The Caucasian Marathon 2019 - Turchia Georgia Armenia -
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Inviato: 4 Feb 2020 10:45 Oggetto: The Caucasian Marathon 2019 - Turchia Georgia Armenia -
4.1 Verona - Bari - Traghetto
31-Maggio-2019
Tappa di trasferimento di 830 km totalmente di autostrada.
Inclemente la sveglia inizia a frantumare il “silenzio” alle ore 05:00 ed è paragonabile a quella secchiata d’acqua fredda che si deve prendere appena si esce dalla sauna: uno shock obbligato che toglie il respiro per un successivo benessere. Dopo i primi secondi di smarrimento realizzo che finalmente dopo mesi e mesi di preparativi siamo arrivati allo scopo ultimo di tutto il lavoro fatto: la partenza. La moto, già carica dalla sera prima, è di sotto nel garage e noi, assaliti da una certa impazienza, ci vestiamo e scendiamo.
Per la Caucasian Marathon mi sono comprato il casco nuovo; ovviamente identico a quello precedente. Non me la sono sentita di cambiarlo con un altro con cui avrei potuto non essermi trovato bene. Un altro acquisto fatto ad hoc sono gli stivali; questi invece non sono quelli vecchi solo ricomprati. Ovvero, mi sarebbe piaciuto, ma la TCX non li fa più. Il modello 2019 non mi soddisfano e quindi mi sono speso senza risparmio alla ricerca di qualcosa che potesse avere le caratteristiche di quelli vecchi. Ho trovato sul solito sito che uso per questi acquisti un paio di stivali molto ben recensito e mi sono fatto convinto di acquistarli. Quando arrivarono - in un pacco enorme assieme al casco - mi sono reso conto che, a differenza dei mitici TCX che sono stivali per il turismo travestiti da enduro, questi sono degli stivali da enduro mascheri malamente da turismo. Alla guida ricordano molto i miei vecchi Alpinestar. Sono riuscito a testarli prima della data della partenza in alcune occasioni e ho dovuto alzare la leva del cambio per adattarla allo stivale. L’ultimo acquisto pre-partenza fu un giubbino Dainese old-stile comprato usato per 40€ a cui mi sono affezionato appena vista la foto su internet. Un degno sostituto della Dainese Superdune che non riesco a trovare della mia taglia.
Comunque, come da plan il primo incontro con i vari pezzi della carovana avviene con Paolo al distributore di Porta Nuova (VR), e dopo un breve saluto abbiamo preso l’autostrada direzione Modena.
Prima tappa è la stazione di servizio Po Ovest in cui abbiamo pianificato l’incontro con gli altri due equipaggi che formano la carovana: Anna e Augusto ed Emanuela e Daniel.
Il clima era freddo - lo so lo so che per alcuni carovanieri la temperatura era mite, ma per me era gelo!!! :rolleyes: il testo è mio e scrivo quello che voglio - ma almeno soleggiato. L’autostrada è terribilmente noiosa e 830 km sono molti, ma l’indomani ne avremo altri 920 e il giorno dopo altri 750 km. Bisogna farsene una ragione e trovare un modo per farseli passare. Con un paio di tappe obbligate siamo arrivati in Puglia prima di quanto sperassi. Pranzo. Ci voleva!
Nei primi anni di vita assieme a Marianna frequentavamo a Milano una sua amica che poi per ragioni di lavoro e famiglia ha deciso di ritornare nella sua Puglia e quindi la nostra frequentazione è ovviamente diminuita. Sapendo della nostra partenza dal porto di Bari, ci siamo accordati per un incontro nella affascinante Bari vecchia. L’incontrato la nostra amica è stato molto bello, rivedere persone care è uno dei piaceri che noi essere umani dovremmo coltivare più spesso.
Comprata la celeberrima focaccia barese e solo dopo aver congedato Paola ci siamo diretti al molo, sbrigata la burocrazia abbiamo caricato le moto sul traghetto. Sarà, ogni anno scrivo la stessa cosa: l’infanzia si fa spazio ogni volta che la moto sale la rampa di ferro e la moto si parcheggia insieme a molte altre.
Sistemate le moto, check in, docce e meeting serale con focaccia.
Consapevoli che ci siamo, domani mattina alle 06:00 saremo sbarcati per l’ennesima volta sul modo di Igoumenitsa per poi correre ad Istanbul.
GS3NO
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Inviato: 4 Feb 2020 10:48
4.2 Traghetto - Igoumenitsa - Istanbul.
01-Giugno-2019
La notte trascorre bene, una bella dormita piena fino a quando non iniziano a bussare la porta della cabina per comunicare che siamo prossimi allo sbarco in terra Greca. L’aria sul ponte è bella frizzante ma la vista di Igoumenitsa prima dell’alba è sempre un toccasana per il cuore.
Dopo la foto di rito giù nei garage per prepararci al secondo trasferimento. Sbarchiamo e subito pieno di benza visto che non ci sono distributori comodi lungo la ben nota strada. Attributi della E90: lunga, fredda, piovosa, nebbiosa e nevosa Egnatia Odos.
Questa sarà una costante: quelli del 17 sempre ultimi
E come sempre, tra Ioannina e Gravena troviamo nubi basse e freddo becco. Cerchiamo per quanto possibile di allungare la tappa benzina almeno fino alla pianura e nei pressi di Siatista facciamo pausa e pieno. Ora la temperatura è ben più gradevole e dopo una scorpacciata di caffeina e frutta da guscio si riparte verso Ipsala. L’altra tappa fu fatta nei pressi di Kavala, altro pieno di benza, caffeina e qualcosa da mangiare.
Arriviamo alla frontiera nei tempi previsti e della carovana sono l’unico a cui serve stipulare la RCA… La Genertel è peggiorata parecchio e nella carta verde praticamente ho solo i paesi comunitari. Così mentre gli altri carovanieri se ne stanno a discutere e far conoscenze con turchi mi devo sbattere a stipulare un’assicurazione. Ho imparato a negoziare tutto nella mia vita e quindi anche le assicurazioni e con 40€ mi danno una RCA da giugno a settembre 2019… non molto soddisfatto ma sempre meglio dei 60€ che volevano rifilarmi!
Attraversiamo la frontiera e c'era una coda di alcuni chilometri di macchine e camion dirette verso la Grecia che non avevo mai visto prima. La nostra via invece era scorrevole e quindi siamo andati dritti come schioppettate ad Istanbul. Lì avevamo prenotato l’hotel Sultan Inn in zona Kucuk Ayasofya perchè nel 2014 mi ero trovato molto bene. Ma dopo 5 anni la zona rimane a mio avviso la miglior in assoluto per Istanbul ma di hotel ce ne sono di migliori. Ma so che le moto smollate davanti all’ingresso sono al sicuro e la posizione è sempre supervalida.
La serata bizantina mi ricorda perchè tanto amo questa cittò. Un Narghilè con chai dopo cena apre il cuore.
GS3NO
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Inviato: 4 Feb 2020 13:08
4.3 Istanbul - Osmancık - Samsun
DAY1 - 02GIU2019
km percorsi: 1727
Km Tappa: 727
Finalmente la Marathon entra nel vero, e finalmente il DAY1 della nostra avventura caucasica ha inizio. E sarà una di quelle giornate che non si scorderanno facilmente. Il Ramadan non finirà mai di stupirmi. Di chilometri in Turchia con la moto ne ho macinati molti, e fino al 02 giugno 2019 al di fuori di Istanbul e i suoi dintorni non ho mai trovato traffico in stile venerdì sera autostrada A4 - oppure se volete un altro paragone: weekend estivi sulla A1 o A14 -. Il Ramadan 2019 finiva l'indomani e quindi la nostra tappa avveniva durante l'ultima domenica di festività.
Credo che tutti i turchi con un'auto fossero lì quel giorno. Un serpentone di auto che si articolava per tutti i 700 e passa chilometri che separano Samsun da Istanbul. Inoltre vi lascio immaginare cos'è il traffico intenso turco: caotico, disordinato con rallentamenti improvvisi e veicoli che liberamente interpretavano il codice della strada a loro discrezione. Come diceva Daniel: "COME CATANIA!" . Giornata delirante.
Partiamo alle 08:30 con un buon passo e cerchiamo di lasciarci Istanbul alle spalle nel più breve tempo possibile, ma con scarsi risultati.
Fino a Bolu il traffico è molto denso ma si va, la strada è ancora lunga. A una 50 di km si prima di Tosya sono verificate delle condizioni ideali: fame, mal di culo e baracchino nefasto sulla destra a ciglio strada:
Dopo il tassativo chai e su (=acqua in turco) ci siamo "calati" alcuni gozlemi (un gozleme singolare - più golzemi plurale ). Dal 2014 che non lo mangiavo: gozleme alle patate TOP!
Il Gozleme. E’ una sorta di piadina turca che di solito la si trova nelle bettole o barcchini lungo le strade di maggior traffico - importante per impolverare per bene gli impasti -. Fino ad oggi ho visto solo signore di sana e robusta costituzione alle prese con la loro cottura sulla tipica piastra convessa nera e unta che è meglio non farci caso. Prima dell’arrivo definitivo a Sansum abbiamo colto l’occasione per una pausa con acqua, chai e degustazione della mitica piada… tutti l’hanno mangiata o almeno assaggiata, tranne Emanuela che ne fece un cruccio fino al rientro ad Istanbul...
Nel 2014 arrivammo a Osmancik per puro caso; il nostro chiassoso arrivo non fu accolto molto calorosamente dai fedeli riuniti attorno a l'imam per gli esercizi spirituali. E quindi nel 2019 volevo rifarmi la reputazione. Complici il fatto che non ci sono altre cittadine degne di sosta, i 570 km di guida sul groppone e la necessità di riempire i serbatoi delle moto, anche quest’anno ci abbiamo fatto una pausa. Ad Osmancik vale la pena fermarsi per un chai e scattare alcune fotografie al ponte e alla fortezza entrambi d’epoca ottomana. Sebbene oggigiorno Osmancik è una cittadina assonnata e tranquilla costruita sul fiume Rosso non fu sempre così; in passato era un centro di controllo importante della via della seta. Testimonianza della sua posizione strategica per il controllo e la gestione dei traffici sono il suo famoso ponte e la fortezza, che costruita sullo sperone di roccia, domina l’ansa del fiume.
