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Quindi, se la ratio esige la distinzione kelseniana tra l’istanza morale dall’esercizio del diritto, è pur vero che le sue origini provengono dagli ideali illuministi e dal pensiero settecentesco.
Premetto che con questa frase parli parecchio al di sopra della mia testa - ne capisco il senso generale ma non i riferimenti. Sono solo un povero diplomato in elettronica io
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Lo sforzo che mi pare di cogliere nel tuo post, di mantenere distaccato il giudizio sulle pene e – aggiungo forse indebitamente - sul loro dover essere proporzionate alla gravità del reato,
E' esattamente questo - parto da due presupposti: la certezza della pena e la sua proporzionalità. Questi sono due concetti basilari per la giustizia intesa come oggi è intesa.
Dati questi presupposti, discuto la pena di morte in quanto tale, ovvero la privazione della vita come mezzo punitivo. Non puo' essere educativo, evidentemente, come non lo è l'ergastolo, in quanto l'educazione implica una successiva applicazione di quanto imparato...
Io ho le mie idee sulla proporzionalità, che probabilmente non sono comuni: per me, la violenza sessuale, il sequestro, le sevizie, sono reati peggiori dell'omicidio. L'omicidio è un evento unico, limitato nel tempo - la tortura e la violenza lasciano cicatrici che una vittima paga per tutta la vita. E' una condanna all'ergastolo, quando non è una condanna a morte.
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e mantenere distinto il reato dal peccato è, secondo me, del tutto omogeneo allo spirito che informa proprio lo Stato di diritto.
Sono d'accordo.
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In questo senso, la difesa della vita e della dignità della persona non nasce in quanto questi valori siano ritenuti sacri, ma perché condizione necessaria a quella convivenza pacifica, cioè volta ad attenuare i conflitti e la violenza da essi derivante, senza cui sarebbe difficile, per non dire impossibile, sopravvivere. La difesa della vita ha motivi razionali e non è scindibile dalla difesa della volontà e della dignità.
Non lo so. Forse proprio per le mie convinzioni poco comuni (tra cui il fatto che la privazione della vita sia meglio della privazione della libertà), mi portano a discutere in maniera diversa. Come detto, non sono favorevole in principio alla pena di morte e ne rifiuto il valore vendicativo.
Ciò nonostante mi chiedo cosa porti le persone a rifiutare come inaccettabile la pena di morte, e ad accettare condanne (prendo esempio dal topic) ai lavori forzati perenni, sopratutto quelli inutili, che sono una umiliazione continua.
Prenderò un esempio un po' crudo. Cosa è più terribile dei campi di sterminio nazisti? La barbara uccisione delle persone o le condizioni di vita in cui venivano tenute, ammassati come animali, costretti a lavorare, in pericolo di vita continuo?
Quello che aghiaccia e spaventa me è la disumanizzazione - la negazione dell'umanità, costruita proprio sull'istinto di sopravvivenza. Se vuoi vivere, lavora, mangia schifezze, china il capo, umiliati, soffri.
Mi fa più paura la disumanizzazione della morte.
Io, per me stesso, sceglierei probabilmente la morte piuttosto di una vita passata in una cella.
Cosa rende i lavori forzati, o l'ergastolo, più accettabili della pena di morte? Mi chiedo semplicemente quante delle persone che oggi fanno festa per l'abolizione ci hanno pensato veramente, con attenzione.
Citazione:
i sentimenti dei parenti delle vittime, ancorché degni del massimo rispetto, non mi persuadono: riconducono all’identità tra la giustizia e vendetta, e allo Stato come mediatore di faide e latore di questa vendetta.
Concordo.
Citazione:
Ma qui ragioniamo sul potere che lo Stato deve o non deve avere di dare la morte a un individuo, di uccidere in nome della legge, ovvero di passare in modo totale e irreversibile sopra l’inviolabilità della persona e della sua volontà, sia pure nel comminare una pena intesa come forma di difesa. Quindi occorre sostenere la giustezza e l’efficacia di questa pena con argomenti almeno persuasivi.
Non condivido la questione riguardo l'inviolabilità della persona e della sua volontà. Qual'è l'inviolabilità di un condannato ergastolano? LA sua volontà non è stata ignorata?
Se la questione dell'uccisione è etica, ovvero "uccidere è sbagliato" - e vi faccio presente che questa regola è stata creata dall'uomo e non è mai stata universale in tutta la storia umana, anzi - allora rimaniamo nel campo delle opinioni personali: io giustifico l'omicidio in certi casi, anche quando non giustifico in alcun modo e in alcun senso altri reati.
E anche altri lo fanno, anche se sospetto non con la stessa razionalità, basta guardare i milioni di topic dove si chiede morte devastazione e urla di dolore a chi sgarra...
Quello che io contesto è l'universalità del principio di inviolabilità della vita non è universale.
Cattivone ha scritto:
Penso anche alla paura delle vittime, mai non sono un'assassino e non voglio diventralo, se amamzzo caino sono come lui.
Tu ti consideri migliore di un assassino, e giudichi il reo e non il reato. E' una tua scelta, ma comprendila. Io non mi pongo al di sopra di un assassino - sono già come lui. Solo che lui ha compiuto scelte discutibili che io non ho compiuto.