Il cielo su due stanze (Sperando che Gino Paoli mi perdoni la semicitazione...)
Tra i commenti a questo mio articolo: Archeomotociclismo I pubblicato sul forum qualche tempo fa, trovo quello di Edge che chiede: "cosa sarebbe il pistone sdoppiato al quale si fa riferimento nella didascalia alla prima foto?"
In effetti la domanda è pertinente, se posta da chi, vista la giovane età, non ha mai visto o guidato una Iso (Moto o Scooter. :-)
Non ho trovato sul forum articoli che parlino di questo particolare motore, e quindi ho pensato di farne una breve monografia.
Permettetemi però di farla alla rovescia (poi spiegherò il perché) partendo dalla sua ultima (e più nota, almeno in Italia) evoluzione.
Partiamo quindi da una foto del motore della Iso 125
A prima vista si direbbe un normale motore a due tempi monocilindrico con la sua bella candela al centro (o quasi...) della testa.
Ora vediamo la scheda tecnica:
- Cilindrata: 125 cc
- Alesaggio: 38
- Corsa: 55
Ma... (38/2)^2*3,14*55 fa "solo" 62,3 cc !!!
Oibò... mi si e' dimezzato il motore?
La risposta, ovviamente, è no. Al contrario, mi si son raddoppiati cilindri e pistoni.
Già, perché a dispetto del fatto che ci sia una sola candela, le canne ed i pistoni sono due, e se mi armo di una chiave e smonto la testa ecco cosa appare:
Due pistoni, due cilindri, ma una unica camera di scoppio.
Signori, ci troviamo di fronte ad un gioiellino meccanico degli anni '50:
Il motore "ISO 125 2T a cilindro sdoppiato", che equipaggerà, come detto sopra, sia moto che scooter della casa.
Ma perché sdoppiare il cilindro? E come viene sdoppiato?
A spiegarcelo è la stessa ISO, nelle prime pagine del libretto di uso e manutenzione allegato alle sue moto.
IL MOTORE A DOPPIO PISTONE A CICLO ISO
Riteniamo utile premettere una breve spiegazione del principio su cui è basato il motore a due tempi detto a cilindro sdoppiato o meglio a doppio pistone, che costituisce una categoria tutta speciale nel campo dei motori a due tempi; è bene che chi possiede una ISO sappia quali siano le caratteristiche del motore a doppio pistone, che riunisce i pregi di semplicità costruttiva dei motori a due tempi con la economia di consumo del motore a quattro tempi. Riteniamo utile rammentare brevemente le caratteristiche fondamentali dei vari tipi di:
MOTORI A 2 TEMPI ad 1 solo pistone
Nei motori a 2 tempi normali a un pistone e distribuzione a 3 luci, è noto che le luci di scarico sono sempre più alte di quelle del travaso o lavaggio. Ne consegue che, poiché lo svuotamento dei gas combusti avviene quasi totalmente durante la prima parte del tempo totale di apertura, i gas freschi hanno sempre la possibilità di sfuggire in quantità più o meno notevole attraverso lo scarico; questo fatto è aggravato altresì per essere la luce di scarico ancora aperta quando il travaso è già chiuso. Al momento dell'accensione si ha quindi nel cilindro una mescolanza di gas freschi e di gas combusti che non furono espulsi.
Queste sono le ragioni principali per cui i motori a due tempi, non a cilindro sdoppiato, hanno generalmente un consumo piuttosto elevato e non conviene con essi raggiungere regimi molto elevati, se si debbono mantenere ridotti i consumi.
Innumerevoli tentativi sono stati fatti per ottenere un miglioramento delle condizioni di funzionamento dei motori a due tempi, praticamente un solo sistema ha avuto successo e si è affermato, e precisamente il:
MOTORE A DOPPIO PISTONE (O A CILINDRO SDOPPIATO)
Questo tipo di motore, costruito dalla ISO, ha la distribuzione corretta.