Ripartimmo fiduciosi che ormai il peggio fosse passato, ma dopo Merzifon, il traffico si fece ancora più pericoloso. Coda di auto ferme per parecchi chilometri, noi abbiamo pressochè percorso i rimanenti chilometri corsia d’emergenza. Sono stato fermato dalla polizia "bianca" perchè viaggiavamo sulla corsia d'emergenza - pure responsabile per gli altri! -. Iniziamo a confrontare i punti di vista ed escono i "Vero", "Ha ragione"... ma ci sono sempre i "MA" . Forse sono stato convincente quando gli feci presente la pericolosità di stare in coda o viaggiare tra le due file di macchina quando si ha un mezzo a due ruote. In ogni modo, dopo un po’ di discussione in inglese, turco e dialetto veronese mi hanno lasciato andare. :angel7:
Che cosa starà mai puntando?
Quando arrivammo finalmente all’hotel fu un sollievo. Eravamo tutti stressati e stanchi.
L’Hotel è di una signora tedesca che emigrò in Germania e si costruì una famiglia. Con i risparmi di una vita si è costruita questa struttura nel centro di Samsun ed ora ci lavora anche la figlia, che sebbene sia nata in Germania ha deciso anche lei di ritornare nella città natale della madre. Se ci fermiamo un attimo a ragionare su questo, è stata a mio parere una scelta coraggiosa. Mi ha fatto riflettere di quanta energia, volontà e amore per il proprio paese natale ci vuole per fare ciò, soprattutto se consideriamo che è un’imprenditrice in una città conservatrice di un paese musulmano. BRAVA.
Comunque, dopo i convenevoli e grazie ad Anna che faceva da interprete abbiamo avuto la possibilità di mettere le moto nel loro garage sotterraneo.. Ma, zio lazzarone! hanno costruito una rampa d'accesso al garage sotterraneo non particolarmente ripida ma talmente bassa che Augusto con il KTM 990 ed io con l’Africa Twin ci siamo dovuti appiattire sul serbatoio per evitare di sbattere la testa. Ma dico io… vabbè almeno sono le moto al sicuro, ma il mio pensiero mentre scendevo era decisamente rivolto all’indomani mattina e la difficoltà di salire a testa china come ci successe nel 2018 nel garage dell’Hotel di Cordoba.
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Inviato: 4 Feb 2020 13:11
altre foto della stessa giornata:
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Inviato: 5 Feb 2020 8:56
4.4 Samsun - Batumi
DAY 2 - 03 giungo 2019
Km percorsi: 2454
Km tappa: 525
Svegliati di buon'ora (ma che c’è di buono a svegliarsi alle 06:00 del mattino? prima o poi qualcuno me lo dovrà spiegare), prepariamo le borse, ci vestiamo e scendiamo in sala da pranzo in cui la figlia della proprietaria aveva preparato una colazione strabiliante. Un tripudio di vassoi pieni di cibo dolce e salato, piatti della cucina turca, tedesca e di quella internazionale, e finalmente frutta fresca: Una soddisfazione per chi alla mattina deve mangiare il proprio pasto principale.
Dopo la bella colazione abbondante ci armiamo e scendiamo in garage per caricare le moto. Quando pronti con non pochi patemi affrontiamo la salita del garage e uno dopo l’altro riusciamo a metterci in fila all’ombra pronti a partire. Caricato la traccia GPS partiamo alla volta del confine georgiano.
Lavaggio vetri in piena sicurezza
La superstrada costeggia il Mar Nero e scorre veloce senza particolare traffico, testimoniando l’eccezionalità di quello trovato il giorno prima. A Trebisonda arrivammo verso mezzogiorno dopo 330 km sui 540 da piano di viaggio. Lasciata la superstrada per le strade urbane, il traffico caotico delle città turche è un must; se non ci fosse significa che qualcosa di strano è successo. Ma ci abitua a tutto, e questo traffico ha reso un po’ complicato arrivare alla fortezza e da lì raggiungere il cuore pedonale della città. Riusciamo comunque a parcheggiare le moto in moto scenico vicino a İskenderpaşa Cami e da lì fare un giro per quello che rimane dell’antica città strategica.
Quelli del 17 sono sempre indietro
Non c’è invece traccia di monumenti o targhe commemorative dei due eventi nefasti che sono successi nel recente passato: Negli anni dieci e venti del XX secolo fu teatro della tragica sorte delle popolazioni cristiane della zona, fu una delle città più colpite durante il genocidio armeno perpetrato dai turchi ai danni della popolazione armena e uno dei porti per il grande esodo della popolazione greca del Ponto durante la cosiddetta catastrofe dell'Asia Minore.
Lasciata Trebisonda ci siamo diretti verso Hopa e da lì dritti a Sarpi dove ci aspetta la frontiera.
Arrivammo, ci guardammo negli occhi e senza dir nulla capimmo che nessuno di noi aveva mai visto una coda simile. A 20 km dalla frontiera di Sarpi inizia un serpente metallico di TIR che arriva fino al border turco. Il nastro d’asfalto, che si snoda sulla costa rocciosa, è una superstrada a due corsie per senso di marcia; e noi, stando su quella di sinistra, superiamo questa fila interminabile e non possiamo rimanere indifferenti davanti a questi camionisti che, a bordo strada, fraternizzano e condividono quello che hanno con i loro compagni di sventura. Sono turchi, russi, georgiani, ucraini, kazaki, turkmeni, uzbeki e addirittura un ceco, un mix di etnie, culture, religioni e idee che sono lì assieme e vivono tutti uguali ai nostri occhi, a bordo strada, anche dentro le gallerie non fa differenza.
Al nostro arrivo alla frontiera turca le nostre passeggere devono scendere dalle moto; loro devono procedere in una fila separata. Proviamo a discutere, ma non c’è verso, il doganiere scandisce chiare le parole: “drivers only”.
Le nostre signore procedono divise da noi in un edificio alla nostra sinistra, mentre noi guidatori procediamo verso i meticolosi controlli di documenti e mezzi. Superiamo la barriera turca e anche se la procedura è lenta ce la sbrighiamo in un’oretta. Appena arriviamo alla barriera georgiana la faccenda si preannuncia tosta: cofani e bauli aperti, in un’ora e mezza passano solo due auto. Il nostro entusiasmo inizia a calare soprattutto perchè anche il pomeriggio volge in sera e non abbiamo notizie delle nostre passeggere. Mentre ero perso nei miei pensieri, sento i miei compagni di viaggio scherzare con un poliziotto di frontiera e vengo come svegliato. Fortuna vuole che gli italiani gli facessero simpatia al punto da farci saltare una fila di circa 20 veicoli, salvandoci da molte ore d’attesa.
Quando usciamo dalla barriera le nostre compagne sono lì, in mezzo ad una moltitudine di persone diverse e chiassose; è chiaro che lì la Turchia è finita davvero e siamo finalmente arrivati in Georgia. In quella bolgia di genti venute da ogni dove, riusciamo a cambiare due soldi, stipulare l’assicurazione obbligatoria e partire verso Batumi, la Las Vegas del Mar Nero in terra di Colchide.
Arriviamo in hotel e andiamo a passeggio per Batumi in cerca di un ristorante. Batumi non è la Georgia, è un qualcosa di unico nel bene e nel male.
Fino qui, tutto bene... e domani prima tappa georgiana vera!!!!
GS3NO
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Inviato: 5 Feb 2020 8:59
4.5 Batumi - Kutaisi - Gori
DAY 3 - 04 giungo 2019
Km percorsi: 2976
Km tappa: 300
La Mattina dopo colazione partiamo alla volta di Kutaisi percorrendo la strada montana che conduce alla cittadina di Ozurgeti.
-> Link a pagina di Youtube.com <-
Pezzo di strada nel bosco colchide.
Tutti i video del report sono riprese dirette non elaborate
La strada si snoda su alcune formazioni collinari coperte da folta vegetazione e a tratti lascia spazio a squarci di panorama sul grande caucaso molto intensi. Ma ogni rosa ha la propria spina, le condizione dell’asfalto sono state spesso precarie, o in alcuni pezzi proprio assenti, e per quelli del team che avevano il 17’’ può essere stato considerato il battesimo al Caucaso. Quindi ancora più indietro…
All’altezza di Sajavakho la strada s’immete nella nuovissima autostrada e si arriva a Kutaisi abbastanza agevolmente e rapidamente. Dopo lo svincolo autostradale, il paesaggio agricolo lascia lo spazio a quello della periferia di uno città dell’ex Unione Sovietica. Avevo già visto queste periferie di altri paesi della Cortina di Ferro ma mai quelle di una repubblica appartenuta alla URSS. Ancora più deprimente.
Le radici della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica risalgono alla dissoluzione dell'Impero russo nel 1917, durante la Rivoluzione russa, quando le province del Caucaso si separarono e tentarono di formare uno stato federale a parte, chiamato Repubblica Federale Democratica Transcaucasica. I diversi interessi nazionali e la guerra con l'Impero turco portarono però alla dissoluzione della repubblica solo sei mesi dopo, nell'aprile 1918. Negli anni successivi, i tre stati costituenti passarono attraverso una guerra civile che coinvolse anche l'Armata Rossa, e ne uscirono come repubbliche socialiste sovietiche. Nel marzo 1922 la zona fu riunita come unione di repubbliche sovietiche. Nello stesso anno i tre stati costituivano un'unica repubblica, ma nel 1936 quest'ultima si dissolse e si divise in tre stati separati: la RSS Georgiana, la RSS Armena e la RSS Azera. Così la periferia di Kutaisi è un’insieme di casermoni fatiscenti tutti uguali e malandati che possono solo alienare chiunque ci si trovi a viverci.
Dopo alcuni incroci siamo finiti in una zona centrale con tutte le strade in rifacimento e pericolose. I tombini del sistema fognario sono aperti e l’assenza di pavimentazione stradale li rende poco visibili. Con pazienza da leopardi e maestria di navigazione siamo riusciti ad arrivare alla Cattedrale di Bagrati. La cattedrale venne costruita nei primi anni dell'XI secolo, durante il regno di Bagrat III che le diede il proprio nome. Un'iscrizione sul muro settentrionale rivela che il pavimento venne posato nel "chronicon 223", cioè nel 1003. Nel 1692 venne devastata da un'esplosione causata dalle truppe ottomane, che avevano invaso il Regno di Imereti. A causa di questo episodio, la cupola e il tetto crollarono, lasciando la cattedrale in rovina. Nel 2001, dopo i decenni di dominazione sovietica, venne restituita dalla Chiesa ortodossa e apostolica georgiana. Essa viene utilizzata limitatamente per i servizi del culto religioso, ma è una grande attrattiva sia per i turisti che per i pellegrini. I lavori di restauro si sono conclusi nel 2012, attraverso un intervento che ha riproposto le volumetrie originarie dell'edificio con materiali moderni, volutamente diversi sul piano figurativo. Questo intervento, giudicato invasivo e dannoso per l'autenticità del sito, ha portato l'UNESCO a inserire la cattedrale di Bagrati nella lista dei patrimoni dell'umanità in pericolo nel 2010 e poi a cancellarla dalla lista dei patrimoni dell'umanità nel 2017.
