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Inviato: 8 Giu 2010 19:12
Oggetto: Prova personale della Scrambler 900 a carburatori...
Vi allego uno scritto che magari può essere un poco interessante per coloro che meditano l'acquisto di questo modello. Non sono assolutamente un tester e forse, leggendo un poco di "sentimento" per questa moto emerge, ma ho cercato di essere il più oggettivo possibile Spero possa essere apprezzato e soprattutto utile
Triumph Scrambler 900 (modello con alimentazione a carburatori)
Nel variegato panorama della produzione motociclistica esistono mezzi che sin dagli albori testimoniano (più o meno esplicitamente) la loro vocazione. Sotto tale ottica una supersportiva potrà caratterizzarsi come miglior arma contro il cronometro, una maxi enduro potrà risultare azzeccata in quanto a comfort nei lunghi itinerari turistici e tanti altri esempi potrebbero essere fatti. Ragionando su questa lunghezza d’onda, Triumph ha sicuramente costruito una moto con l’intento di emozionare. Una due ruote dall’indubbio appeal estetico, in grado di catturare sguardi con l’arma della “classicità”, di un’armonia costruttiva che oggi giorno ben poche moto possono vantare. La base di partenza è la “sorella” Bonneville. Da essa la casa inglese ha sfornato “la Scrambler”, un concetto di motocicletta che si presta ad un utilizzo pressoché totale: un perfetto comportamento sia nell’uso stradale sia in quello fuoristrada. Essenziale secondo me soffermarsi subito su questo aspetto al fine di evitare qualsiasi cattiva interpretazione del progetto. Questo prodotto nasce quasi ed esclusivamente per un utilizzo stradale. Le gomme leggermente tacchettate con le quali la moto esce di serie (Bridgestone) possono affrontare qualche semplicissimo tratto di strada bianca. Personalmente credo che avventurarsi con i pneumatici di serie oltre questi semplici percorsi, affrontando ad esempio una mulattiera o tratti sterrati con forte pendenza, comporti un alto rischio di caduta visto anche il peso non proprio ridotto (circa 218 kg). Alla fine il mio consiglio è quello di godere su asfalto di ciò che una motocicletta come questa può regalare. Ma chiudiamo questa breve parentesi sull’utilizzo e iniziamo il “nostro” immaginario viaggio in sella per scoprirne le peculiarità che la caratterizzano. La prima piacevole sorpresa,”cavalcandola”, è data da un’altezza da terra assolutamente umana: anche chi non presenta una statura particolarmente elevata poggia i piedi in tutta sicurezza. Questo comporta una distribuzione ottimale del peso; posso assicurare che non sembra assolutamente di avere sotto il sedere i “più” di 200 chilogrammi menzionati qualche riga sopra. Si viene a creare il classico “effetto bicicletta” che, merito anche di un manubrio dalla piega larga, consente di assumere in sella una posizione assolutamente naturale che semplifica qualsiasi tipologia di manovra anche a chi non presenta esperienza. La sella risulta essere molto ampia e dalla forma piatta. Ciò concede al guidatore la facoltà di spostarsi in maniera agile anche durante la guida, al fine di trovare la collocazione più indicata alle proprie esigenze. Il passeggero è un ospite assai gradito sulla Scrambler: ad esso è riservata una porzione abbondante, non si può proprio lamentare. Volendo essere proprio pignoli si potrebbe puntare il dito contro il fatto che, essendo la seduta totalmente piatta, specie i primi tempi, avendo poca abitudine in sella, il fondoschiena dopo circa un centinaio di chilometri di percorrenza inizia a dare fastidio, ma nulla di preoccupante e che non possa essere risolto con il macinare dei chilometri. Spostiamo la nostra attenzione ora sui comandi della Scrambler: i blocchetti sono d’indiscutibile qualità ed estremamente intuitivi. La leva della frizione può essere regolata su quattro diverse posizioni per permettere a chiunque di trovare la configurazione preferita. La strumentazione rispecchia in maniera fedele il minimalismo della moto: un unico strumento circolare e poche spie: (anabbagliante, abbagliante, indicatori di direzione, pressione olio, folle); ma bisogna distinguere la ricerca del minimalismo dalla povertà di contenuti o dalla scarsa qualità perché nella Scrambler, al contrario, quello che si trova non è banale ma frutto di scelte oculate che creano un generale contesto di armonia