Nella fig. 4a è dimostrato lo svolgimento delle fasi; in (4b) e (4c) si nota che il pistone, che comanda l'apertura e la chiusura delle luci di travaso, si muove con un certo ritardo, tanto nella discesa che nella salita, rispetto a quello che comanda lo scarico e l'aspirazione. Avviene che i cosiddetti diagrammi di apertura e chiusura non sono simmetrici bensì corretti nel senso che:
- L'inizio dello scarico avviene con notevole anticipo rispetto all'inizio del travaso. (Figura 4b).
- La chiusura dello scarico avviene ancora con anticipo rispetto alla chiusura del travaso. (Figura 4c).
- L'aspirazione rimane aperta più a lungo durante la salita del pistone (fase di aspirazione nel carter) che non durante la discesa del pistone (fase di compressione nel carter), Figura 4a.
Le conseguenze sono le seguenti:
Per effetto delle caratteristiche 1) e 2) si ha migliore vuotamento dei gas combusti, minore rimescolamento di questi con i gas freschi, e viene praticamente annullata la fuga di gas freschi. Per effetto della caratteristica 3) si ha minor rifiuto di miscela al carburatore.
Il risultato di tutto ciò è un riempimento migliore e quindi un maggiore rendimento termico, maggiore potenza specifica e minore consumo in confronto ai motori a due tempi normali e questo è ottenuto in maniera molto semplice, senza organi speciali di comando e con una quantità minima di parti in movimento.
Questo motore consente anche una notevole regolarità di marcia a regimi ridotti e possiede la caratteristica di avere una forte coppia motrice anche ai regimi più bassi e quindi un forte tiro in salita e in ripresa.
Ha il funzionamento al minimo molto regolare senza la tendenza a marciare come si dice a « 4 tempi » ossia a perdere colpi.
Il consumo delle candele è particolarmente ridotto.
Ecco spiegati i motivi (o meglio, le motivazioni) che hanno portato alla realizzazione di questo curioso motore.
Ed ecco il manovellismo attorno al quale (è il caso di dirlo) ruota il motore ISO:
Il motore in questione non era comunque esenti da difetti: ad esempio il pistone posteriore era soggetto a surriscaldamento, "coperto" com'era da quello anteriore; la singola candela, su una camera di scoppio così ampia, non garantiva una accensione "simmetrica" della miscela iniettata, ma questi difetti erano compensati dal maggior rendimento.
Bene... nelle mie intenzioni iniziali, l'articolo doveva chiudersi più o meno qui, con l'aggiunta di qualche foto del motore stesso e dei veicoli che equipaggiava; ero infatti convinto che il "due tempi a cilindro sdoppiato" fosse una prerogativa della ISO (tanto che spesso viene proprio chiamato "motore a ciclo ISO"), vittima anch'io del fascino che esercitava sul me stesso ragazzo, quel motorino che andava... oh come andava per essere un 125 cc
Invece, durante le mie ricerche bibliografiche ed iconografiche ho scoperto che questo motore viene da lontano e non è che il risultato finale di un processo di miglioramento dei motori a due tempi durato quarant'anni.
Facciamo quindi un salto indietro nel tempo, nella "mia" Torino degli anni '10, quando Garelli... non è ancora "la" Garelli
Gli anni '10 e '20: i primi "twingle" (TWIN pistons, SINGLE chamber)
Il primo brevetto di motore a cilindro sdoppiato è del 1912; il torinese Adalberto Garelli, dopo aver depositato il brevetto, realizza artigianalmente una motocicletta dotata di un motore di questo tipo da 500 cc e la collauda personalmente nel 1914, raggiungendo la Caserma Ospizio del Moncenisio a quasi 2000 metri di quota, evento documentato dallo stesso comandante della caserma.
Dopo un periodo di lavoro alla Bianchi e alla Stucchi, verso la fine della Grande Guerra, A. Garelli viene chiamato a progettare una nuova moto per l'esercito. Nasce una versione ridotta a 350cc della motocicletta del 1914.
Alla fine del 1919 nasce la "Moto Garelli", che consentirà di sviluppare (pur tra le mille difficoltà del dopoguerra) una produzione di serie.
