Per comprendere la dinamica, durante la percorrenza di un tratto di strada in discesa da parte di un veicolo equipaggiato con frizione automatica bisogna prima evidenziare due concetti:
- il freno motore
- la frizione automatica centrifuga
Il concetto di "freno motore"
In meccanica, il vero freno motore è un
dispositivo applicato sugli scarichi dei grossi Diesel da autotrazione
per aumentarne la resistenza passiva durante le
fasi di decelerazione.
Cosa che torna molto utile per alleggerire il carico di lavoro svolto
dai freni, già enormemente sollecitati in un autotreno.
Dall'effetto ottenuto artificiosamente con questo dispositivo si
è volgarizzato l'utilizzo della sua definizione per
identificare la resistenza passiva "naturale" che un motore offre
sempre in fase di decelerazione.
Questa resistenza è per lo più proporzionale al
Rapporto di Compressione e ad altri fattori e sappiamo tutti di come
caratterizzi il ciclo a 2 tempi in misura minore rispetto al 4 tempi in
genere.
Il lavoro svolto dal motore, in condizioni di resistenza
passiva, comporta la richiesta di una carburazione meno ricca di
carburante.
Ciò anche perché a parità di
carburazione fornita, un motore che gira senza carico ovvero senza
resistenza come ad esempio in discesa "arricchisce" spontaneamente la
sua carburazione.
E se questo fenomeno è automaticamente compensato dai
criteri operativi (cut-off) dei più moderni impianti a
iniezione, è ancora influente nei motori alimentati a
carburatori.
Andamento del rapporto spinta/resistenza tra la spinta fornita dal
motore e la resistenza offerta dal veicolo in movimento in funzione di
apertura e chiusura del gas:
All’aumentare della velocità, presupponendo una
richiesta di potenza fissa al motore (ad esempio: acceleratore sempre
in piena apertura) nel tratto verde della curva
abbiamo un’accelerazione che varia in funzione della curva di potenza
erogata dal motore e dalle modalità di allungamento del
rapporto offerte dal variatore.
Nel momento in cui la resistenza all’avanzamento sarà
cresciuta al punto di equiparare la potenza fornita dal motore alla
ruota motrice, l’accelerazione cesserà ed il veicolo
precederà a velocità costante
(velocità massima)
Il tratto rosso del grafico rappresenta una
condizione di freno motore, ovvero una condizione in cui è
il motore ad offrire una resistenza all’avanzamento in presenza di una
coppia resistente negativa, ovvero che diventa motrice.
Questa situazione si verifica ad ogni chiusura di gas (fase di
rilascio) nella quale l’inerzia del veicolo trascina il motore ad un
numero di giri superiore al quale lo stesso girerebbe se fosse a folle
(regime minimo)
La resistenza offerta dal motore è appunto il cosiddetto freno
motore e la zona d’inversione del valore di spinta
è da considerare pressoché istantaneo.
Nel caso di un veicolo con frizione automatica questa fase,
col diminuire della velocità, sarà bruscamente
interrotta, quasi istantaneamente, dal disinnesto della frizione
La frizione automatica centrifuga
Tra le frizioni ad azionamento automatico, quella a funzionamento centrifugo
è quella più diffusa per motivi legati alla
semplicità operativa del sistema, per quanto si tratti di
una soluzione non esente da limiti.
Le frizioni centrifughe possono essere sia a bagno d'olio e che a secco.
E, per quanto la frizione a bagno d'olio sia concettualmente superiore
quanto a progressione d'innesto, durata delle masse d'attrito e
sopratutto raffreddamento, dopo un periodo iniziale di massima
diffusione sui ciclomotori mono e bi-marcia è stata quasi
del tutto abbandonata a favore di quella a secco che comporta l'unico
vantaggio di essere più facilmente accoppiabile ad un
sistema di variazione continua del rapporto.
Anche perché la stessa variabilità del rapporto
supplisce in parte alla minore progressività d'intervento
della frizione a secco.