FINE PRIMA PARTE
GS3NO
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Inviato: 5 Feb 2020 13:10
PARTE SECONDA.
Dopo la visita siamo andati a trovare la confraternita dei padri Stimmatini per lasciare loro il materiale didattico che avevamo concordato. Con non poche fatiche siamo stati capaci di trovare Suor Loredana che ci ha prima accolti e poi presentati alle altre Sorelle e Padri che dal 1993 sono a Kutaisi per la loro missione. Abbiamo trascorso un’ora piacevole di discussione e confronto.
Una delle indicazioni prima di lasciare l’Imereti fu quella di visitare il Monastero di Gelati. Questo venne fondato dal re georgiano Davide II di Georgia, detto "Il Costruttore", nel 1106, ma fu completato solo dal figlio Demetrio. Per lungo tempo il monastero rimase uno dei principali centri culturali della Georgia medievale grazie alla sua accademia in cui lavoravano i maggiori scienziati del paese, soprattutto teologi e filosofi. Molti di questi avevano studiato o lavorato all'estero, soprattutto a Costantinopoli per poi farne ritorno. La fama del monastero divenne tale che i contemporanei la chiamavano "la nuova Grecia" o "il secondo Monte Athos".
Le sorprese della giornata non erano ancora finite. Lasciata Gelati abbiamo diretto le ruote verso Gori percorrendo la M1. Tra Gori e Kutaisi c’è da valicare un passo non molto alto di quota, ma… (chissà perchè c’è sempre un “ma”) la strada è stretta e terribilmente trafficata sia da auto sia da mezzi pesanti creando un ingorgo insuperabile. Ad aggiungere difficoltà è arrivata anche la pioggia torrenziale trasformando la strada, già in condizioni precarie, in un torrente di acqua pluviale.
Il 2019 sarà ricordato come l’anno della pula… anche in Georgia mi hanno fermato i pulotti: mi hanno accusato che ho superato un camion attraversando la riga di mezzadria. Daniel è arrivato in soccorso comunicando che pure lui fa parte delle forze dell’ordine e ha iniziato a negoziare con il pulotto.
Durante la negoziazione hanno chiesto tutti i documenti miei e della moto; non hanno trovato nulla ma (un altro ma!!!!) mi hanno stampato un foglietto lungo eterno tutto in georgiano in cui c’è scritto che sono AMMONITO!!!!!! cose da pazzi…
Per arrivare a Gori il piano era quella di passare dalla cattedrale di San Giorgio. Il piano di marcia prevedeva di percorrere alcuni km di strada bianca che immancabilmente la pioggia aveva reso viscido. Ovviamente per prima cosa la sicurezza quando si è in sti posti e per non metterci in difficoltà abbiamo saltato la visita dirigendoci dritti a Gori.
Interazione di Daniel con motociclisti indigeni - ho messo solo uno screenshot del video appositamente meglio non vederlo
Arrivati finalmente a Gori senza pioggia abbiamo in qualche modo trovato il nostro B&B. Suoniamo e nessuno ci risponde cerchiamo di farci sentire chiamando a voce fino a quando una vicina si fa viva e dopo una discussione in georgiano capiamo che qualcuno sta arrivando. Dopo mezz'ora arriva la figlia della proprietaria scusandosi del ritardo. Lei non vive a Kutaisi ma nella capitale Tbilisi e pratica il notariato ma comunque è venuta a sostituire la madre che era in vacanza in Italia. Le coincidenze della vita.
Dopo aver preso possesso delle camere siamo andati a cena in ristorante molto sovietico in cui abbiamo cenato proprio bene e tutto di cucina georgiana. Ha ripreso a piovere e siamo rincasati proprio stanchi.
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Inviato: 5 Feb 2020 18:08
4.6 Gori - Uplistsikhe - Mtskheta - Tbilisi
DAY 4 - 05 giugno 2019
Km percorsi: 3279
Km tappa: 95
In Georgia la colazione parte sempre dalle 09:00. Ma per noi è sempre troppo tardi e ogni giorno chiediamo se sia possibile anticiparla. Così anche ieri abbiamo avuto la stessa richiesta e la signora notaio, un po’ perplessa, annuì. Posso capire che per loro le vacanze possono essere viste come le nostri anni 70 e 80 ma noi abbiamo esigenze diverse da quelle del dormire.
E’ arrivata in ritardo (omissis, omissis, omissis). E se c’è una cosa che mi fa malumore è non rispettare quanto accordato (omissis, omissis, omissis). La colazione è quella tipica georgiana: la tavola viene imbandita con molto cibo ma tutto salato e nulla di dolce; così quelli di noi più tradizionalisti si sono trovati spaziati. Peccato avrebbe detto Paolo se fosse stato al mio posto.
La tappa odierna è la più breve di tutto l’itinerario caucasico, solo un centinaio di chilometri, ma prevede tre tappe importanti di visita che ci occuperanno l’intera giornata:
4.6.1 Uplistsikhe. Usciamo da Gori costeggiando la piazza in cui c'è il museo dello zio Link a pagina di En.wikipedia.org La cosa sorprendente è che per farlo hanno raso al suolo il quartiere in cui nacque fatta eccezione per la sua casa natale: ossia le hanno costruito il baraccone attorno!!! Comunque la strada che divide Gori da Uplistsikhe è breve e piacevole e l'attraversamento del ponte ha il suo perchè:
Entrare nel sito archeologico è stato un tuffo nel passato remoto di questa terra. I primi insediamenti umani ad Uplistsikhe avvennero quando questa terra si chiamava Iberia. Ebbene sì, a quanto pare genti di questa terra emigrarono in tempi remotissimi verso il nord della Spagno dandone il nome. Questo spiegherebbe molte similitudini tra la lingua Basca e quella Georgiana.
Il sito sorge su un’altura geograficamente strategica per controllare la valle fluviale sottostante. La cosa che ci ha impressionato è stata che la città fu abitata ininterrottamente dall'età del ferro fino al medioevo e la coesistenza di architetture pagane e cristiane evidenziano come i suoi abitanti fossero tolleranti. Ma l’arrivo del Cristianesimo ne sancì la perdita d’importanza a favore di Mtskheta e Tbilisi. Solo con l’invasione musulmana il centro fu rifugio per i cristiani e quindi nuovamente riportato in auge.
Guardiano preistorico del sito.
C'è una minima percentuale di Augusto nella foto
Dettagli architettonici.
Camminare su questo lastrone di tufo costellato di “buchi” fa fare degli scontati parallelismi con la Cappadocia o con Matera, ma in realtà questo è un sito diverso.
In ogni modo ripartiamo e per non spararci 30km si era deciso di fare 1.5 km di strada bianca. A me sembrava ragionevole... ma figurati quelli del 17!! Apriti cielo :confused: ed io che mi aspettavo che mi ringraziassero per averli allenati a quello che poi avremo trovato... ù
4.6.2 Mtskheta. Lasciata Uplistsikhe ci sono due modi per arrivare a Mtskheta, il primo sulla veloce autostrada e il secondo proseguendo per la strada M29 che attraversa un leggero altipiano. La strada inizia con attraversare alcuni villaggi remoti per poi prendere quota e offrire panorami che sono molto suggestivi. Ci sono coltivazioni di piante a cui non abbiamo saputo dare un nome, ma assomigliano straordinariamente alla Dactylorhiza maculata (Google Lens). Questi campi spiccavano con il color viola sull’erba verde vivo. La strada scende e costeggiando il Mtkvari arriva a Mtskheta.
Certo la Cattedrale di Svetitskhoveli lascia veramente stupiti. Circondata da mura e un bel giardino svetta nel centro dando un senso di sacralità al sito. La leggenda vuole che sia il luogo in cui sarebbe stata sepolta la tunica di Gesù Cristo. Secondo la tradizione fu Santa Nino a scegliere il luogo di confluenza dei fiumi Mt'k'vari e Aragvi come sede della prima chiesa georgiana. Le fonti agiografiche del paese sostengono che nel I secolo un ebreo georgiano di Mtskheta, chiamato Elia, assistette alla crocifissione di Gesù a Gerusalemme. Egli avrebbe acquistato la tunica di Cristo da un soldato romano sul Golgota e l'avrebbe poi portata in Georgia. Tornato nella sua città natale, Elia fu accolto da sua sorella Sidonia. Costei morì dall'emozione subito dopo aver stretto forte al petto la tunica. La presa della donna era talmente forte che la tunica venne seppellita insieme a lei. Il luogo di sepoltura di Sidonia è custodito nella cattedrale. Sul punto in cui fu seppellita la sorella di Elia crebbe poi un enorme albero di cedro. Nel IV secolo, dopo la conversione di Mirian III, l'albero fu abbattuto per costruire la chiesa. Una volta eretti sei pilastri, il settimo (da posizionare sul punto in cui era cresciuto il cedro) si alzò miracolosamente in aria e ritornò per terra solo dopo che Santa Nino passò un'intera notte in preghiera.
Molti fedeli georgiani sono estremamente devoti a santa Nino e il sito è frequentato da veri devoti. La nostra presenza però non desta fastidio e siamo liberi di guardare e curiosare per la chiesa principale. La sua leggenda e la sua architettura hanno un forte potere persuasivo e l’atmosfera che si respira dentro è veramente solenne e sacra.
Durante la visita alla Cattedrale di Svetitskhoveli abbiamo deciso un piccolo cambio di programma, e per fortuna... siamo saliti al Monastero di Jvari da cui scopriremo una vista mozzafiato! Le due guide riportavano una strada impervia e curvosa... ora, o l'hanno rifatta oppure abbiamo parametri di tortuosità diversi
Monastero di Jvari. Dopo la visita ci siamo diretti al Monastero di Jvari che domina la confluenza dei fiumi Mt'k'vari e Aragvi e la città di Mtskheta. Secondo la guida la strada era tortuosa, in realtà ha poche curve e un tornante solo, quindi tutta questa tortuosità nessuno di noi l’ha notata. Sebbene l'edificio eclesiastico è meno suggestivo, sorge su una posizione davvero unica, e il panorama che offre è unico nel suo genere.