ed eleganza. Passando ad analizzare la parte estetica del mezzo bisogna dire che l’elemento che più di tutti è in grado di “calamitare” gli sguardi degli esperti e dei semplici amatori, sono i due scariche che corrono paralleli al lato destro. Molte perplessità (in alcuni casi anche finalizzate all’acquisto del mezzo) derivano dalla fobia che appoggiando la gamba cosi vicino alle marmitte quest’ultima possa riportare ustioni. Da possessore posso sfatare questa paura visto che osservando bene, nel dettaglio, all’altezza di dove si appoggia la gamba destra è applicata una protezione che evita qualsiasi tipo di scottatura. Altra protezione è posta, naturalmente, a ridosso della parte finale delle due marmitte cosi che pure il passeggero sia salvaguardato da qualsiasi rischio. Non si può negare che l’uso della Scrambler con bermuda sia vivamente sconsigliato (ma questo, personalmente, lo sconsiglierei con qualsiasi altro tipo di moto o due ruote che sia) e che, avendo i due terminali cosi vicini, in estate il calore sprigionato sia maggiore rispetto ad altri mezzi a due ruote concorrenti. Per quanto concerne la qualità delle verniciature (effettuate a mano), anche in questo caso siamo veramente al top di quanto si possa trovare sul mercato oggi giorno. Tutto è realizzato con cura certosina e gli accostamenti cromatici sono di ottimo gusto (la Scrambler, prodotta sino al 2007, veniva realizzata nelle seguenti livree: Bianco e rosso; bianco e blu; argento e mandarino; argento e verde acido; dall’anno 2008 in poi, quando è cessata la produzione del modello a carburatori, sostituito dal nuovo ad iniezione, le colorazioni disponibili sono mutate in: nero oppure verde militare) cosi come le cromature, anche esse di ottima qualità. Ma è venuto il tempo di iniziare a parlare di come si comporta questa moto in strada, di cosa è in grado di offrire nonché regalare a chi la conduce. Azionando il pulsante di avviamento il suono del motore bicilindrico parallelo è assolutamente “educato”. Non è ipotesi rara restare un poco “delusi” da questo sound poiché osservando le due imponenti marmitte e la vocazione da fuoristrada del mezzo ci si aspetterebbe magari qualcosa di più “forte”, un “rombo” che rispecchi un poco più anche la cilindrata, non certo modesta. Forse è solo con il percorrere dei chilometri che le aspettative ritornano ad un livello paritario, facendo l’ abitudine alla tonalità di scarico cosi “vecchia scuola” della Scrambler (per chi restasse dell’iniziale idea di un sound troppo poco “aggressivo”, esiste la possibilità di scegliere fra alcuni scarichi aftermarket dalla voce più cattiva in alternativa agli originali con cui esce la moto dalla produzione). Ci si abitua a quel “pulsare” cosi vigoroso ma mai fastidioso che un poco rassicura, che esalta la presa di coscienza di essere un tutt’uno con il mezzo. Ma in fin dei conti la sensazione di estrema sicurezza e tranquillità la si percepisce sin dall’inizio, dai primi metri di percorrenza: la frizione risulta essere incredibilmente morbida, le marce entrano senza la minima incertezza e tutto si colora di armonia. Il bicilindrico parallelo è privo di qualsiasi vibrazione ed eroga una potenza generosa (circa 45 cavalli reali contro i 54 dichiarati). Un motore che è stato accusato da una larga fetta di appassionati ed esperti del settore di essere “avaro” di cavalli. A livello oggettivo non si può negare che la Scrambler dia il meglio di se a bassi-medi regimi e che qualche cavallo in più non avrebbe assolutamente fatto male nell’economia generale, però stiamo parlando di un mezzo la cui peculiarità non risiede assolutamente nelle prestazioni, quanto piuttosto nel piacere di “passeggiare”, di lasciarsi condurre dolcemente, assecondandone la sua indole da passeggiatrice. Proprio per questo il suo habitat naturale sono le strade di collina oppure di montagna, percorsi ricchi di curve dove questa Triumph è in grado di far innamorare per la sua ciclistica veramente agile, permettendo di divertirsi in tutta sicurezza senza dover andare necessariamente alla ricerca del limite. Limite che tra l’altro emerge abbastanza velocemente a causa delle sospensioni di serie che reagiscono in maniera molto brusca nelle strade sconnesse e delle gomme tassellate che specie in condizioni di strada bagnata richiedono un minimo di attenzione. Giustamente a