Perdonate il mio ardire, ma mi sono messo in testa di cimentarmi, qualcun altro lo avrà forse già fatto, nel descrivere i pregi ed i difetti della mia MV Agusta 350 BE GT.
Per far questo, però, devo andare indietro nel tempo e riportarmi agli anni 70/80. Devo dimenticare tutta la tecnologia, l'elettronica e le elevatissime prestazioni delle attuali moto moderne. Sono ritornato, nel tempo, all'agosto del 1978, anno di acquisto della tanto agognata MV. Il futuro non esiste, la tecnologia della meccanica si è fermata ad oggi, domani non esiste, non so minimamente a quale livello arriveranno le moto future.
Il significato della sigla, innanzitutto, molti me lo chiedono, ma gli esperti sapranno già che MV è l'acronimo di Meccanica Verghera, 350 è la cilindrata, ovviamente, BE sta per Bicilindrica Elettronica (per via dell'accensione, elettronica, appunto) e GT, facile, sta per Gran Turismo.
Allora, incominciamo, ho davanti a me la moto e quello che mi colpisce fin da subito è il complesso dell'insieme molto robusto e compatto, la linea molto elegante, armoniosa ed anche filante, il colore del telaio nero, il contrasto affascinante dei colori metallizzati celeste/oro del serbatoio, separati da un leggero rigo bianco creato a mano, le cromature a specchio dei due parafanghi, la bella scritta della Casa Costruttrice in rilievo sui due lati del serbatoio, in sostituzione dei soliti adesivi piatti. Non a caso il disegno di questa moto è stato affidato alla mano sapiente ed esperta di Giugiaro.
Accattivanti le chiusure laterali del vano porta-oggetti, ospitante anche la batteria, formate da tante alette orizzontali in piena sintonia ed armonia con le alette dei cilindri.
Belli i due paracolpi cromati anteriori, stile Harley e le due trombe che fungono da clacson con una tonalità piena e squillante da pullman di linea.
La strumentazione di bordo non è particolarmente ricca, ma essenziale: un bel contachilometri circolare (fondoscala 190 Km/h), affiancato da un altrettanto circolare contagiri (fondoscala 12.000 giri) con in bell'evidenza su ambedue il prestigioso logo MV.
Sulla piastra centrale nera che serra il manubrio, è alloggiato il nottolino della chiave di contatto, circondata da quattro spie luminose: rossa per il contatto, gialla per la posizione di folle, verde per l'impianto luci sotto tensione ed azzurra per l'abbagliante. Noto però l'assenza, tra gli interruttori, di un pulsante lampeggiatore, poco male, perché in seguito mi sono divertito a sopperire a questa mancanza, inserendo nel circuito elettrico un relais comandato da un pulsante aggiunto per il lampeggio, aggiungendo anche due fari cromati fendi-nebbia anteriori, nonché un armonioso cupolino.
E' ora di mettere in moto. Giro la chiavetta e si avverte il "click" dello scatto di un relais che comanda l'apertura automatica del rubinetto della benzina, ma a questo punto devo annotare il primo difetto: assenza, benché molte altre marche ne dispongano già, dell'avviamento elettrico. Devo ricorrere ed aggrapparmi alla solita, famigerata, traditrice pedivella meccanica della messa in moto, ma la delusione dura poco perché il motore si mette in funzione al primo affondo, senza il minimo sussulto, grazie anche ai due cilindri che ammorbidiscono la compressione, evitando così pericolosi e deleteri contraccolpi.
Delizia: un rombo cupo, pieno, corposo, sonoro e ruggente, musica per le mie orecchie che prediligono il rumore della "ferraglia" in movimento e non il sibilo di una sirena monocorde, senza anima, delle consorelle giapponesi.
Osservo, prima di partire, i vari comandi. Le leve della frizione e del freno anteriore sono ampie, robuste e di facile presa, così come la manopola dell'acceleratore che presenta nella parte inferiore una lunga scalinatura o protuberanza antiscivolo in gomma.
Il cambio è a cinque rapporti, la prima marcia in alto, le altre in basso, la monoleva di comando a destra, la leva del freno posteriore a sinistra, posizioni invertite rispetto a tante altre moto, ma è quella che io preferisco, quindi per me non è un difetto.
Ma ora basta con le chiacchiere, è il momento di partire.
Ottima l'accelerazione, fornita dalla disponibilità di 34 CV, non male per una 350. Le marce sono ben rapportate, anche se io avrei preferito una prima leggermente più lunga. La posizione di guida è quella tipica di queste moto, molto comoda, rilassante e rassicurante, con una sella lunga, ampia, morbida e ben molleggiata. La presa e la posizione delle braccia sull'ampio manubrio danno sicurezza e comodità eccezionali.
Il motore, bicilindrico, è potente quanto basta e nel contempo è anche molto elastico che permette un'andatura turistica rilassante, ma volendo si può azzardare anche una guida più sportiva, la moto piega bene in curva, non stringe, non allarga, non derapa, segue la strada docilmente come se fosse su un binario, grazie alla buona ciclistica ed al suo baricentro molto basso e, inoltre, anch'io contribuisco al buon assetto della moto con i miei soli 166 cm. di altezza per 60 Kg di peso.