Così dopo visita e foto di rito siamo ripartiti per andarcene all’hotel di Tbilisi.
Siamo arrivati a Tbilisi facendoci strada tra un traffico che non ha un minimo di disciplina. Dovete sapere che sono accusato di essere un pirata vandalo della strada perchè seguo pedissequamente la traccia GPS senza curarmi della segnaletica, ignorando sensi unici, divieti di transito, aiuole e gradinate delle chiese… a volte può essere successo…. Comunque, abbastanza semplicemente, e questa volta senza percorrere sensi unici al contrario, siamo arrivati alla nostra destinazione: l’hotel Opinion. La struttura è nel centro storico di Tbilisi ai margini della zona pedonale e a traffico limitato, in una zone più belle di una città che affascina solo entrandoci.
Come parcheggiano i 17: educati e civili
Parcheggio ignorante del 21
Anna e Marianna vanno a fare il check-in alla reception e vogliono essere pagati in anticipo. Noi in qualche modo tentenniamo, facciamo melina e riusciamo ad avere le chiavi senza pagare prima. Dopo aver preso possesso delle camere, una doccia ci troviamo seduti ai tavolini nel vicolo dell’hotel, chiuso al traffico ed adibito a plateatico del bar, e quasi tutti si lamentano del caldo delle stanze. Così andiamo in reception e manifestiamo il nostro disappunto. Ci viene detto che l’hotel si è già mosso per l’installazione dei condizionatori nelle stanze e noi rimaniamo perplessi: fanno dei lavori con le stanze occupate?
Come dire... Un po’ rassegnati (per un usare altri verbi) andiamo a passeggio per la zona nord del centro città con l’obiettivo di andare a cena al “Old city wall”. Zigzagando più o meno a caso iniziamo a capire quanto sta Tbilisi è bella. Vedi che dico vero! A pochi passi dall’hotel c’è la famosa torre dell'orologio, la casa blu, la piccola sinagoga e al patriarcato di Georgia. Che dire, Tbilisi ci sta conquistando. Il ristorante è ricavato dentro ad una fortificazione delle vecchie mura di cinta della città ed è chiaramente un posto molto alla moda in città. Veniamo accolti e condotti ad un bel tavolo rialzato rispetto alla principale, di cui godiamo una vista privilegiata.
Ordiniamo ognuno un paio di piatti tipi diversi e ci facciamo portare un vino georgiano prodotto con il loro metodo classico.
Visto che negli ultimi 20 anni tutti sono diventati esperti di vino, recensiscono e capiscono di ogni dettaglio tecnico... (f**a lasciatemi fare polemica sulla società odierna) Un po' di dettagli sul Vino Georgiano. Nel 2013 il metodo tradizionale di vinificazione in qvevri è stato iscritto nella lista Unesco del Patrimonio Immateriale dell'Umanità proprio per la sua tipicità e per il suo strettissimo legame con la cultura rurale georgiana. Il qvevri è fatto per durare: non è raro trovare esemplari di oltre due secoli ancora in uso. I primi qvevri risalgono a circa 8000 anni fa, in epoca pre-romana e differiscono dalle anfore (utilizzate per il trasporto) per non essere dotati di manici e per essere destinati all'interramento. Costruiti in terracotta, non sono smaltati ma vengono ricoperti all'interno da un sottile strato di cera d'api al fine di limitare l'evaporazione e lo scambio con l'ambiente esterno. Dopo essere stati avvolti esternamente con uno strato di calce, sono interrati in ambienti coperti anche se non è escluso il posizionamento all'aperto. Questa pratica garantisce il mantenimento della temperatura sia in fase di fermentazione che in fase di maturazione e affinamento.Esistono differenti metodi di vinificazione utilizzati a seconda delle zone di produzione, tutti molto simili tra loro se non nella diversa quantità di vinacce utilizzate. Il metodo "kakheto", utilizzato nella Georgia orientale, prevede l'utilizzo nel mosto delle vinacce (chacha in georgiano) complete di bucce, vinaccioli e raspi. Al contrario, il metodo "imereti", della zona occidentale, prevede l'utilizzo solo di una piccola parte (circa il 10%) di bucce e di vinaccioli senza i raspi. Un altro metodo, il "Kartli", utilizzato nell'omonima zona, prevede l'impiego di bucce, vinaccioli e raspi per circa il 30%. Il processo di vinificazione, identico per tutti i metodi, prevede che, dopo una soffice pigiatura, il mosto sia messo nei qvevri. La fermentazione alcolica inizia spontaneamente con l'azione dei lieviti indigeni; durante questa fase, di una decina di giorni circa, il qvevri rimane aperto per consentire all'anidride carbonica di uscire dal recipiente e permettere di spingere sul fondo il cappello di vinacce a favore dell'estrazione dei polifenoli e delle altre componenti presenti nelle vinacce. La temperatura di fermentazione viene controllata naturalmente; è il fresco della terra nella quale le anfore sono interrate che la mantiene relativamente bassa. A fermentazione conclusa, le vinacce si depositano sul fondo restando, solo in piccola parte grazie alla particolare forma del qvevri, a contatto con il vino. I qvevri sono riempiti fino all'orlo con altro vino della medesima tipologia; un semplice coperchio viene appoggiato sopra l'apertura fino al completamente della successiva fermentazione malolattica. Completato il processo fermentativo, il qvevri viene chiuso ermeticamente sigillando il coperchio con argilla o cera e coprendolo con uno strato di sabbia. La maturazione prosegue a temperatura stabile (intorno ai 13°C) per altri 3 o 4 mesi. Verso marzo o aprile, il vino viene prelevato lasciando sul fondo le fecce e messo in un altro qvevri pulito a decantare per un paio di mesi, passati i quali si procede a un nuovo ultimo travaso in un'altra anfora nella quale la maturazione prosegue ancora per 2 o 3 anni, anche se ci sono casi in cui si protrae fino a 20 anni. Le pareti del qvevri, nonostante la chiusura ermetica, permettono una lenta ossidazione del vino a fronte di una limitata evaporazione che comunque costringe al controllo quindicinale del livello e all'eventuale rabbocco.
Non c’è da ribattere su nulla, un vino simile al nostro Chianti a cui bisogna togliersi il cappello!
Finita la cena continuiamo con la passeggiata allungando fino al Ponte della Pace progettato da Michele De Lucchi.
Dopo le foto di rito, ormai stanchi rientriamo in hotel.
GS3NO
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Inviato: 6 Feb 2020 8:34
DAY 5 - 06 giugno 2019
Km percorsi: 3374
Km tappa: 0
Oggi dopo una settimana di viaggio è il giorno di riposo da moto, ma faremo molto moto... a piedi!!!!
Tbilisi è una città che mi è piaciuta moltissimo. Contrasti dell'antico con monumenti ed edifici futuristici ben mescolati. Città cosmopolita, giovane piena di vita e turismo. Il giorno che abbiamo dedicato alla visita ha lasciato il segno.
Dopo una colazione da veri vacanzieri in stile resort Mar Rossoabbiamo uscito le chiappe dall'hotel.
Hotel con curiosi che ammirano Queen...
Direzione ponte della pace, per andare a al teatro dell'opera e prendere l'ovetto che porta alla fortezza.
Team di viaggio
Salire con quel robo lì merita, la vista che si ha è proprio bella:
La fortezza è carina, ma vale di più il panorama che si gode da lassù. Discesi ci siamo fermati nella parte dove l'architettura musulmana è ancora fortemente visibile
Questa invece è più tipica di Tbilisi
Per visitare il palazzo presidenziale e la famosa cattedrale della santissima trinità bisogna attraversa il Mtkvari, ma la cattedrale merita
Dopo la visita diretti in hotel per pausa e riposo. La sera ci siamo fatti un aperitivo al mitico Linville, in cui qualche anno fa Vinicio Capossela tenne un concerto molto ristretto.
Direzione cena. Avevo selezionato un ristorante di robe strane... nella speranza di uscire appanzato alla fine abbiamo avuto una seconda cena... :confused:
Robine strane.. ma avevano finito il pane!!!!!!!!!!!!!!!!!! Quelli del 17 e un equipaggio di quelli del 21 e mezzo dell'altro del 21 erano un tantino nervosi dopo cena... usciti con la fame
Vabbè siamo finiti a magiare altro per poi andare a cena...
GS3NO
Solo Gas
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Inviato: 6 Feb 2020 8:46
4.7 La strada del vino
DAY 06 - 07 giugno 2019
KM percorsi: 3374
KM tappa: 320
La sveglia è impietosa ma anche oggi abbiamo da visitare tre località di rilievo storico e socio-culturale. Come già detto, generalmente in Georgia le colazioni sono servite dopo le 09:00 e quando chiediamo di anticiparle notiamo sempre reazioni di preoccupazione. In ogni modo siamo autosufficienti anche in Hotel e in qualche modo riusciamo a prepararci il caffè e troviamo un po’ di frutta fresca e yogurt per mangiare durante il solito briefing di tappa. Quando arriva la preposta alla colazione non fu proprio felice che c’eravamo arrangiati da soli. Sebbene capisco non posso partire alle 10:00 del mattino perchè qualcuno si secca.
Dopo il primo pasto del giorno, spostiamo le moto da dove erano parcheggiate e metterle ben ordinate con la ruota anteriore in direzione nord verso il viale Nikoloz Baratashvili. Attraversato il ponte omonimo, si costeggia il lato nord-orientale del parco Rike e togliendo ogni indugio si parte in direzione est con riding mode: "Passo Marathon".
La nostra prima destinazione è il monastero di Alaverdi. Appena usciti da Tbilisi imbocchiamo la M38 e attraversiamo le montagne tra i due parchi nazionali di Tbilisi e Mariamjvari. Curiosa l'insegna che indica un qualcosa di non ben identificato con un nome a me caro: "V E R O N A"...