In questa foto della 350 del 1922 e' ben visibile il gruppo termico "asimmetrico", con lo scarico posizionato a destra (sinistra di chi guarda) e la candela a sinistra.
Purtroppo, di questo motore non sono riuscito a trovare esplosi dettagliati, ma solo queste due piccole immagini in sezione:
Diamo un'occhiata...
I pistoni sono effettivamente due, fronte marcia, collegati tra di loro da un unico spinotto e collegati poi ad una unica biella, che a sua volta muove un albero motore trasversale; la cosa però più evidente (e che avevamo intuito vedendo una sola candela) è che condividono una unica camera di scoppio.
I pistoni si muovono in modo sincrono, ma la diversa forma, la luce di travaso gestita dal solo pistone di sinistra e quella di scarico dal pistone di destra introducono un notevole miglioramento rispetto al classico motore 2T a tre travasi, tramite l'allungamento del percorso tra luce di travaso e luce di scarico: in pratica, a parità di alesaggio, la strada da percorrere e' doppia e il flusso deve passare dalla sottile fessura tra cielo della testa e la cima del cilindro.
Questo impedisce (o comunque limita fortemente) alla miscela "fresca" di mescolarsi a quella combusta e/o sfuggire (almeno in minima parte) attraverso la luce di scarico.
Il tutto si traduce, in breve, in un migliore rendimento rispetto ad un due tempi classico.
Il motore a cilindro sdoppiato porterà alla casa italiana numerosi successi agonistici (tra cui il circuito del Lario, considerato il "T.T. Italiano") durante tutti gli anni '20.
Ma torniamo alla storia del "twingle"
Negli anni '20 anche la torinese Della Ferrera produce un 130cc ausiliario a V rovesciata, in cui i pistoni invece di essere paralleli convergono verso l'unica camera di scoppio (non sono riuscito a trovare immagini, purtroppo) utilizzato come propulsore da altre case motociclistiche (tra cui la Benelli) o per la motorizzazione di telai ciclistici (come fece la torinese Ottino).
Con una biella leggermente modificata:
tale soluzione ha comunque attraversato mezzo secolo, ed era ancora utilizzata su alcune motociclette TWN (Triumph Werke Nurnberg), come la bdg 250:
L'evoluzione degli anni '20 (Puch)
Durante gli anni '20, la soluzione viene ripresa dalla Puch, che introduce un nuovo tipo di biella a "Y", questa volta con imbiellaggio trasversale rispetto al piede della Y:
Con questa soluzione, i due pistoni "condividono" il PMS ed il PMI, ma le loro corse sono asincrone, in modo da chiudere la luce di scarico prima che venga aperta la luce di travaso. Questo consente di realizzare motori con corsa più corta (quello della Garelli 500 era 66x88...), non essendo più necessario prolungare il tragitto "travaso-scarico" per ottimizzare la pulizia della camera di scoppio e limitare lo spreco di miscela fresca.
Va osservato che, nonostante la Puch sia austriaca, il merito dell'innovazione va (ma pensa...) ad un italiano: l'ing. Giovanni Marcellino, che nel 1923 prende ispirazione da una idea risalente al 1877 di un motore a cilindri contrapposti (no, non il boxer):
E che si inventa l'ingegner Marcellino?
Lo piega:
Aggiunge una biella a Y... e voilà...
A lungo termine, però, le potenzialità del motore vennero limitate dal suo maggior difetto: la pressione che si veniva a creare all'interno del carter era infatti insufficiente per sfruttare al meglio la più veloce ed efficace fase di pulizia della camera di scoppio data dal doppio pistone.
Nonostante il risultato inferiore alle aspettative (ci si attendeva all'incirca un raddoppio della potenza rispetto al due tempi tradizionale) la Puch adottò comunque questo tipo di motore per oltre 30 anni (vincendo anche diverse competizioni), fino ad un 500 cc commercializzato nel 1954.
