Nella seconda parte vengono descritte delle risoluzioni di problemi occorsi sia per le basse temperature, sia per cause indipendenti da esse.
Và chiarito un aspetto fondamentale:
con temperature inferiori allo zero si manifestano problemi inesistenti a temperature più alte, come:
- la formazione di ghiaccio sulle strade e sulle moto lasciate all’aperto durante la notte;
- le precipitazioni nevose che, oltre a rendere alla lunga le strade impraticabili, possono anche ridurre la visibilità a zero nel caso si manifestino con forte intensità;
- la necessità di ricorrere a protezioni termiche supplementari e non solo in aggiunta al normale abbigliamento ma anche sulla stessa moto, sia per chi guida sia per la moto stessa;
- col freddo tutti i materiali diventano più fragili, dai metalli alle plastiche ai particolari in gomma che diventano meno elastici;
- col freddo i metalli subiscono un ritiro dimensionale che può diventare apprezzabile per alcuni componenti che devono assicurare tenuta stagna;
- tutti gli accumulatori di corrente, dalle pile della digitale alla batteria della moto, subiscono un calo di capacità che può inficiarne il funzionamento: basti pensare se l’elettrolito di un accumulatore al piombo scende a -15°C la batteria perde tutta la sua carica.
A -18°C, la soluzione solforica al 37% di cui è composto si congela danneggiando in maniera permanente la batteria.
- Abbigliamento -
Inutile elencare le caratteristiche che dovrebbe avere ogni singolo capo: si può ottenere un equilibrio termico in diversi modi e ricorrendo a diversi accorgimenti supplementari come scaldacollo, copristivali, ecc. la cui necessità dipende anche dalla (eventuale) protettività già offerta dalla (eventuale) carenatura della moto, ma ciò che è importante è che i capi esterni siano realmente impermeabili all’acqua e che quelli sottostanti siano termicamente isolanti ed al contempo traspiranti.
Fondamentale è che la visiera del casco non si appanni con facilità: ciò può essere evitato da una buona ventilazione, in compromesso con una sufficiente protezione da fastidiosi flussi di aria fredda sul volto, e dalle recenti visiere aggiuntive, che creano una sorta di vetro-camera che dovrebbe evitare il fenomeno. Più o meno bene funzionano anche gli appositi spray che devono però essere considerati una soluzione d’emergenza, non di partenza.
- Preparazione della moto -
Oltre ai controlli che si effettuerebbero comunque, prima di un qualsiasi viaggio, prevedendo di affrontare condizioni climatiche particolarmente rigide è bene procedere ad un isolamento termico della batteria, al fine di ridurre di parecchio la dispersione termica e quindi di carica durante le soste al gelo.
Una soluzione, come quella raffigurata nella foto scattata ad una Yamaha XTE, è quella di realizzare un rivestimento con un foglio di neoprene alluminizzato, del tipo venduto per schermare i radiatori casalinghi. Il suo spessore a riposo è di circa 3mm e, sulla mia moto, ha dato ottimi risultati:
Ricordo che tale protezione potrebbe diventare deleteria con climi molto caldi, in quanto la batteria non dovrebbe operare con temperature dell’elettrolito superiori ai 45°C.
Pertanto sarà bene rimuoverla in vista di un utilizzo estivo, anche se un isolamento termico funziona nei due sensi (se la temperatura esterna è superiore a quella dell’elettrolito, rallenta il suo riscaldamento).
Sarebbe bene evitare di avventurarsi, con climi così rigidi, con lubrificanti motore di gradazione a freddo uguale o superiore al valore di SAE 15W.
Ricordo che la gradazione a freddo è individuata dal primo dei due valori di viscosità riportati sulla confezione d’olio, quello seguito dalla lettera “W” che sta per “Winter” e denuncia la viscosità del lubrificante alla temperatura convenzionale di +40°C.
Una eccessiva viscosità a freddo rende più gravoso il lavoro dei sistemi di avviamento (già messi a dura prova dal freddo) e rallenta l’aumento di pressione dell’impianto, accelerando le usure dei componenti durante la fase di riscaldamento.
Se nel carter è presente un prodotto uguale o superiore a SAE 15W è bene sostituirlo con un altro uguale o inferiore a SAE 10W cercandone uno, se possibile, che abbia lo stesso valore SAE a caldo (denunciato dalla seconda cifra)
Esempi:
- un 15W/40 andrebbe sostituito con un 10W/40 o con un 5W/40;
- un 15W/50 oppure un 20W/50 andrebbero sostituiti con un 10W/50, ecc.
