Premetto che non condivido l'accorpamento in questo topic perchè secondo me la questione sollevata va ben al di là dell'argomento trattato qui (anche perchè, quando ho finito d scrivere, mi sono trovato pure senza topic in cui rispondere...
) comunque...
Non condivido la rudezza di certe risposte che sono state date anche se ne capisco il significato e ne posso condividere il succo.
Detto questo...
Secondo me parti da un presupposto sbagliato. Il primo vero passo per "l'inclusione" nel gruppo dei motociclisti è soltanto possedere una moto (un po' banale, eh?). Ora, non voglio che sembri un ragionamento discriminatorio sulle "classi" dei mezzi a due ruote ma, se guardiamo all'etimologia ed al significato (anche tecnico) della parola motocicletta (e delle sue implicite ed esplicite derivazioni) appare ovvio che è imparagonabile alle parole scooter, motorino, ciclomotore perchè parliamo di mezzi meccanici diversi, destinati ad usi diversi ed utilizzati (quasi sempre) da utenti diversi. Consideralo ad esempio alla stessa stregua della differenziazione (se così vogliamo chiamarla) tra automobilisti e camperisti; l'unica cosa che li accomuna è il fatto di avere quattro ruote distribuite su due assi e nulla più (mezzi diversi, esigenze diverse). Ciò che accomuna motociclisti e scooteristi sono due ruote (spinte da un motore) su due assi e basta.
Dunque, dicevo, il primo passo è possedere una moto, ma ciò di certo non basta. Non basta perchè si può anche possedere una moto e non essere affatto un motociclista, non nell'accezione più profonda del concetto perchè in questo caso il mezzo non rappresenta altro che, appunto, un mezzo (di trasporto) e basta il cui utilizzo è puramente utilitaristico (per la mobilità, per svincolarsi dalla morsa del traffico automobilistico delle città, ad esempio).
Essere motociclista è tutt'altro: è qualcosa che viene da dentro, uno status mentale, è una scelta di vita, è una passione.
E la passione è un sentimento passivo, la sua etimologia è nel termine latino
patior, che significa soffrire, in questo sta la spiegazione; è più forte di ciascuno di noi, è il bisogno della presenza di qualcosa (la moto nel nostro caso) che diventa talmente forte da trasformarsi in mancanza, ciò perchè la sensazione che anima questo sentimento è il pensare di non conoscere e/o non avere mai abbastanza l'oggetto dei nostri desideri (indovina quale?) e ci attrae inevitabilmente verso di esso (o essa?).
La passione è qualcosa che si subisce e che tende a sopraffare, è qualcosa di viscerale che difficilmente trova una spiegazione razionale, e per quanto possa essere razionalizzata è impossibile sfuggirle. La passione è amore.
Questo, secondo il mio modo di vedere, è ciò che differenzia un motociclista da un "non motociclista".
Certo accade che nel "vuoto" tra queste due condizioni estreme si pongano tutta una serie di condizioni intermedie, legate, ciascuna, al personalissimo modo di vivere e concepire il mezzo meccanico e il mondo che ruota attorno ad esso perchè ciascun individuo è unico e uguale solo a se stesso ma si tratta di condizioni transitorie che inevitabilmente con il tempo e l'esperienza (o la non esperienza) conducono verso uno status o verso il suo opposto e a volte (ma non sempre, non è una regola) il passaggio attraverso il possesso di uno scooter rappresenta il passo ininziale in questo cammino.
Venendo al punto, non ti senti (o non ti senti ancora) motociclista perchè non possedendo (ancora) una moto non vieni salutato o il tuo gesto di saluto non viene ricambiato? E non ti senti inserito in una tribù o famiglia o fratellanza o come preferisci definirla? Beh, hai solo bisogno di tempo per comprendere che non è quello a fare un motociclista. Un motociclista è, come dicevo, una persona animata per prima cosa dalla passione, dall'amore per il suo mezzo meccanico ma soprattutto da sentimenti di rispetto, di altruismo e di benevolenza nei confronti di chi è accomunato dalla medesima passione. Essere motociclisti non comporta affatto l'appartenere necessariamente (o il voler appartenere a tutti i costi) ad un gruppo, il mondo è pieno di signori (leggi:veri) motociclisti che hanno fatto del vivere la moto in solitaria una vera filosofia di vita (come ho ho fatto io, mi si passi la piccola presunzione, nei primi 28 anni della mia "carriera") e non per questo sono da meno di coloro i quali "si muovono" in gruppi (che siano pistaioli accaniti o mototuristi o fuoristradisti o altro).
Il saluto (che sia la V o un altro cenno della mano, della testa, o il piede tirato fuori, o il lampeggio con i fari) è solo uno degli elementi che fanno parte del modo dei motociclisti. Non ne è il cardine tantomeno la ragion d'essere.
Certo si tratta di un segno distintivo ma, e lo ribadisco, non fa il motociclista. E' più un qualcosa che tende, nell'immaginario collettivo, a far aumentare il senso di comunanza ma non rappresenta affatto l'elemento di aggregazione principale e ormai sta perdendo anche un po' di significato. Ciò accade perchè è aumentato esponenzialmente il numero di individui che accedono al mondo della moto, spesso per motivi diversi e non necessariamente passionali, che non conoscono o non sanno apprezzare la qualità delle piccole cose (che invece gratificano i motociclisti) e che sono invece distratti/distolti dal fine ultimo dell'andare in moto perchè sono tutti intenti a sfidare se stessi e gli altri in ipotetiche (ed inutili) gare e non si curano di ciò che hanno intorno (come se il mezzo meccanico desse loro un senso di maggior potenza, importanza o superiore gerarchia sociale). Niente di più sbagliato. I veri motociclisti non gareggiano, magari si sfidano (ma in altri modi e situazioni...) ed hanno altro da fare.
E il saluto sta perdendo di efficacia e di valore perchè a volte è difficile percorrere le strade che si ama percorrere staccando di continuo la mano dal manubrio proprio perchè il numero di utenti è aumentato a dismisura (e, mi sia concesso, questo non è un bene... ma questo è un altro discorso) e si cerca anche di non distrarsi troppo dalla guida. Diventa così una questione d'abitudine; e, ti sarà capitato di notarlo, in città praticamente nessuno si saluta.
Tornando al nocciolo della questione, saluto... appartenenza... per come la vedo io per prima cosa dovresti (devi) capire se veramente questo mondo ti attira realmente (già pensare ai 18 anni ed all'auto fa riflettere...) al di là delle cromature o dei colori, dei materiali o dei metalli, dei frastuoni o dei suoni più sommessi; capire se e quale parte di esso stimola (strada, off-road o altro) se ti attira magari percorrere moltissimi chilometri, stare in sella per ore, fermarti con le membra stanche e col corpo a pezzi; capire soprattutto che la moto oltre ad essere un piacere (del tutto personale, perchè si va in moto per se stessi e non per compiacere o piacere agli altri) è comunque sacrificio, quasi sempre ripagato ma sacrificio (in termini di tempo, di denaro, di rinunce).
Fatto questo saprai se ti senti (già) un motociclista (o futuro tale), il resto, saluto compreso, viene (verrà) da se.
Ti auguro tanta buona strada.