“Enduro” deriva dall’inglese endurance che significa resistenza, in ambito motociclistico con questo termine viene identificata una disciplina sportiva e una tipologia di moto adatta a praticarla. La parola nacque intorno alla metà degli anni ’70 quando Yamaha produsse un monocilindrico poliedrico che si adattava sia a percorrenze su strada sia a sterrati medio/impegnativi, la moto riuniva in sé caratteristiche tipiche dei cross di allora e qualità che le permettevano di viaggiare comodamente su strade asfaltate; nasceva “l’enduro”: la Yamaha XT 500 nel 1976.
Il vero successo per queste moto arrivò più tardi, agli inizi degli anni ’80 e fu un vero e proprio boom in Europa, piacevano per la loro versatilità di utilizzo: si poteva viaggiare comodamente in due su strada e divertirsi in off. Intanto Yamaha produceva già la terza generazione dell’XT e anche altre case come Honda e BMW si interessarono al segmento realizzando enduro monocilindrici della serie XL la prima e GS la seconda. Sono di quegli anni i primi successi di queste moto in competizioni come la Parigi-Dakar: il francese Cyril Neveu vinse le prime due edizioni proprio con un XT 500.
La filosofia ispiratrice era quella di produrre moto monocilindriche, in genere quattro tempi, dai pesi contenuti, con sospensioni da cross all’anteriore e mono ammortizzatore al posteriore, munite di un impianto elettrico completo con luci e clacson in modo da rispettare il Codice della Strada e poter circolare su strade e sentieri aperti al traffico. La presenza dell’impianto
elettrico era ed è una delle più evidenti dissomiglianze tra gli enduro e le moto da cross, queste ultime prevedono il solo avvolgimento ad alta tensione per l’accensione e non hanno la linea di bassa tensione necessaria alle luci, questa linea che invece è presente nelle moto enduro necessita di un rotore esterno che essendo inutile nelle competizioni cross viene eliminato perché produce effetti volanici che influiscono negativamente sull’accelerazione. Altre differenze le troviamo nei
rapporti: le cross avevano ed hanno marce di tipo “ravvicinato” spaziate ad intervalli regolari con la prima lunga, invece le enduro hanno rapporti “distanziati” tra loro con una prima corta e distante dalla seconda ma ravvicinata alla terza mentre una quarta e una quinta molto lunghe e distanziate per le percorrenze stradali. La doppia faccia on-off delle enduro è presente anche nei pneumatici: ruote che sono un compromesso per itinerari tra asfalto e sterrato con profili non esageratamente tassellati che permettono una buona aderenza su strada.
A metà degli anni ’80 un nuovo filone stava prendendo piede: quello delle grosse enduro bicilindriche . Tra i capostipiti di questo movimento troviamo moto come l’Honda XLV 750 e successivamente le prime versioni della Honda Transalp. Queste due ruote avevano la caratteristica di privilegiare l’aspetto turistico su quello enduristico: più adatte alle lunghe percorrenze autostradali piuttosto che a sporcarsi nel fango, motori bicilindrici potenti più fruibili su strada che in off, presenza di carenature e cupolini che iniziavano a comparire per proteggere i passeggeri dall’aria.
E’ questo il filone che lentamente conduce al segmento delle enduro stradali tanto in voga oggi: moto da strada di grossa cilindrata dall’impostazione di guida enduristica: baricentro alto e busto dritto, moto “facili” che permettono di divertirsi tra le curve e nei percorsi misti ma che poco hanno a che vedere con i modelli che ispirarono la categoria, le enduro stradali montano infatti sospensioni che privilegiano il confort e la tenuta di strada, grandi carenature avvolgenti e ruote a razze in lega inadatte al fuoristrada.
Oggi si ha una divisione netta nel panorama delle enduro: da una parte si sviluppano moto “cattive” votate agli sterrati, al fango, alle pendenze più impervie e alle competizioni ma comunque omologate per viaggiare su strada, in questo segmento la fanno da padrona case come Ktm e Husqvarna; dall’altra parte si ha il filone delle enduro stradali dove ogni casa ha ormai il suo modello di punta.
Si dice che sia rimasto un segmento vuoto, un posto che prima occupava una moto tanto rimpianta da molti che l’hanno posseduta ma che non viene più prodotta: l’Africa Twin della Honda, uscita con la sua prima versione nel 1987 e rimasta in listino per quindici anni ma sempre aggiornata, si collocava a metà tra moto dedicate completamente all’off ed enduro più soft. Una grossa bicilindrica il cui ambiente naturale era ed ancora è il deserto, secondo alcuni la sola che abbia davvero centrato la “filosofia dell’enduro”.
Competizioni enduro in Italia
Le competizioni prevedono delle prove cronometrate di percorrenza su fondi sterrati di vario genere (ghiaia, mulattiere, torrenti, fango) e in parte anche asfaltati, aperti al traffico e soggetti al Codice della Strada.
Il percorso di gara viene suddiviso in tratti e la classifica stilata in base alla somma dei tempi parziali di percorrenza di ciascun tratto, la suddivisione in parti e la scelta del tracciato viene fatta dall’ente che organizza l’evento, solitamente un motoclub. Di norma la partenza avviene a batterie di tre concorrenti per volta. La moto deve rispettare le leggi del Codice della Strada in merito ad emissioni inquinanti, rumorosità, dispositivi luminosi ed acustici, deve inoltre avere un cavalletto in grado di sorreggerla. Il concorrente ha l’obbligo di possedere la patente di guida relativa alla moto che conduce e deve essere coperto da assicurazione.