Quelli del 17
Uno del 21 disperso
Il Grande Caucaso
Il monastero di Alaverdi appare dietro alle sue mura di cinta sulla sinistra, il complesso religioso è estremamente interessante sia per la storia millenaria sia per la sua architettura.
dentro le sue mura di fortificazioni ci sono oltre all'edificio per le funzioni religiose anche altri edifici che fungono da dormitori, refettori, panettiere e ogni altra attività indispensabile per la comunità di monaci. Inoltre anche qui la produzione di vino con il loro metodo classico fu ampiamente praticata. Ancora oggi il monastero produce vino.
Tornati alle moto...
Si parte per raggiungere la seconda tappa odierna: Gremi.
La fortezza è proprio una costruzione puramente difensiva, sebbene ci abitasse un nobile con la sua famiglie e la propria guarnigione è proprio spartana. Ma nel medioevo qui non doveva scherzare molto...
Ma la tappa odierna non è ancora finita e dobbiamo percorrere ancora circa il 50% della strada e visitare una cittadina particolare per la regione caucasica: Sighnaghi. Durante la salita troviamo un georgiano che si è ingegnato con il turismo, offrendo passaggi sul proprio sidecar:
Sighnaghi è costruita in cima alla collina che tanto ricorda le cittadine italiane delle regioni centrali.
Dopo pranzo, alla ripartenza, Augusto ferma tutti: “Ho la gomma posteriore a terra”. Nella piazza principale cerchiamo un chiodo, una vite o qualsiasi altra cosa che possa aver bucato lo pneumatico. Ma nulla.
Dopo alcuni tentativi individuiamo la causa: un piccolo foro in una posizione difficilmente riparabile. Tamponiamo al meglio e andiamo dal gommista. Appena arrivati vediamo nell’ordine: una ruspa, un camion e un’auto. Qualche dubbio ci assale: avranno mai aggiustato una moto? Così cerchiamo di interagire alla meglio, quando capiamo che la situazione va gestita diversamente. Così offrendo 4 birre e un sigaro toscano l’atmosfera si fa più scherzosa. Daniel inizia a collaborare attivamente con il gommista mentre di mio mi intrattengo con il proprietario e grazie alla funzione “conversazione” di Google translator le comunicazioni si fanno più agevoli. Alla fine abbiamo avuto un invito a cena a casa loro, ma purtroppo con rammarico estremo abbiamo dovuto rinunciare. In qualche modo il proprietario gommista ha voluto essere riconoscente e c’ha offerto la riparazione.
occhio a marianna preoccupata
L'arte dell'integrazione
Grazie Augusto, senza di te come avremo potuto conoscerli???
Come dicevo, ognuno il proprio ruolo secondo lo stereotipo tipico italiano: il veronese seduto a fumare e intrattenere, il catanese a "laorar"!!!
Lasciato il gommista siamo frettolosamente tornati in Hotel a Tbilisi visto che la sera si stava facendo strada e guidare la moto al buio in quelle zone non è forse la miglior cosa da fare.
GS3NO
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Inviato: 6 Feb 2020 9:17
Un commento personale al gommista. Uno spunto di riflessione
Durante nostra vita spendiamo la maggior parte del nostro tempo dentro al nostro fazzoletto di terra fatta della nostra casa, il nostro ufficio, la nostra città. Confinati all'interno di questa "Comfort Zone" ci costruiamo delle certezze, ci autoproclamiamo re e papi del nostro orticello e troppo spesso vediamo in chi vive fuori un cattivone pronto ad usurpare quanto ci siamo costruiti.
Ma una volta accesa la moto le cose cambiano. Quante volte sono stato io il cattivone invasore? Quello che è lì pronto ed usurpare il costruito degli altri? Se dovessi ascoltare me stesso: MAI! "micca" vado là per far del male a nessuno, anzi vado per conoscere, capire, interfacciarmi... crescere. Ma se dovessi ascoltare gli indigeni del luogo? Gli autoctoni potrebbero vedermi così come un cattivone usurpatore? Ed io cosa penserei di questo? e se "l'altro", il "loro" fossi io?
Da mò ho capito che non troverò mai l'"uomo caudato" o gli Yahoo - come descritto ampiamente da J. Swift nel suo Travels into several Remote Nations in the World e più in generale altre razze di Homo diverse da quella nostra come raccontato dalla letteratura da viaggio di fine '800 - e mi devo accontentare di incontrare solo altri Homo sapiens più o meno sensibili, attenti, acculturati, gentili, disponibili, accoglienti, misericordiosi. Pensate anche alcuni esemplari di Homo sapiens di altre religioni, pure islamica, mi offerto un the! Riempito il camelback con bottiglie di acqua fresca da frigo quando fuori c'erano 43°...
E pure, nel remoto Caucaso che per i russi è terra lontana dalla civiltà, quel gommista nonostante avesse molto lavoro per i proprio clienti habitue, ha smesso di lavorare per aiutarci con zelo a risolvere il problema e invitarci a cena. Si è fermato a parlare - grazie ancora Google Translator funzione Conversazione - con noi, bevuto e fumato con noi. Sarà stato un caso, sarò fortunato io, ma nel mondo, finora, ho trovato più persone disposte ad aiutarmi che a cacciarmi via. Ed io? e noi?
GS3NO
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Inviato: 6 Feb 2020 11:04
Mi sto godendo il tuo racconto man mano che lo scrivi. Davvero coinvolgente!
Ho guardato in TV lo scorso fine settimana una puntata di "Prossima fermata Oriente", documentario di viaggi di Michael Portillo (ex ministro inglese) che viaggia in treno utilizzando una guida del 1913 (la Bradshaw), che parlava di Georgia: da Batumi a Tblisi passando per Kutaisi. Il programma e il tuo report mi hanno fatto venire molta voglia di un viaggio in Georgia!
Una curiosità sulla città di Sighnaghi, è gemellata con la città italiana di Belgirate, sul lago Maggiore (vicino a dove abito io). Non avevo mai approfondito dove fosse e quali fossero le sue peculiarità.
bastiancontrario
Coord. Gruppo
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Inviato: 6 Feb 2020 14:18
4.8 Tbilisi - Sevan - Jermuk
DAY 7 - 8 giugno 2019
KM Percorsi: 3694
KM Tappa: 408
Eh già...
Lo sapevamo già da mesi... Quella di oggi sarà una delle tappe più dure di tutta la Marathon...
e come lo sarà...
Lasciata di Tbilisi la frontiera georgiano Armena di Bagratashen la si raggiunge velocemente.
Sebbene non ci sia stato traffico e neppure coda, alla frontiera abbiamo speso due ore per le pratiche doganali, e la cosa incredibile è stato che il grosso del tempo è stato perso per il carnet de passage. Sì il carnet de passage. Fortunosamente, a differenza delle auto, le moto non hanno da pagare il valore del mezzo.
Appena superata la frontiera ci si rende subito conto che la manutenzione stradale è molto diversa da quella georgiana. Mediamente le strade in Georgia non sono pessime, mentre quelle armene si sono dimostrate sin dai primi metri più difficoltose, alzi ostiche.
Dopo una decina di chilometri, la M6 da mal asfaltata diventa completamente divelta a causa di lavori di ammodernamento: era praticamente una pista sterrata di circa 50 km.
Il mio pensiero era per Marianna che sicuramente stava soffrendo le buche e per quelli del 17 che sicuramente erano in difficoltà.
Tra traffico e polvere arriviamo al bivio per il Monastero di Alaverdi. Sì è omonimo di quello georgiano sebbene il nome ufficiale sia Monastero di Sanahin ma essendo in località Alaverdi è conosciuto solo con quel nome.
Per allentare un attimo le tensioni di quelli del 17 ci siamo presi un caffè chiacchierando delle bellezze stradali armene. Dopo aver ripreso il sorriso ci siamo concessi la visita; più che un monastero è un complesso monastico di diversi edifici di cui il nocciolo è del X secolo. Uno dei pezzi più preziosi è il “Khachkar” la croce di pietra che esiste solo nell’arte ecclesiastica armena.
Siamo ripartiti discendendo la stessa strada malconcia ma asfaltata che abbiamo percorso all’andata fino all’incrocio con la pista M6. Quasi 40 km di pista ci separavano all'incrocio della M8 che ci avrebbe condotto fino a Sevan.
Arrivati al lago Sevan, ci siamo diretti verso il promontorio in cui c’è il famoso monastero, ma l’abbiamo trovato chiuso. Un po’ abbacchiati ci siamo diretti verso un posto di ristoro. Qui la carovana si è spezzata: dopo alcune considerazioni sulla situazione del manto stradale, Emanuela e Daniel si sono giustamente diretti ad Yerevan, mentre il resto della compagnia aggiunto Jermuk. La strada che costeggia il lago è tutta un rattoppo, un buco e gli avvallamenti rendono la guida molto più simile ad uno sterrato che ad una strada di alto traffico come mostrato dalle carte stradali. Il lago sevan è circa 3 volte il lago di Garda ed è ad una quota di circa 1500 ed ha tutte le caratteristiche di un lago alpino, soprattutto il colore: azzurro chiaro e torbido.
La strada era un disastro, sebbene asfaltata era come stare una pista sterrata dalle vibrazioni, buche e quant'altro.
Superato il lago, la strada s’inerpica sulle montagne e appena ci alza un po’ di quota si apre un altipiano a più di 2000 m con paesaggi tipici caucasici mozzafiato con le cime ancora innevate a poca distanza.
Quando l’altopiano finisce di fronte a noi si apre una vallata asiatica. Si vede la strada che inizia a scendere e seguire il fianco della nodoso della montagna. La vista dal primo tornante è semplicemente indimenticabile ed offre uno degli scorci più suggestivi che la carovana ha visto vino a quel momento.
Continuiamo a serpeggiare assieme alla strada che scende veloce e sinuosa finì a fondo valle che si interseca con quella che arriva “dritta” da Yerevan. Dall'intersezione in direzione sud, verso l’Iran, la strada si incunea in un Canyon rosso che lascia un solco anche nelle nostre memorie. Poco dopo abbiamo imboccato la deviazione che sale verso Jermuk. La strada non è delle migliori ma gli scorci che si aprono profumano di vastità.
Arrivati a Jermuk ci siamo diretti velocemente verso l’Hotel. L’idea era quella di farci un paio di bagni termali per riscaldarci e rilassarci ma alle 18:30 erano già chiusi e la cena servita a tavola. Così doccia e dritti a mangiare.