Mantenendo invariato il secondo dei due valori indicati, si può evitare di sostituire nuovamente l’olio per l’utilizzo estivo o comunque con temperature più alte.
Se non si ha a disposizione un prodotto adatto si può utilizzare, ma solo per la stagione fredda, un olio che abbia anche il secondo dei due valori, più basso di quello già presente nel carter.
Io, ad esempio, ho sostituito il 15W/50 con un 10W/40 che, considerato il livello di usure della mia moto e il tipo di motore (un mono della generazione “precedente”) provvederò a sostituire nuovamente in vista di un utilizzo con temperature più alte.
Lubrificare tutte le serrature di bordo con un buon olio penetrante, prima della partenza, può scongiurare il congelamento, e quindi il blocco, nel caso si verifichi nelle stesse un'infiltrazione d'acqua.
Le “moffole” sono un accorgimento praticamente irrinunciabile per affrontare condizioni così avverse: ne sono in vendita di diversi tipi ma possono essere realizzate anche all’ultimo momento e con materiali di fortuna; l’importante è evitare il contatto diretto del flusso d’aria fredda con i guanti che, alla lunga, si rivelerebbero insufficienti.
Ecco una soluzione escogitata e realizzata in pochi minuti, all’ultimo momento prima della partenza, utilizzando un vecchio tappetino in neoprene (di quelli che si mettono sotto al sacco a pelo):
Sigillare con del nastro prese d’aria di funzionalità solo estetica può essere utile per ridurre il flusso diretto verso il pilota.
Nella foto si nota anche una nastratura per ridurre il flusso d’aria diretto verso la batteria.
- Scelta delle gomme -
Considerando il fatto che gran parte del viaggio all’Elefanten consiste in un trasferimento autostradale più o meno veloce, conviene utilizzare delle gomme di caratteristiche stradali ma che abbiano almeno una profondità del battistrada non inferiore ai 5mm.
Montare una enduro on-off al posteriore, come sperimentato, conferisce degli innegabili vantaggi di trazione sulla neve ma rende instabile la moto carica di bagagli a velocità superiori ai 120Km/h, ove si proceda a gas aperto: infatti la moto in discesa filava senza scomporsi. Ciò è dovuto al profilo tondo del battistrada che riduce di parecchio la sezione trasversale di contatto tra gomma e asfalto. La gomma utilizzata al posteriore è stata una Yokohama E 700
Nessun problema all’anteriore, utilizzando una Dunlop D 604
In definitiva, prevedendo di affrontare veramente la neve in un limitato tratto del percorso, l’unico soluzione valida rimane quella delle catene da neve di tipo tradizionale, da moto, un po’ difficili da reperire nel nostro Paese.
È possibile, tuttavia, procedere ad un’autocostruzione delle stesse se si dispone di un po’ di pazienza e buona manualità: nel caso, porre molta attenzione ai sistemi di fissaggio, che non devono allentarsi durante la marcia e non devono interferire con nessun elemento della ciclistica, considerando anche la normale escursione delle sospensioni.
Alle catene si può rinunciare solo a patto di affrontare il viaggio direttamente con delle vere gomme da fuoristrada (del tipo Enduro Competizione) ma ciò a discapito delle velocità medie possibili su asfalto pulito e soprattutto dell’elevata usura che tali gomme accusano in queste condizioni.
-- Risoluzione di problemi che possano manifestarsi una volta in viaggio --
Non è possibile immaginare e descrivere la miriade di piccoli o grandi inconvenienti che potrebbero manifestarsi viaggiando con un mezzo meccanico complesso come una moto ma è talvolta possibile porvi rimedio se non manca una competenza tecnica di base, una certa manualità e sufficiente attrezzatura a disposizione.
Preparando una dotazione di ferri destinati ad equipaggiare una moto che si avventuri con climi così rigidi, quello che non può mancare è una buona coppia di cavetti da avviamento.
E’ preferibile realizzarsene una coppia utilizzando cavi di buona sezione, non inferiore a 10mmq, lunghi circa 2metri e mezzo ciascuno, ma utilizzando morsetti piccoli, “da moto”, per evitare un eccessivo ingombro una volta stivati.