Nelle ultime versioni, Puch introdusse anch'essa il manovellismo a biella madre:
come nella Puch-Allstate 250:
L'evoluzione degli anni '30 (DKW)
Il limite derivante dalla insufficiente pressione nel carter venne affrontato negli anni '30 dalla DKW, che introdusse un sistema di "sovralimentazione", con un pistone aggiuntivo laterale chiamato "Ladepumpe" (ovvero "pompa di carica") e l'adozione di un nuovo manovellismo (biella madre e bielletta).
Questo pistone laterale aveva il compito di comprimere la miscela in arrivo dal carter, in modo da iniettarla il più velocemente appena venisse aperta la luce di travaso.
La pompa di carica poteva essere in posizione verticale od orizzontale.
Inoltre, il sistema snodato biella madre/bielletta rendeva più agevole gestire l'asincronismo tra i due pistoni.
In questo modo, a parità di cilindrata, la potenza specifica passò dai 40 a quasi 80 CV per litro.
La DKW ss250 del 1937 disponeva infatti di una potenza di quasi 20 CV (che per un 250 dell'epoca non era male)
Ritorno all'ISO
A questo punto possiamo tornare "ai giorni nostri", o meglio a quegli anni '50 di cui si parlava all'inizio.
Il motore "a ciclo ISO" motorizzò svariati mezzi usciti dalle officine di Bresso:
Iso scooter 125/150, Iso moto 125 / 150 ed anche (portato a 200 cc) la prima versione della Isetta, un curioso antenato delle microcar attuali a tre ruote:
Iso scooter 125
Iso moto 150
Isetta 200cc
Il motore due tempi "moderno"
In questi ultimi cinquant'anni, ovviamente, il progresso non si è certo fermato, e l'abbandono del "twingle" è dovuto essenzialmente al fatto che grazie ad un più moderno approccio alla dinamica dei flussi si è posto rimedio in modo diverso (e più economico) ai "difetti" del motore a due tempi.
L'attenta progettazione delle espansioni allo scarico e del profilo dei pistoni consentono al motore di respirare nel modo migliore, diminuendo la fuga dei gas freschi e migliorando l'espulsione dei gas combusti.
Nuovi metodi costruttivi, nuove candele, nuovi materiali, nuovi carburanti e nuovi lubrificanti... basti pensare che negli anni '50 le miscele erano nell'ordine del 5/6%.
Tutto ha contribuito a migliorare il caro vecchio 2 tempi.
Un motore che "viene da lontano" e che ha attraversato un secolo di storia della motocicletta con alterne fortune, ma che ha stimolato la fantasia di progettisti e costruttori proprio per la sua basilare semplicità architetturale.
Bibliografia e ringraziamenti
Scrivere questo articolo (che giudico ben lungi dall'essere esaustivo) è stata una piacevole "sfida".
Piacevole perché mi ha dato l'opportunità di conoscere fatti che mi erano ignoti.
Sfida perché la documentazione trovata su internet era spesso insufficiente o addirittura contraddittoria (ho passato mezz'ora di perplessità su un disegno di un motore Puch prima di capire che la colpa era del disegnatore: aveva invertito cilindro posteriore ed anteriore).
Il motore Garelli, poi, sembrava volermi sfuggire... l'unica cosa che avevo inizialmente era una piccola immagine sfocata con tanti numeri e nessun commento.
Per dirimere i dubbi ho quindi dovuto attingere a più fonti e riorganizzare il tutto man mano che trovavo qualche traccia.
Tra le varie fonti, per chi volesse ulteriormente approfondire, cito:
- Adalberto Garelli e le sue rivoluzionarie due tempi, Augusto Farneti,1999
- breve excursus sulla storia del 2 tempi
- Il "twingle" visto da Puch
- il motore ISO a cilindro sdoppiato con diverse immagini in sezione
Un particolare ringraziamento va poi a due utenti del forum:
Renpag, una vera e propria colonna della nostra sezione dedicata alle moto d'epoca, che mi ha messo a disposizione il suo archivio di documentazione e foto e da cui ho tratto sia il manuale della ISO che le immagini relative a queste moto (inclusa la splendida 150 della penultima foto)
Bingo51, che è riuscito a trovare la seconda delle immagini che documentano il motore Garelli.