Jermuk offre poco, è un paese di chiara fondazione sovietica a circa 2100 m slm costruito sulle delle sorgenti termali. Durante l’Unione Sovietica, Jermuk è stato espanso con strutture ricettive di pregio, volte soprattutto ad ospitare i potenti e facoltosi moscoviti. Ad oggi molti di questi hotel sono stati rinnovati, nonostante sia palese la loro architettura sovietica, per accogliere il sempre crescente numero di turisti che fa domanda di un soggiorno spa a prezzi accessibili.
Dopo cena siamo usciti per fare due passi, ma la temperatura invernale ci ha costretti ad un rientro rapido e il grosso piumone del letto ha conciliato il meritato riposo.
GS3NO
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Inviato: 6 Feb 2020 14:37
Commento e opinioni personale alla tappa di Jermuk.
Ho avuto un rispetto immenso per Quelli del 17 sia per Paolo che ha deciso di proseguire sia di Daniel che decise di lasciare.
Come dissi sul momento, per quanto rode il cul0 fermarsi la sicurezza va sempre davanti a tutto. Daniel ha fatto la scelta migliore sia per se e sia per Emanuela. È vero che di sterrato non ne avremmo più trovato fino al rientro in Georgia ma le strade sono in uno stato infame e con un K sarebbe stato poco sicuro aver fatto altri 600km circa.
A Daniel va tutto il mio rispetto per aver saputo rinunciare per la propria incolumità a discapito della voglia di voler proseguire.
- Sull'Africa Twin Adventure Sport 2018 -
Ho sempre avuto moto che hanno avuto almeno un 19'' all'anteriore (DR600 Djebel, Transalp 650 2002, GS 1200 Adventure 2006) perchè se vuoi viaggiare fuori dei confini della Comunità Europea devi essere preparato a questo tipo di imprevisto. Non sai mai cosa possa succedere alle strade e per quanto pianifichi non puoi sapere se ci saranno lavori in corso e quanto essi siano estesi. Ma in molti casi anche quando sono asfaltate sono comunque pessime. Queen (la mia Africa) come la KTM 990 ADV si sono dimostrate essere i mezzi più adeguati per affrontare viaggi in terre lontane e non Europee.
Quando decisi di comprare la AS (quella del 30esimo, quella con ammortizzatori più lunghi e più performanti) mi avevano chiesto: perchè non una seconda GS? Ma a dire il vero, in tutta onestà, la Africa Twin AS 2018 è un altro pianeta. Sebbene le piste che abbiamo trovato non erano complesse, e di sterrati con la GS ne ho fatti anche di abbastanza complicati, l'Africa sulla terra è un'altra cosa. Non è minimamente confrontabile con la GS.
il mio amore
GS3NO
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Inviato: 7 Feb 2020 9:00
4.9 Jermuk - Tatev - Khor Virap - Yerevan
Day 8 - 9 giugno 2019
Km percorsi: 4102
Km Tappa: 378
La tappa odierna era una delle più dure: circa 400 km e due visite importanti, ognuna delle quali avrebbe richiesto almeno un’ora e mezza se non più. Questo è uno di quei giorni in cui la colazione deve imprimere gioia alla giornata e quindi ci si alimenta al meglio delle possibilità e si ingerisce la carica caffeinica degna della seconda tappa “Marathon” consecutiva del viaggio.
Si caricano le povere moto che hanno domito "alla ghiaccio" nel vero senso della parola, il termometro indica 8 gradi.
Rapidamente discendiamo da Jermuk fino al bivio che abbiamo imboccato in direzione contraria la sera prima. Svolta a destra verso l’Iran e riding mode: “PASSO MARATHON”.
I primi 10 km sono dentro ad un canyon scavato dal fiume Darb è rendono la guida molto piacevole sebbene le condizioni della strada rimangono orribili. Capimmo che per tutta l’Armenia le strade sebbene asfaltate sono devastate ed erose. Quando il canyon finisce, la strada sale verso il passo Voratan e il traffico di camion, autobus e furgoni trasformati a piccoli bus è importante. Questa è una delle due strade che dalla Russia scende in Iran.
Il passo Voratan è a quota 2400 m e poco dopo c’è la deviazione che porta in Nagorno, ma non c’è nessun cartello stradale che ne indichi la direzione. Questo per significare quanto la Repubblica del Nagorno sia considerata alla stregua di territori occupati.
Pausa benza e dal GPS è chiaro che Tatev è ancora lontano... che strada però, sebbene il manto stradale sia infame è stupenda, la strada che per una miriade di anni collega la Russia europea all'Iran. Paesaggi unici che segnano.
Qui sembra una delle "Trazzere" di Alcamo però
Si deve poi svalicare ancora un secondo passo a quota più o meno simile a quello precedente e durante la discesa, quasi in prossimità di Goris, c'è la svolta per la H45.
Mi sono segnato questo waypoint: 39°26'24.1"N 46°19'20.2"E. E' il mio punto più orientale mai raggiunto via terra. E' come essere a Nassiria in Iraq o Riyadh In Arabia Saudita. Non ci cado più al pensiero che feci altre volte. Non ci cado più al pensiero che feci altre volte. Non ci cado più al pensiero che feci altre volte. No... anche sta volta ci sono caduto: sta volta sono veramente andato lontano dal vialetto di casa.
Si sale ancora poco di quota per poi discendere verso il ponte del diavolo; appena svalico appare in lontananza, ma favore di sole, il mitico monastero di Tatev in tutto il suo magnetico fascino. E’ lì, statuario, sul ciglio del dirupo che domina la valle sottostante; la vista è un qualcosa di una bellezza unica.
Cerchiamo un baretto per bere un caffè e la proprietaria non si capacita di come potevamo essere già lì partendo da Jermuk.
Ma questo è il PASSO MARATHON… In ogni modo visitiamo Tatev e poi mi continuo sulla H45 per arrivare al punto panoramico da cui tutti scattano le foto più belle del monastero.
L’idea originale era quella di continuare sulla H45 fino a Syunik per poi ritornare verso nord tramite la M2. Il cuore rimpiange di non averlo fatto, ma la testa diceva che non era cosa, sia come chilometraggio totale sia per le strade che avremmo dovuto fare: 50km di sterrato carichi in 2.
Tatev. Il monastero fu fondato nel IX secolo nel luogo in cui la tradizione vuole che nel I secolo fu sepolto uno dei discepoli che accompagnarono S. Taddeo in Armenia. La posizione strategica lo ha reso inattaccabile dai nemici - e nella zona ce n’erano tanti… - e anche per questo lo rese sede vescovile. Pare - e purtroppo non posso essere più specifico - che già nel IV secolo esistesse un santuario che cominciò ad attirare i pellegrini. Nel 844 il vescovo Davit esortò i principi di Syunik a donare i terreni per costruire il Monastero come lo conosciamo oggi. Le prime costruzioni iniziarono nel 895 e ne succedettero altre fino al 1087. Di qui molte vicissitudini con aggiunte di edifici, invasioni e riduzioni di proventi dai villaggi, persecuzioni ma che mai nessun invasore fu in grado di attaccare il monastero ma solo di contenere la sua influenza culturale.
FINE PRIMA PARTE
GS3NO
Solo Gas
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Inviato: 7 Feb 2020 9:05
PARTE SECONDA.
Lasciata Tatev ma non il passo marathon, abbiamo dovuto ripercorrere la stessa strada dell’andata fino ad Areni. Di solito odio andare e tornare per la stessa strada, questo è stato uno dei motivi per cui non ho messo nell'itinerario la strada militare georgiana. Ma in questo caso specifico mi sono dovuto ricredere... sarò ripetitivo ma è stata una strada del cuore.
Qui qualche video non montato della strada. Mi spiace ancora per l'audio reale
Appena fuori Areni abbiamo fatto pausa pranzo in un supermercato :confused: Di meglio non c’era. Una delle giovani commesse dell’esercizio commerciale era affascinata delle moto e si è precipitata a farsi le foto sul mezzo dell’unico single del gruppo...
Lasciato il piazzale del supermercato e le conquiste di cuore armene, la strada corre veloce verso occidente attraveso un ambiente meraviglioso e semidesertico fino al monastero di Khor Virap.
Khor Virap è nostra la seconda visita importante della giornata. Come tutti i monasteri armeni, anche quello di Khor Virap è in una posizione panoramicamente stupefacente. È uno dei monasteri più fotografati e mostrati in tutta l’Armenia. Sorge alle pendici del monte Ararat che svetta sullo sfondo regalando viste senza uguali. Da solo potrebbe meritare il viaggio, ma se unito a Tatev trasforma la giornata in una di quelle che rimarranno nella memoria per sempre.
Khor Virap. In armeno vuol dire Fossa Profonda e sorge sul luogo dove San Gregorio Illuminatore fu imprigionato per tredici anni, dopo i quali Gregorio, battezzando il re Tiridate III, fece dell'Armenia la prima nazione cristiana al mondo.Nel tardo III secolo, quando il cristianesimo si stava diffondendo in Armenia, il re Tiridate III perseguitava in modo accanito i cristiani e condannò San Gregorio a morire in un pozzo nel luogo in cui poi sarebbe stato edificato il monastero. L'agiografia vuole che San Gregorio visse miracolosamente per 13 anni e venne liberato per cura il re Tiridate III dalla pazzia. Davanti a ciò il re si convertì. Correva l'anno 301 d.C. e fece dell'Armenia il primo stato cristiano del mondo.
Storia, leggenda, agiografia o mito o un mix di tutto rende questo monastero un posto ancora più magico di quando già di per sè lo è per la posizione. Inoltre molte coppie poco prima di sposarsi o subito dopo vengono in pellegrinaggio qui, e ne ho trovata una che per forza doveva farmi delle foto... e come non dare soddisfazione ad una coppia agli albori della loro vita assieme?
Lasciamo il monastero diretti a Yerevan per riuscire ad andare in Hotel, doccia e cena. Arrivare in hotel non è stato poi tanto facile per via dei lavori in corso e navigare a vista in città con palazzoni non è proprio cosa facile soprattutto con 400km sulla groppa.
GS3NO
Solo Gas
Ranking: 568
16134706
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Inviato: 7 Feb 2020 9:08
don't be shy and embrace Passo Marathon
GS3NO
Solo Gas
Ranking: 568
16134744
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Inviato: 7 Feb 2020 11:43
Bello, bello...