Non dimentichiamoci che in un vecchio ciclomotore monomarcia la
frizione permetteva di partire da fermo ed in leggera salita con
l'unico rapporto disponibile, capace di portare il veicolo a superare
gli 80Km/h: un rapporto praticamente pari alla 4a marcia di un attuale
cinquantino sportivo!
Il funzionamento di una frizione centrifuga è semplicissimo:
su di un piatto, portato direttamente in rotazione dal motore, sono
imperniate simmetricamente due o tre masse d'attrito
che, con l'aumentare dei giri, tendono ad allontanarsi dal fulcro di
rotazione del sistema fino a toccare su di una campana collegata alla
trasmissione.
Il loro movimento centrifugo è contrastato da altrettante mollette
di ritegno, che assolvono diverse funzioni:
- determinano il numero di giri al quale le masse cominciano ad allontanarsi dalla loro sede a riposo.
- influenzano, assieme alle caratteristiche delle masse d'attrito, la progressività d'intervento della frizione.
- richiamano in sede le masse, quando la forza motrice viene meno, fino al completo disinnesto della frizione.
Quest'ultima funzione determina una fase di "folle" che
caratterizza il funzionamento di uno scooter in rilascio, sul
quale non è praticamente possibile (se non in minima parte)
sfruttare l'effetto di freno motore, con aggravio di lavoro per i
freni, soprattutto nei tratti in discesa.
Il lavoro dei freni è ulteriormente aggravato dal fatto che
il variatore, col diminuire della resistenza opposta al moto, allunga
sempre più il rapporto.
Grafico d'intervento della frizione sulla campana (trasmissione finale)
in funzione dei giri del motore (giri frizione):
La zona "D" del grafico è quella di "folle" ovvero disconnessione della frizione: in questa fase i giri del motore e della frizione aumentano senza nessuna trasmissione di moto.
a parità di caratteristiche geometriche e costruttive del gruppo frizione, l'utilizzo di masse frizione più leggere e mollette più caricate non fanno altro che allungare questa zona di NON INTERVENTO della frizione.
La zona "P" è la fase di progressivo innesto della frizione sulla campana.
L'innesto non segue una legge lineare come riportata per semplicità di disegno ma è caratterizzata da un iniziale strisciamento delle masse d'attrito sulla campana fino al progressivo completo ingranamento delle superfici, avvenuto il quale la campana comincia a compiere gli stessi giri esatti della girante frizione.
L'andamento di questo tratto del grafico, e quindi della progressione d'innesto, è influenzato per lo più dalle caratteristiche del materiale d'attrito utilizzato e anche del materiale della campana, dalle loro caratteristiche geometriche, dal loro stato di usura, da eventuali shock termici subiti che possano aver modificato le loro caratteristiche e, infine, dal modulo elastico delle mollette di ritegno che, in maggior misura se molto caricate, possono prolungare la fase d'innesto con effetti sia positivi che negativi per le accelerazioni.
La zona "I" rappresenta quella di completo innesto tra frizione e campana e segue una legge perfettamente proporzionale: le variazioni di regime di giri di frizione e campana sono strettamente legate.
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Le considerazioni fin qui esposte portano ad intuire cosa succede quando si percorre un tratto in discesa (ma non solo) a velocità progressivamente più alte:
- 1a fase) Accelerazione:
in questa fase il veicolo, partendo da fermo, incontra una minor resistenza all'avanzamento favorita dal percorso in discesa, per cui la stessa accelerazione sarà facilitata da questa condizione.
Però, trovandoci a che fare con un sistema di variazione di rapporto totalmente automatico, è possibile che il peso delle masse centrifughe del variatore (i cosiddetti rulli) se pur perfettamente calibrato per un percorso pianeggiante, si riveli essere insufficiente per allungare il rapporto in discesa così velocemente da riscontrare un effettivo vantaggio in accelerazione!
Con una moto si può sempre cambiare marcia prima ma con uno scooter automatico decidono i rulli!