Quando decido di percorrere un tratto di autostrada, arriva puntuale il secondo difetto. Mantenendo una velocità costante di crociera, si avvertono troppo le vibrazioni, trasmesse dal motore al telaio, attraverso le gambe e le braccia. Questo si avverte meno con velocità alterne, non costanti, sul misto per esempio, forse perché il motore, non girando in modo costante e regolare, non ha il tempo di trasmettere le vibrazioni al telaio. A mio parere, il progettista avrebbe dovuto rinforzare i gommini di ancoraggio del motore al telaio o comunque studiare un ancoraggio diverso, ma forse non amava tanto l'autostrada, sicchè, nel suo progetto, non ha tenuto conto di questa eventualità.
La molleggiatura del mezzo è ottima, ben assistita dalla generosa forcella telescopica idraulica anteriore e dai due ammortizzatori posteriori Ceriani.
Ottima anche la frenata, grazie ai due dischi anteriori ed al doppio circuito frenante, la prima moto in assoluto ad adottare questo sistema di frenata. La moto "affonda" bene sul davanti, la gomma fa ottima presa sull'asfalto, non blocca, non inchioda e non slitta, la moto sembra voglia inchinarsi docilmente ai miei comandi. Che abbiano già inventato l'ABS? Altra storia, invece, per il freno posteriore, essendo a tamburo, non permette una frenata docile e costante, perché la ruota tende a bloccarsi e quindi slittare, con brutte conseguenze di derapate se la moto non è in posizione più che dritta e perpendicolare al suolo. Quindi, in frenata, ho imparato a fare molta pressione sulla leva del freno anteriore e dare leggeri colpetti al freno posteriore, senza una pressione a fondo o costante, tanto per accompagnare la frenata, che risulta così essere più efficace e meno pericolosa.
Non mi soffermo ad esprimere giudizi sulle gomme, perché oggi (ricordate? Siamo nel 1978), sono tutte pressoché uguali, stesse sezioni, stessi disegni : rigate all'anteriore e tallonate al posteriore. Poi, fra qualche decennio, ne riparleremo, quando avranno inventato i magnifici gommoni senza spalla laterale.
Tra una riflessione e l'altra, arrivo quasi senza neanche accorgermene ad un semaforo rosso. Freno, mi fermo e cerco di innestare la folle, dico cerco, perché non entra. Ecco un altro difetto. Una volta fermi, a motore acceso, è impossibile mettere il motore in posizione neutra, sono costretto a restare con la marcia inserita e la frizione tirata. Appoggio il piede sinistro a terra, faccio oscillare leggermente la moto in avanti ed indietro per far ruotare il pignone, mentre col piede destro manovro disperatamente sulla leva del cambio nella speranza di ottenere un risultato. Niente da fare. Dalla prima passo alla seconda, saltando la folle, riprovo, ripasso in prima, la folle, che è in mezzo, sembra non esistere. Forse la colpa è da imputarsi alla frizione a dischi multipli a bagno d'olio, se fosse stata a secco, chissà?! Intanto, tra una manovra e l'altra, il motore si spegne. Quanto desidererei, in questo momento, avere l'accensione elettrica! Comunque, questa volta, a motore spento, la folle entra senza difficoltà.
Cambio appoggio, piede destro a terra e piede sinistro che spinge sulla pedivella, operazione difficoltosa, dato che io non ho molta dimestichezza con la gamba sinistra e quindi non riesco a fare abbastanza pressione sulla pedivella. Unica soluzione: scendo, metto la moto sul cavalletto e spingo col piede destro sulla pedivella: come sempre, per fortuna, il motore parte al primo affondo. Scavallo la moto, innesto la prima e riparto. Un'operazione troppo complicata da mettere in atto ad ogni arresto, quindi, strada facendo, studio un espediente.
All'approssimarsi del successivo semaforo rosso, infatti, rallento, scalo le marce, vado in prima, e risalgo leggermente con la punta del piede verso la seconda, in mezzo c'è la folle che si innesta senza difficoltà, la spia gialla accesa sul cruscotto del resto me lo conferma, arrivo di conserva al semaforo e questa volta, finalmente, sono fermo col motore acceso ed in posizione neutra, ma non sempre la manovra riesce, bisogna avere una buona esperienza in merito ed io, col tempo, sono riuscito ad acquisirla.
Per terminare, la Casa Costruttrice dichiara una velocità massima di oltre 170 Km/h, forse una valutazione troppo ottimistica, io non ho osato tanto, ma l'ho spinta senza sforzo fino ai 160 Km/h (da contachilometri), poi ho mollato lì per non subire conseguenze pericolose, perché la moto si era alleggerita troppo sul davanti, nonostante avessi assunto una posizione accucciata sul serbatoio, di più non potevo fare. Forse se avessi insistito... Mah! Poco importa.
Devo annotare un ulteriore, ultimo difetto: il prezzo pari a 1.050.000 lire, tra l'altro scontato (mio Padre aveva una Concessionaria MV), contro le 950.000 lire dell'equiparata Honda 350 Four. Ma forse nel prezzo era compreso anche il prestigioso marchio, anzi, senza forse.
Beh! A questo punto la mia prova è terminata, ritorniamo al maggio del 2011 ed ora vi chiedo: la comprereste oggi una moto così? Certamente, no! Ma tra tutte le moto d'Epoca di quegli anni, la MV Agusta 350 GT è senza ombra di dubbio la più... moderna!
Ecco la moto descritta.


Per gli amanti delle caratteristiche tecniche generali, eccole.

