo ho sentito le sirene delle ambulanze, ma ormai non c’era più nulla da fare». E suo figlio? «E’ arrivato l’infermiere di un’ambulanza. Mi ha detto “Il bambino è in pericolo! Bisogna portarlo via da quella macchina!”. Ed è andato subito a prenderlo. E’ stata la salvezza della nostra famiglia. Un istante dopo infatti ho sentito una botta pazzesca: un furgone guidato da un muratore romeno, con a bordo la figlia di 18 mesi e la moglie, si è schiantato contro la mia macchina. La mia Opel è stata proiettata una trentina di metri avanti, quasi addosso al camion. Penso che il Signore mi abbia premiato salvando mio figlio, visto che ero sceso dalla mia macchina per cercare di aiutare quella poveretta». Il giorno dopo la tragedia, una delle sorelle ha tentato di togliersi la vita tagliandosi le vene dei polsi. «Ma non è stato nulla di grave, per fortuna - spiega un’altra sorella - I tagli non erano profondi». La famiglia tiene a precisare che Klebeta e Lacaria erano solo fidanzati. Ieri sera c’è stato il rosario nella chiesa di San Rocco. Lunedì mattina il feretro partirà per l’Albania, da Malpensa.
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Povera donna... Che str***o il camionista.... Omissione di soccorso