questo punto è doveroso anche parlare dei difetti, perché per quanto piacevole possa essere nemmeno la Scrambler ne è priva. Personalmente trovo veramente al di sotto delle aspettative l’impianto frenante: l’anteriore deve essere letteralmente “strizzato” per bloccare adeguatamente; i primi tempi (soprattutto se si proviene da una moto equipaggiata con un impianto frenante di primo ordine) non è raro avere come l’impressione che la moto più che frenare, rallenti. Il posteriore invece è un poco particolare e richiede un minimo di abitudine in quanto tende a bloccare subito. Accanto ad un impianto frenante deludente, ma in fin dei conti adeguato alle prestazioni, altra nota negativa è data dal comportamento delle sospensioni che arrivano rapidamente a fine corsa, conferendo al mezzo una risposta abbastanza brusca nei tratti di strada sconnessa. Va detto che questo difetto è sicuramente limitato dalla possibilità di avere a disposizione un manubrio largo che permette di controllare in maniera egregia le reazioni, però per chi soffre di dolori alla schiena è un particolare di cui tenere assolutamente conto. Altro difetto che, personalmente non vedo come tale ma che per molti invece potrebbe esserlo, è dato dalla riserva manuale della benzina nella versione a carburatori. La Scrambler alimentata a carburatori infatti non presenta l’indicatore della benzina e, come nelle moto di produzione più datata, il segno che il carburante sta per finire è dato dalla netta sensazione di perdita di potenza. Cosa significa? Tecnicamente la benzina non giunge più ai carburatori e materialmente s’inizia a percepire, accanto alla perdita di potenza, un buco di erogazione e il procedere a “strattoni”. Nulla di preoccupante se non che dovete essere “allenati” a girare il rubinetto della benzina mentre siete in sella cosi da evitare che la moto si spenga in mezzo alla strada (e quindi di bloccare il traffico) per poter giungere al distributore più vicino. Difetto che forse implicitamente emerge dalla descrizione del mezzo da me fatta, è il fatto che esso non sia proprio a suo agio nelle lunghe trasferte autostradali. Il motore si rivela elastico, permettendo di tenere anche medie di percorrenza buone (130 km/h). Il problema maggiore è dato dalla mancanza di un riparo aerodinamico per il busto e le spalle del guidatore. Triumph vende come optional un utilissimo cupolino, indispensabile se si entra spesso nelle grandi arterie autostradali o in superstrada. L’esemplare in mio possesso è dotato di questo accessorio ma personalmente credo, nonostante la sua presenza, la velocità di crociera ottimale per questa moto è di circa 90-110 km/h. E’ anche doveroso dire, a tal proposito, che la ciclistica oltre i 130-150 km/h inizia a rivelarsi inadeguata e lo mette subito in chiaro con frequenti “sbacchettamenti” all’avantreno. Ma nei “nostri” lettori, arrivati sino a questo punto, potrebbe essersi insinuato un interrogativo legittimo: “A chi si rivolge questa moto?” Personalmente mi sento di consigliare la Triumph Scrambler 900 a tutti coloro che desiderino avere un mezzo a due ruote che si distacchi dalla massa, che possa regalare emozioni che vadano ben al di là della pura ricerca di adrenalina o prestazioni. Una moto che si rivolge a tutti coloro che riescono ad apprezzare il lato “romantico” di un mezzo senza tempo. Parlando di lei il riferimento non è il chilometro orario in più oppure in meno, il ginocchio a terra, oppure la sua vocazione turistica ne tantomeno la potenza del propulsore. In sella a lei il punto di riferimento sarà il vostro sorriso stampato sul volto mentre ne “accarezzate” le leve e vi lasciate “cullare” in un valzer di curve. La strada percorsa assumerà i connotati di un pennello che delicatamente si appoggia sopra l’immaginaria tela. Un tripudio di colori e luci che in sella a questa moto riempirà le vostre giornate di gioia e spensieratezza. Sembra strano ma alle volte la ricetta per essere felici è semplice: una moto, una dolce compagnia e una strada poco trafficata tutta per voi. In un contesto del genere la Scrambler potrà essere un’inseparabile compagna durante il viaggio e dopo, quando una volta parcheggiata gli occhi di molti sulle sue forme si poseranno. Soltanto allora vi sentirete fieri di esserne i proprietari, nonché gli intimi amici di innumerevoli scampagnate.
Filippo Corbucci