DannySV ha scritto:
quasi dieci anni fa ho visitato anche io quei luoghi dello sbarco. Era Settembre inoltrato e il turismo di massa era cessato. Io, insieme a quella che da lì a poco sarebbe diventata mia moglie.
Dopo la Normandia abbiamo visitato i campi di concentramento. Mautthausen,Natzweiler e Dachau.
I luoghi dello sbarco in Provenza. E per ultimo Norimberga.
Per chi è appassionato della Seconda Guerra Mondiale Norimberga rappresenta il punto di inizio e il punto della fine.
Anche in Italia ci sono luoghi dove la guerra ha travolto tutto e tutti.
Montecassino, Anzio-Nettuno, lo sbarco in Sicilia e la Linea Gotica, solo per citarne alcuni.
Alla fine la Normandia rimane il luogo più pubblicizzato, forse grazie a Spielberg, forse perchè i francesi hanno saputo valorizzarlo.
Per quanto riguarda il numero dei morti il fronte orientale rimane quello più insanguinato.
Ciao Danny SV,
Scusami se ti rispondo solo ora. Personalmente non mi sento una appassionata alla Seconda Guerra Mondiale: in fondo, conosco poco niente. E certamente la Normandia è una terra più che valorizzata: c’è da imparare dai francesi in merito. Noi italiani pare non ne siamo poi così capaci. O forse ci vergognamo. Mussolini è stato alleato di Hitler, per diverso tempo. Gli italiani hanno fatto male agli italiani stessi, la memoria socio-politica a tutt’oggi probabilmente varia al variare della propria singola bandiera politica. Ma è un discorso più grande di me. Che certo non ho piene competenze per affrontare.
Una cosa però la condivido appieno con te: “Per quanto riguarda il numero dei morti il fronte orientale rimane quello più insanguinato“.
Ho avuto la fortuna questo inverno di essere stata invitata a Mosca, con i miei figli, da amici che vivono lì. Non ho avuto tempo, e forse cuore, di preparare il viaggio come avrei voluto. Non ho studiato, non ho letto libri, ho solo visto qualche film russo, ho letto la storia della Russia su weekipedia. Ho letto la loro Costituzione. Ma non mi sono addentrata nello specifico sulla Seconda Guerra Mondiale. Ho visto qualcosa sulla battaglia di Stalingrado. Visto filmati su Rai Storia. Ma, soprattutto, questo si, una volta a Mosca, volevo vedere due cose in particolare:
- La tomba del Milite ignoto all’interno dei giardini di Alessandro ai piedi delle mura del Cremlino.
- Il Museo della Vittoria, situato presso il Park Pobedy
Ebbene, credimi, mi sono commossa. Anche lì. Di nuovo. Di fronte a quella fiamma. Eterna. Nel frastuono dei passi, dei passanti, mi sono avvicinata in profondo silenzio, come sulle spiagge della Normandia. E non ho potuto fare altro che togliermi il cappello, chinare la testa e piangere, istanti di sofferenza. Ti tocca quel tratto affianco alla Piazza Rossa.
Non è l’unico luogo che mi ha lasciato pensieri. Che mi hanno riportato alla Normandia. Alla Guerra. Alla morte. Alla difesa di ideali. Della vita.
Il Museo della Vittoria, il Museo della “Grande Guerra Patriottica” come la chiamano i russi, è enorme, come lo è tutta la Russia in fondo. E fra i suoi meandri, fra teche di vetro e dipinti, fra ologrammi e mappe digitali, tra fotografie gigantografie, c’è, al suo centro, una sala, che buca il tuo, di centro: non so dove lo hai tu Danny, ma il mio è il cuore.
È la “Hall of Glory”. È un cimitero. Sono i nomi di 11.000.000 soldati della Grande Madre Russia. Lettere di bronzo affisse su muri altissimi, bianchissimi, curvi. L’intera sala è disposta in cerchio, nessuno spigolo. Eppure, lo senti qualcosa di appuntito, che ti trapassa. Forse è la sua spada, che giace nel mezzo. Forse sono solo i miei ricordi. Il cimitero americano di Omaha Beach era forse diverso? I nomi dei dispersi, non erano anch’essi adagiati su muri bianchi curvi? E non erano nomi quelli incisi sul granito nero a La Cambe? E che cos’è un nome, se non una persona? Qui, in questa stanza, le persone, sono eroi. Di Guerra.
C’è da perdersi. Mi perdo sempre. Non sono brava a studiare storia, mi riesce meglio, sentirla. Percepirla nelle voci sussurrate, evocate, da luoghi come questo. E forse sbaglio, dovrei assumere un atteggiamento molto più distaccato. Più logico, scientifico nell’approccio. Semplicemente da storico, che analizza documenti e costruisce fatto dopo fatto, la linea del tempo delle vicissitudini umane. Ma, non sono capace. Invidio chi sì, ci riesce.
Vorrei anche io, un giorno, visitare un campo di concentramento. La verità è, che per adesso, non ne ho il coraggio. Provo un senso di vergogna ad ammetterlo, ma è cosi. Non sono pronta. E meno che mai potrei immaginare un viaggio del genere da affrontare da sola.
Non so cosa ci sia nel mio futuro. Nei miei viaggi in moto. Di una cosa sono però sicura. Vorrei prendermi una vacanza da me stessa. Non vorrei più piangere. Al contrario vorrei ridere e divertirmi. Leggera, come una piuma.
Vedremo... La stagione motociclistica è appena iniziata.
Grazie per il tuo intervento, mi hai offerto l’opportunità di pensare. Ricordare. E mi permetto di lasciare queste fotografie. Russe.
Museo della Vittoria. Mosca.