JO74
Global Mod
Ranking: 6438
16135234
16135234
Inviato: 10 Feb 2020 8:33
4.10 Yerevan e i dintorni di Yerevan
DAY 9 - 10 giugno 2019
Yerevan
Km percorsi: 4480
Km tappa: 0
Sveglia ad orario vacanziero e colazione alle 09:00 e dopo aver ben riempito le panze e saturato il picco caffeinico si parte. Giornata plumbea… grigia… senza moto…
In ogni modo cerchiamo la Cascade e imbocchiamo la Northern Avenue: la via dei negozi e dei palazzoni. Durante l’epoca sovietica, i palazzi di tufo e quelli ottocenteschi hanno lasciato il posto a questi che possiamo vedere oggigiorno. La Cascade fu iniziata in epoca sovietica poi abbandonata e ripresa dal magnate americano di origine armena Cafesjian. Sto tizio sta finanziando molti lavori in Armenia come l’autostrada che da Yerevan arriva al lago Sevan. Ovviamente ci sono le scale mobili che salgono, ma noi siamo della filosofia: ci sarà pure una via che non fa nessuno e ci porta su… la trovammo e “non voglio che mi si dica grazie per questo”. Però dall’alto della Cascade la vista è di quelle che non lascia indifferenti. Scendiamo dalle scale mobili e vediamo la raccolta di opere d’arte moderne che ne caratterizzano i vari “scalini”.
Questo mi ricorda tanto il simbolo zoroastriano. ma non ho trovato nessun collegamento...
CAFFE! CAFFE!!! Qui si dimentica del mio bisogno di tenere alto il livello di caffeina nel sangue! Ho dei compagni di viaggio troppo sciagurati, pensano solo a visitare.
Tra le varie visite quella a cui tenevo di più era chiusa: la grande biblioteca di Matenadaran in cui sono custoditi 17.000 manoscritti, di uno che fa troppo ridere: “Chi non si prenderà cura di questo santo libro, avrà l’eredità di Giuda e Caino”. Era un tantino permalosetto l’autore… non volevo! giuro!!! ma il cervello mi gioca spesso brutti scherzi e mi è toccato farmi sta domanda: “ma poi quale Giuda? Giuda Iscariota o Giuda Taddeo?” Lo so, lo so… domanda retorica ma se l’autore fosse stato un sovversivo religioso occultato alle genti? Un celato instauratore di un ordine nuovo e segreto che addita al povero Giuda Taddeo la colpa del mondo? Che ne sappiamo… In un certo senso la domanda mi ha fatto ridere però, l’idea che si riferrise a Giuda Taddeo Lebbeo - per gli amici l’Ebreo pure! -... sarebbe materiale per inventarsi una storia per quei libri che andavano di moda alcuni anni fa…
uno con sta "ghegna" de f**a el ga da averghene vista gran poca
Anna ci teneva a vedere la casa museo di Martitos Saryan; e meno male che qualche acculturato nel gruppo c’è. Mentre andavamo verso il museo mi sono fatto un’altra domanda: “Ma che m*****a c’hanno con Verona sti caucasici???”
in ogni modo arrivamo a caso di Martitos e visitiamo le opere esposte. Non lo conoscevo ma alcuni quadri per me hanno colto in pieno le atmosfere aremene, un’interpretazione di un armeno dell’Armenia è importante averla. A dimenticavo, sto gran maleducato di Martitos non c’ha neppure offerto il caffè a casa sua.
Dopo le visite a Piazza Lenin - pardon della repubblica come la chiamano adesso - ci siamo diretti alla Moschea Blu. Certo che neppure gli islamici hanno molto spirito di iniziativa per i nomi. Uno sforzicciolo in più se lo potrebbero permettere.
Dopo pure la visita alla deludente cattedrale di San Gregorio abbiamo rincasato, la sera avevamo una cena al “Lavash”. Cena bellissima resa ancora più bella con i commensali... che team che siamo!
Il Lavash (https://it.wikipedia.org/wiki/Lavash) è il pane tipico, guai assaggiarlo poi ne resti folgorato. E’ molto simile al pane arabo e viene usato nella cucina tradizionale per raccogliere il cibo e portarlo alla bocca. Con la mano destra si strappa un lembo e si raccoglie il boccone. Questo avvicina questo avamposto di cultura cristiana all’oriente, a me diverte molto mangiare con le mani, l’importante è trovare il sapone prima però.
Onestamente, dopo Tbilisi, da Yerevan mi aspettavo di più. Ci sono molti musei, vero, ma non ha la stessa vita frizzante della capitale georgiana. Mentre a Tbilisi per un weekend in aereo ci tornerei, a Yerevan non lo so. Non è scatto l'amore... ma è anche vero che venivamo dalla parte d'Armenia più bella di cui non è possibile restarne indifferenti.
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Inviato: 10 Feb 2020 8:42
4.10 Yerevan e i dintorni di Yerevan
Day 10 - 11 giugno 2019
I dintorni di Yerevan
Km percorsi: 4480
Km tappa: 108
La mattina sveglia ancora per arrivare a far colazione alle 09:00 del mattino per poi partire. Caffeine Check..... PASSED. si parte in direzione Ovest per Etchmiadzin. In poco tempo si arriva abbastanza facile. Parcheggio alla zingara e via alla visita.
Etchmiadzin è il centro nevralgico della religione cristiana armena e la sede del Catholicos armeno. La traduzione del nome è "il luogo dove discese l'Unico Figlio",
Secondo la tradizione armena, San Gregorio ebbe una visione di Cristo che scendeva dal cielo e colpiva il suolo con un martello d'oro per mostrare il luogo dove sarebbe dovuta essere costruita la Cattedrale. La cattedrale ha dei lavori di restauro e quindi non è visitabile ma ci sono altre cosuzze interessandi da sbirciare e curiosare.
Nel sito sono presenti alcune chiese e altri edifici sacri; tra quelle, la più importante è la cattedrale madre, e tra, questi, quello principale è la residenza pontificia. Ebbene sì, il Catholicos ha pure il titolo di Pontefice Apostolico Armeno. Nella Residenza sono contenute alcune requie estremamente importanti per i fedeli: due pezzi della vera croce, uno dell’Arca di Noè e la punta della spada di Longino (ma di questa ce ne sono 4 e solo una può - nel caso in cui si creda - essere quella vera).
Punta della lancia di Longino
Al centro un pezzo della Vera Croce
Pure qui
Ok, ma ora un caffè?
Sullo sfondo, come in molte altre zone finora visitate, il monte Ararat è sempre imponente e visibile; per il popolo armeno il monte Ararat gioca da sempre un ruolo di primo piano e, di riflesso, il frammento dell’arca ha assunto un valore popolare molto elevato. Purtroppo non trovo la foto della reliquia dell'arca di Noe. Certo un bel posto che va visto soprattutto se consideriamo il genocidio perpetuato dai turchi nei confronti degli armeni ma non lo si deve paragonare al Vaticano.
Il più bel team
Usciamo dal vaticano armeno e saliamo in sella per visitare un altro luogo molto caro agli armeni la cattedrale di Zvartnots.
Lasciata Etchmiadzin si deve ritornare sui nostri passi fino a quando il cartello stradale ben indica il sito. Ingresso con la moto ma senza sgasare o fare "cinghialate" però. Augusto fa da apripista e lui è civilizzato.
Cattedrale di Zvartnots sebbene sia crollata, le sue rovine hanno un fascino indiscutibile. Sorge a nord del monte Ararat e, anche in questo caso, lo si scorge in ogni punto.
Per me fu la prima volta che vidi un colonnato circolare in un contesto cristiano, e ciò mi convinse pensare che fosse una costruzione zoroastriana trasformata poi in chiesa. Beata ignoranza... invece è sempre stata cristiana e fu costruita attorno al 640 per custodire le spoglie di San Gregorio l’Illuminatore in seguito spostate a Yerevan.
Il cielo è sempre più grigio e qualche goccia inizia a tormentarci anche oggi. E quindi è giunto il momento per visitare un sito "pagano".
Le altre due attrazioni turistiche sono nella parte orientale di Yerevan: Garni e Monastero di Geghard. Adesso il tratto di strada che dalla cattedrale di Zvartnots arriva a Garni è principalmente urbano, quindi non mi sono preso la briga di controllarlo metro per me, e accidenti a me perchè siamo finiti così
Sentivo le bestemmie in armeno di quelli del 17 ma io mi chiedo... come si fa avere un 17? neppure al posteriore va bene!
[INDENT]Garni. Il tempio di Garni è l’unico tempio ellenistico completamente intatto - sebbene rimesso in piedi con le pietre originali - del mondo classico.
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Fa parte di una struttura più ampia chiamata la Fortezza di di Garni, il cui nucleo più antico risale al VIII secolo a.C. Il tempio fu costruito con pietra scura, il che lo rende ancora più speciale nel suo genere, ed eretto in una posizione elevata che domina la valle del fiume Azat. Queste sono tutte peculiarità che lo rendono sicuramente un sito archeologico da visitare.
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Finita la visita al sito ci siamo diretti con un certo “petittu a pettu di cavaddu” verso l’unico posto in cui ci potesse sfamare, sfamare… qualcuno è entrato affamato ed è uscito uguale, per altri fu servita un falciato del campo antistante spacciata come insalata.
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Povero augusto! vorrei porre l'accento sull'espressione a dir poco perplessa di Daniel.[/CENTER]
La strada H3, che da Yerevan conduce a Garni, prosegue fino a quando la gola del fiume Azat si chiude e non si può proseguire oltre. Ovviamente siamo stati capaci di evitare la pioggia quasi per tutto il giorno e immancabilmente arrivò al punto da farci fermare sotto un caseggiato in cui qualcuno s'addormentò sulla sedia :violent1:
Daniel di nuovo perplesso si stava chiedendo con chi c***o è partito
Ma arriveremo comunque alla nostra ultima meta.
Monastero di Geghard. L’H3 dopo Garni è s’incunea nella valle del fiume Azat e la strada è caratterizzata dalle pareti rocciose che la chiudono.
Alla fine della vallata appare all’improvviso dietro all’ultima curva il monastero di Geghard. Come tutti gli altri monasteri visitati, anche quello di Geghard è per lo più un insieme di edifici racchiusi dalle mura di cinta; ma questo ha un carattere unico che lo differenzia nettamente dagli altri. Per prima cosa manca la corrente elettrica e con essa l’illuminazione a cui siamo abituati noi. Gli edifici e le loro stanze sono illuminate solo dalle candele e dal pozzo di luce aperto al centro delle cupole. Oltretutto la nostra visita è durante una giornata plumbea e a tratti piovosa e quindi l’assenza di illuminazione artificiale rende il luogo quasi surreale.