Inutile dire che è importante siano di colore diverso tra loro, meglio se il classico rosso e nero.
Tubi morbidi e trasparenti per la benzina, di misura 6x9 e 7x12 lunghi almeno 1m possono tornare utili per risolvere svariate evenienze.
Qualche metro di cavetto elettrico da impianto, di vari colori, può risultare utile per “portare corrente” o verificare una massa in caso d’emergenza.
Irrinunciabili una chiave per candele che sia adatta alla vostra moto (controllarne la possibilità d’utilizzo: io ho dovuto costruirmene una dedicata!) ed una serie di candele di scorta.
Quest’ultima dotazione può tornare utile anche se si parte con delle candele nuovissime: un problema di avviamento o un malfunzionamento del motore possono “mandare a massa” una candela nuova in pochi secondi.
Pochi ferri ma buoni! Aprite la borsa dei ferri in dotazione e sostituiteli con tubi, cacciaviti e combinate di pari misura ma buona qualità: occuperanno più spazio ma non rischierete di rovinare bulloni o di farvi male nel momento in cui serviranno.
Ai ferri in dotazione aggiungerete una piccola giratubi o poligrip di buona qualità ed una tronchesina in grado di tranciare agevolmente sia un tubo della benzina che un cavo di trasmissione flessibile.
Infine, mai far mancare delle fascette a strappo, nastri di tutti i tipi (isolanti, telati, autoagglomeranti, ecc) e (non si sa mai) delle trasmissioni flessibili di ricambio (cavi gas e frizione, ove presenti, completi di morsetti, ecc.)
inoltre: moschettoni, molle, cinghie e corde supplementari per il bagaglio che possono rivelarsi utili anche durante il campeggio.
Da notare il nastro adesivo a bande nere e gialle: è stato applicato a tutti i bauletti delle Tinga-moto in modo da renderle più facilmente distinguibili sia marciando in colonna che da ferme.
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- Come abbiamo risolto alcuni problemi verificatisi in viaggio per l’Elefanten -
Una Honda VT600 Shadow customizzata non si è avviata normalmente, al momento di ripartire da Neufahrn, ma le è stata sufficiente una spinta di gruppo per riprendere la marcia.
La stessa manovra, potrebbe rivelarsi infruttuosa se applicata ad una moto a iniezione!
Ciò in quanto tale sistema di alimentazione è gestito da una logica elettronica che necessita di una tensione minima, circa 10,5V, per funzionare.
Pochi minuti dopo, una Yamaha XT600E, nella medesima condizione (durante la notte la temperatura è scesa di molto e tutte le moto hanno riposato all’aperto) ha rifiutato di avviarsi a causa di un’aspirazione d’aria dalla flangia d’aspirazione sinistra: probabilmente il freddo intenso della notte ha causato il definitivo distacco tra la base metallica della (vecchia) flangia e la sua parte in gomma.
I tentativi di avviamento che sono stati eseguiti prima di scoprire la causa, sono i seguenti:
- ponte elettrico (dopo aver scaricato la piccola batteria da 8Ah in ripetuti tentativi)
- “cicchetto” di benzina direttamente nel cassonetto di aspirazione (utilizzato un tubo benzina lungo circa 1m) e poi uno starter spray acquistato presso una stazione di servizio
- sostituzione della candela con una nuova e di gradazione termica più “calda” (facilita l’avviamento a freddo)
- spinta
Ma è stato tutto inutile, e durante l’ultimo tentativo si è scoperto perché: si è verificato un eloquente sbuffo di benzina nebulizzata, dal collettore incriminato e si è capito che non sarebbe stato possibile avviare il motore in quelle condizioni.
Allora si è provato a fare una sigillatura d’emergenza con della pasta bicomponente che mi ero portato dietro MA LA BASSA TEMPERATURA AMBIENTALE HA INIBITO IN PARTE LA REAZIONE CHIMICA che sarebbe dovuta avvenire tra i due componenti col risultato di ottenere solo una parziale sigillatura della zona.
Per non perdere altro tempo, la moto è stata lasciata presso un meccanico che, utilizzando un sigillante monocomponente applicato in un ambiente meno freddo ha ottenuto un’immediata tenuta ermetica del collettore e la moto è ripartita subito.
Nella foto, la massa grigia è quella formata dall’epossidico che ha funzionato solo parzialmente, le striature nere sono quelle che hanno sigillato definitivamente il collettore.