In questa condizione, come abbiamo visto, i carburatori tendono a fornire una miscela eccessivamente ricca di benzina, cosa che se può rivelarsi ininfluente o quasi ai fini dell'accelerazione, può influire negativamente sulla velocità massima raggiungibile costituendo un "muro" di giri invalicabile posto più in basso che in una situazione di strada pianeggiante, col risultato di una diminuzione di velocità massima in discesa.
Questo però succede di rado perché difficilmente un motore risulta carburato in maniera così precisa per la strada pianeggiante da risultare "grasso" in discesa.
…Ad ogni modo, se ci si mette in testa di ottenere la massima velocità in discesa, in alcuni casi si potrebbe ottenere qualche giro in più dal motore montando un getto di massima più piccolo.
Per gli stessi motivi sopraesposti è possibile riscontrare una limitazione della velocità massima in discesa al diminuire della temperatura ambientale all'aumentare dell'altitudine alla quale è effettuato il test (vedi articolo sulla carburazione)
- 2a fase) Stallo:
si verifica nel momento in cui la resistenza all’avanzamento cresce fino ad equiparare la potenza fornita.
Da questo momento in poi, il veicolo procede a velocità costante (velocità massima)
- 3a fase) Decelerazione: in questa fase
la richiesta di potenza da parte del pilota diventa inferiore
all’inerzia accumulata dal veicolo.
Su strada pianeggiante, e con veicolo equipaggiato con una normale frizione a disinnesto manuale (moto, auto) la decelerazione “naturale” (a gas chiuso e senza uso dei freni) sarà progressiva fino al punto di equilibrio in cui la velocità sarà diminuita al punto da poter essere sostenuta dal regime minimo del motore (ammesso che il motore sia abbastanza ricco di coppia al minimo da tenere in marcia il veicolo!).
Mentre, con le frizioni automatiche la chiusura del gas sfrutta solo per un breve istante la condizione di freno motore, causando quasi istantaneamente il disinnesto della frizione centrifuga.
Ciò comporta una brevissima fase di freno motore, dopo la quale il veicolo procederà in completa folle fino alla sua definitiva fermata.
In discesa, con la frizione manuale avremo un rallentamento fino alla condizione di equilibrio con la spinta offerta dal motore al minimo mentre con la frizione automatica avverrà la stessa breve fase di freno motore che su strada pianeggiante, con la differenza che il veicolo non si fermerà ma assesterà la sua velocità fino a quella di naturale “caduta” del veicolo a folle per la discesa! Velocità che, ad aperture parziali del gas ed in presenza di discese molto ripide, potrebbe addirittura essere superiore a quella realizzata con la frizione innestata!
Questo aspetto, come effetto secondario, comporta un parziale
recupero in termini di consumo da parte di uno scooter automatico
rispetto ad una moto.
Infatti, pur avendo un rendimento della trasmissione di molto inferiore
a quello di una moto, uno scooter automatico può contare su
tutte quelle fasi di folle, a seguito di altrettanti rilasci del gas,
che su di una moto non si verificano praticamente mai a meno che la
posizione di folle non venga volutamente selezionata o si proceda a
frizione disinnestata.
C’è però da dire che, in presenza di
alimentazioni ad iniezione questo vantaggio si annulla per via dei
dispositivi cut-off che tagliano l’alimentazione in rilascio.
Ma, a maggior ragione, rimane a favore dello scooter una migliore
scorrevolezza data dall’assenza di freno motore (mentre nelle moto a
iniezione il freno motore è ancor più
pronunciato).
Questa scorrevolezza può risultare eccessiva ed imbarazzante
per chi guida uno scooter automatico provenendo da una moto, sulla
quale si può essere abituati a sfruttare il marcato freno
motore per impostare una traiettoria.
Ma, allo stesso tempo, consente a chi proviene dagli scooter di non
basare l’impostazione della traiettoria attendendosi un effetto di
freno motore ma imparare ad impostare una curva più o meno
come si era costretti a fare con le rimpiante moto a 2tempi che,
soprattutto per questo, rappresentavano una grande scuola di guida per
la velocità, specialità nella quale un marcato
effetto di freno motore può rappresentare più un
disturbo che un supporto di guida.