Il gioco dell'alternarsi in modo netto di luce e della sua assenza crea suggestioni e induce al rispetto per questo luogo. Unito al contrasto visivo luce/buio si è anche stimolati dal rumore dell’acqua che scorre su una parete all'interno del monastero; non si vede, ma si sente. Luce, buio, suono e odore di cera, forse chi ha costruito tutto ciò ci sapeva fare per mettere il fedele che entrava nella chiesa in uno stato d’animo particolarmente predisposto allo spirituale..
Terminata la visita usciamo e al parcheggio le femmine hanno una discussione con una signora che vendeva pane e si sono stramaledette a vicenda... lezione imparata: mai lasciare le femmine di due tribù distinte avere contatti senza la presenza di esemplari maschili. Cose da pazzi! Saliamo sulle moto e direzione hotel, dove anche oggi rientriamo belli stanchi e domani sveglia ore 06:00 e partenza non oltre le 06:30... domani sarà dura e lo sappiamo già da una settimana quando Daniel era in contatto con dei motociclisti che hanno percorso la M1 un mese prima di noi....
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Inviato: 11 Feb 2020 9:37
4.11 Yerevan - Vardzia - Akhaltsikhe
DAY 11 - 11 giugno 2019
KM Percorsi: 4588
KM Tappa: 316
E così venne quel giorno che destò preoccupazioni tra quelli del 17; durante tutto il viaggio, nelle occasioni in cui il discorso usciva, cercammo sempre di abbassare l'ansia, ricordando che dopo aver fatto la M6 - che dal confine Georgiano arriva a Sevan - non serve aver paura. E in effetti è vero... più o meno quello è...
Durante i giorni pregressi i contatti di Daniel riportavano sempre la seguente frase: "Non c'è la strada". Ora, questo può creare ansia, lo capisco. Soprattutto per chi ha una moto sportiva e il mio punto che ribattevo a Daniel era: "f**a! se passano i camion come fa non esserci la strada! non potrà essere peggio della SH74!".
Sono un SH74 survival
San Balaban ci proteggerà
Sbrandati alle 06:00 dalla sveglia scendiamo per il caffè in autogestione rapido, carichiamo le moto e si punta verso nord ovest e la M1. La M1 lascia Yerevan e risale l’Armenia verso la Georgia nella parte occidentale dei due paesi. La strada è soggetta ad un pesante ammodernamento su entrambe le sponde della frontiera, il lato armeno è paradossalmente più organizzato e sebbene ci faccia fare alcuni zigzag alla fine è una strada bella, veloce, panoramica e tenuta molto meglio di tutte le altre finora percorse. Inoltre con il sole della mattina di giugno è meravigliosa. Credo che una volta terminata sarà un’arteria fondamentale per i commerci tra Turchia, Georgia, Russia e Armenia.
I paesaggi che attraversa sono montani ma molto lontani da quelli alpini o appenninici a cui siamo abituati. Le vette sono vicine e innevate anche a giugno e i campi fioriti vicino alla strada fanno un forte contrasto. Vi posto qui le riprese fatte durante l'avvicinamento alla frontiera georgiana...
Come si vede dalle riprese, fino alla frontiera ci si arriva molto agevolmente e una volta in frontiera se non si ha sfiga si passa abbastanza agevolmente
l'arrivo in frontiera
Le pratiche vanno lisce quasi per tutti, vero Daniel? vabbè tanto ce lo siamo messo via che sono sempre quelli del 17 che dobbiamo aspettare
Queen punta l'orizzonte e aspetta la strada bella:-p
Una volte attraversata la questione si fa interessante per chi può scaramuzzare liberamente tra sassi e buche, ma il pensiero per Daniel e Paolo resta.
-> Uscita dalla frontiera - con Marianna che mi urla di andare più piano
Link a pagina di Youtu.be <-
Per 15 km la strada è in completo rifacimento, a tratti una buona pista sterrata ma in altri si devia per i campi limitrofi trasformati in strada dall’incessante passaggi di mezzi di ogni tipo.
Quelli del 21 hanno aiutato Daniel facendo da spola per trasportare Emanuela per quanto possibile. Per una K è dura... tanto dura... ma complimenti a Daniel per la pazienza e l'applicazione del "CALMA E GESSO".
L’arrivo a Vardzia è stato preceduto dalla pausa pranzo sotto la fortezza di Khertvisi. La fortezza si scaglia su uno sperone di roccia proprio quando le gole scavate dai fiumi Mtkvari e Pavani s’incrociano in una posizione affascinante, suggestiva e di certa dominanza del punto strategico di comunicazione.
All’ombra della fortezza c’è il Cafe Tourist, che non ha un bagno ma offre il servizio Wifi. Cose che mi hanno lasciato sbalordito. Però la trota alla brace è rimasta memorabile come le mani del proprietario che è meglio non proseguire con la descrizione. Però adoro queste locande poco avvezza al turismo occidentale.
La strada che porta a Vardzia è semplicemente grandiosa. Un sali e scendi a mezza costa della vallata del fiume Mtkvari e tutta sinuosa fatta di curva e controcurva. A Vardzia ci si arriva con ragionevole velocità e la vista già da lontano ha un potere magnetico per tutti i visitatori, ma una volta saliti inoltrati nelle grotte rupestri che ci si accorge di quanto questo sito archeologico sia veramente magnifico. Un alveare di case, chiese, magazzini per i viveri che ci trasportano in un’epoca lontana dalla nostra.
Tutto sto ambaradan di buchi e controbuchi ha una storia complicata, cito da Wiki:
Il monastero consiste in più di seimila stanze nascoste disposte su tredici piani, all'interno delle quali era possibile proteggersi dai mongoli. La città includeva una chiesa, una sala reale e un complesso sistema di irrigazione che portava acqua alle terrazze coltivate. Unico accesso al complesso era offerto da alcuni tunnel ben nascosti le cui entrate erano situate nei pressi del fiume Mtkvari. Il terremoto che colpì Samstkhe nel 1283 distrusse approssimativamente due terzi della città, espose le stanze alla vista esterna e fece collassare il sistema di irrigazione. Durante il regno di Beka Jakheli nel tredicesimo secolo la chiesa fu rinforzata e fu costruito un campanile ben visibile dall'esterno. I Persiani, sotto il comando dello Shah Tahmasp I, saccheggiarono il monastero nel 1551 privandolo di tutte le icone di valore e mettendo nei fatti fine alla vita nel monastero
Qui si vede la strada che si sarebbe potuto fare per accorciare ma sono un 20 di km di pista montana e con il passeggero non è proprio facile.
Akhaltsikhe è una città abbastanza anonima ma la fortezza che la sovrasta è proprio bella. La sua bellezza inoltre è impreziosita dal restauro fatto dal Gino. All'inizio della programmazione di questo viaggio avevo trovato sto hotel e con augusto si fantasticava che fosse uno uomo di panza fuggito e rifugiato qui e con la grana ha creato sto posto . In realtà abbiamo sbagliato solo la nazionalità è russo e non connazionale . In pratica lui ha negoziato la restrutturazione della fortezza se gli avessero lasciato la possibilità di trasformarla in hotel . Ad oggi la fortezza è stata restaurata completamente e al suo interno si trovano alcuni ristoranti, negozietti e l’hotel che abbiamo scelto. Un posto curioso ma con una SPA molto bella!
Bellissimo viaggio e bellissimo report.
Complimenti !
KRide69
Ginocchio a Terra
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Inviato: 15 Feb 2020 21:14
KRide69 ha scritto:
Bellissimo viaggio e bellissimo report.
Complimenti !
Grazie mille KRide69. Poi continuo con il rientro turco.
GS3NO
Solo Gas
Ranking: 568
16136798
16136798
Inviato: 17 Feb 2020 12:16
Dopo la Gerogia si ritorna in Turchia per chiudere la Caucasina Marathon idealmente a Sivas, tappa in cui la carovana si è spezzata per rientri più o meno separati.
Akhaltsikhe - Artvin
Km percorsi 4904
km prima parte di tappa: 203
In Turchia ci sono stato per due viaggi in moto e che assieme hanno preso 6 settimane, 16000 km e che hanno coperto quasi l’intero territorio . Tra le zone rimaste grigie sulla mappa c’erano le catene montuose del Yalnizcam, Mescit e quella più centrale del Munzur con le gole dell’Eufrate. La mattina del 13 gugno 2019 abbiamo lasciato il castello di Akhaltsikhe per dirigersi al valico di frontiera di Türkgözü. Quello che divide la città georgiana di Akhaltsikhe e quella turca di Posof.
Arrivati in frontiera:
Alla frontiera georgiana siamo passati discretamente veloci, grazie anche al contributo di Daniel, che ricordandosi del suo passato lavorativo, ha incentivato il camionista turco a presentarsi ai controlli. Mentre alla barriera turca è stata più complessa. C'hanno fatto aprire i bauletti - senza poi guardarci più di tanto - e messo una moto sotto i raggi X. Ma in ogni modo ne siamo usciti vincitori
La strada che dal confine scende fino ad Ardahan è semplicemente spettacolare, attraversa due passi montani di circa 2500 m in un territorio quasi senza centri abitati con panorami che possono solo togliere il fiato.
Dopo Ardahan si svalica ancora facendo un terzo passo montano a 2400 m per poi precipitare vertiginosamente nel canyon scavato dal fiume Okcular sulla D010 fino ad Artvin a 200 m slm. La D010 in quel tratto è magnifica e guidare la moto sopra quel nastro d’asfalto risveglia il motociclista adventuring che è in tutti noi.
Abbiamo fatto pausa pranzo all’intersezione che proviene da Artvin e si dirama per la D010 o la sconosciuta D950, ai piedi della diga che nel 2009 stavano costruendo.
La pausa era necessaria, stanchi e affaticati ci siamo presi un’oretta prima di affrontare una delle strade che stanno sparendo dalle carte stradali della Turchia. Infatti mentre la percorrevo non ho potuto non fare un parallelismo con il viaggio del 2009, in cui molte delle strade che percorremmo erano in rifacimento con tratti nuovi come li si possono fare oggigiorno, altri sterrati ed altri ancora antichi. Così la D950 sta lentamente sparendo e lascerà il posto ad un’altra arteria di comunicazione grande, veloce ed efficiente; ma di contro sparirà lo spirito di quelle strade d’altri tempi costruite, per necessità che oggi sono obsolete, in ambienti magici che solo l’Anatolia centrale sa regalare.
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