Una Honda 600 Hornet, dopo una notte sotto la neve, si è avviata prontamente ma a tre cilindri: l’acqua che gocciolava dalla neve sul serbatoio andava a bagnare la pipetta del primo cilindro di destra (il #4)
Ciò comportava sia una certa difficoltà di partenza da fermo sia quella di tenere il regime minimo, causando diversi spegnimenti del motore: dopo un po’, in una condizione estrema come quella di dover procedere a passo d’uomo sulla neve, ha comportato la definitiva resa della piccola batteria.
Il problema è stato risolto sul posto mediante i soliti cavetti ma è interessante notare che la moto appoggio, una indistruttibile Kawasaki KLE 500, non dava la possibilità di accesso diretto al polo positivo (e neanche a quello negativo) della batteria!
La soluzione è stata quella di prelevare la corrente dal relais d’avviamento, ben in vista sotto la fiancatina destra, al quale arriva un cavo di grossa sezione direttamente dal positivo della batteria: è stato sufficiente sfilare un po’ il componente dal suo alloggiamento e, sempre con le sole mani, togliere il cappuccio protettivo del terminale di fissaggio.
Il contatto del cavo negativo è stato assicurato ad una delle tante viti del motore.
In questa foto si vede il relais della KLE500 come appare nel suo alloggiamento una volta rimossa la fiancatine destra.
In quest’altra si nota come, una volta allontanatolo dalla sua sede, sia possibile rimuovere i cappucci protettivi dei contatti.
Quello da utilizzare per prelevare corrente è quello di destra che, come s’intuisce dalla foto, è direttamente collegato al polo positivo della batteria che s’intravede in alto a destra protetto dal suo cappuccio rosso.
Attenzione: Nella foto sopra riportata si notano scoperti entrambi i contatti del relais ma in realtà quello di sinistra non và assolutamente scoperto, durante l'operazione di prelievo di corrente!
Il rischio è quello di dare inavvertitamente corrente al motorino d'avviamento della moto donatrice!
Però, nel caso sia la moto ricevente a non offrire facile accesso al polo positivo della batteria, si può approfittarne per cedere corrente alla batteria attraverso lo stesso contatto del relais...
...e addirittura dare corrente DIRETTAMENTE al motorino bypassando il relais appoggiando SENZA FISSARLO il morsetto del positivo sul contatto di SINISTRA del relais!
Ciò torna utile quando è lo stesso relais a non funzionare.
Così facendo è possibile bypassarlo anche con la stessa corrente disponibile sulla moto in panne.
Ultima avvertenza:
Prima di procedere ad operare sui relais d'avviamento accertarsi sempre di come siano disposti i due contatti: uno collegato direttamente alla batteria (senza interposizione di nessun altro componente che non sia il suo cavetto)
l'altro collegato direttamente al motorino d'avviamento.
Nota: In tutte queste operazioni, il cavetto portatore del negativo può essere fissato in qualsiasi punto metallico (non sospeso da gommini) delle due moto.
Ricordatevi di questa possibilità quando i poli della batteria risultano difficilmente raggiungibili.
Una Yamaha XTZ 750 Superténéré recuperata all’ultimo momento per il viaggio, in sostituzione di un’altra moto, era per la verità un po’ mal messa e pasticciata, con una gomma anteriore oltre i limiti della sostituzione e altri piccoli problemini.
Uno di questi è stato, come ho immaginato e poi accertato, l’utilizzo di un’eccessiva quantità di olio, peraltro troppo denso, in uno solo degli steli della forcella (al quale era stato da poco sostituito un anello di tenuta)
Ciò rendeva la guida estremamente difficile nelle già difficili condizioni di viaggio.
Così per strada, un’operazione che ha dato il suo risultato, è stata quella di drenare un centinaio di cc dallo stelo incriminato ripristinando in parte la funzionalità della sospensione.
La moto in questione dispone di forcelle tradizionali, munite di viti di spurgo poste nella parte più bassa dei foderi.
Per concludere, una riparazione veramente d’emergenza ideata, in mancanza di altri componenti, per fissare la visiera di un casco.
L'applicazione ricorda un pò la creatura del Dott. Frankenstein, ma è da notare che il sistema utilizzato permette anche la normale apertura della visiera.
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Per alcune delle foto utilizzate si ringraziano Diecianove e Mandrake