15101525
Inviato: 25 Ago 2014 12:17
Oggetto: Sensi di Viaggio. Agosto 2014, ritratti in moto.
Sensi di Viaggio
Domenica 24 Agosto 2014
Ne ho bisogno prima. Prima che tutto riprenda la normalità. La routine quotidiana. Prima dell’arrivo dei miei due figli a casa e la loro energica presenza. Prima del tempo del lavoro e della sveglia puntata, non per girare in moto, e prepararsi per tempo.
Ne ho bisogno ora. Di scrivere. Non i luoghi, le strade, i posti, le montagne dalla Francia al Nord Italia.
Mio caro lettore, non scriverò di 15 giorni dedicati a me e alla mia moto, una moto semplice. Forse un po’ come me. Non scriverò di date, di ore, di chilometri, di costi benzina o tratti di autostrada o alberghi. Non scriverò di itinerari da seguire, o consigliare. Di tutta questa roba tecnica, così lontana da me, non ne scriverò.
Caro lettore, scriverò dei miei Sensi, persi, dentro piccole e Grandi ore di viaggio.
Come l’acquerello a Briancon, che ti fermi e ti siedi su una panchina e ti incanti ad incorniciare dentro un foglio quei due campanili e la gente che passa ti guarda stranita. Fa caldo e hai tolto la giacca e l’hai appoggiata accanto al casco. Nello zaino i guanti e hai appena degustato un dolce alla crema che fa sciogliere le papille gustative.
Come la strada che non hai mai percorso e sei felice perché vedi ciò che tu non ancora sapevi e gli altri sì, sapevano già tutto poiché da lì ci sono passati mille e mille volte.
Come quando ti scappa la pipì, e non si vede l’ombra di un bar, ma solo montagne e montagne. Allora ti fermi, perché se no soffri, e al volo, sul ciglio della strada lasci la moto, che non passa nessuno e sei abbastanza da sola e fra due cespugli fai pipì. E scongiuri non passi nessuno. E invece passa il mondo. E sei imbarazzata, ma lo sai…. i motociclisti capiscono….
Come quando hai fame e vuoi mangiare, ma prima vuoi arrivare e allora quando arrivi e vedi quel Mac Donald’s così straniero ti fermi proprio volentieri, e ci sono altri motociclisti. E poi ti siedi all’ombra e prendi la cartina che fra un sorso di cocacola e un morso al panino fai il punto della situazione.
Come quando fa freddo, e sali su, e fa sempre più freddo. Ma poi arrivi, in cima. E sei felice. Lasci ferma la moto. Altri motociclisti sono con te. Tutti lì. E scali ancora poco a piedi per vedere meglio. Per inebriarti gli occhi e scolpire quel Cielo e quelle vette dentro la tua mente. Per ricordare. Sempre. E magari scatti una foto alla pietra disegnata di blu che indica i nomi che ha dato l’uomo a quelle montagne.
Come quando sei in pianura e sei da sola su stradine al sole e sei immersa dai campi di pannocchie. Che hai voglia di fermarti, strappartene un paio e portartele a casa da cuocere direttamente sul fuoco. Adoro. Sono anni che non lo faccio. Dolcissimi sono i miei ricordi d’infanzia.
Come quando scendi giù e poi hai sete. E molti bar non hanno il dehor o il parcheggio davanti e allora tiri dritto fino a quando ti fermi a quello giusto. E subito dopo, altre tre moto e poi un’altra e un’altra ancora. E non sono italiani, e sorridono così belli quei tre amici non più così giovani, ma con un’energia e una spensieratezza da far invidia ai giovani. Si siedono, ordinano acqua e succo di frutta e poi con la mappa in mano, osservano la direzione della loro vita in quel giorno.
Come quando, sei stanca, e vuoi solo arrivare a casa, ed è buio, ed è freddo, e la strada è ancora tanta, e lo sai. E solo rallenti un po’, perché la velocità obbliga a maggiore concentrazione e non ne hai voglia. Anzi, quasi guidi con una mano. E a casa arrivi.
Come quando provi il carico della borsa sulla moto da fissare col ragno. E poi squadri la moto e dici “Troppo alta”… e allora ritogli… e rifai tutto da capo…. E rimetti su… fino a quando dici “bene, così può andare”….
Come quando è mattina presto e sei così felice e serena perché tutto deve ancora iniziare, come una promessa, e sorridi dentro al casco, nel fresco del mattino con i campi verdissimi, piattissimi, attorno a te e il cielo che sembra così basso e il sole è morbidissimo sul serbatoio.
Come quando ti perdi a giocare con l’ombra, quegli specchietti sull’asfalto, sono così buffi… ti senti come il disegno di un extraterrestre….. e sei solo tu, e la tua moto. E dolcissima lei, la tua ombra, accanto a te, sul calar del sole.
Come quando ci sono lavori in corso e la strada non è più quella che conoscevi, e ti disorienti, e non sai più da che parte è giusto andare, e sei in bilico in salita fra sabbia e caos. Ma poi, piedi per terra, come sempre deve essere nella vita, piano riparti, anche nelle situazioni impreviste.
Come quando sei in autostrada e piove ed è un casino perché c’è gente. Tanta gente. Coda a fisarmonica. E viaggi fra le due corsie, e lo stress aumenta ogni volta che qualcuno si sposta un po’, quasi sfioro uno che voleva aprire la porta. Ma continui, piano.
Come quando qualcuno si preoccupa di te. Della strada che fai, delle rotonde che prendi, che poi ci si perde. Ed è brutto, non viaggiare più assieme. E non sono abituata a questo tipo di pensiero, per me. Ed è ammirevole. Nonostante tutto, non ci siamo persi.
Come quando sei in coda, e hai scoperto cosa vuol dire viaggiare con qualcuno, sebbene conosciuto da poco. Ma non lo vedi. Perché sai che è più avanti di te. E’ più veloce di te. Ma la coda di macchine ferme la vedi. Insistente dopo la discesa da un Passo. Che ci sono tanti motociclisti. Che lo sai che qualcosa di brutto può succedere. E succede. E hai paura di pensare. Perché un pensiero di angoscia, ti sfiora. E quando lo vedi fermo, sulla sua moto, ne riconosci la giacca e il casco, allora ti fermi anche tu. Si gira verso di te e ti da l’ok, con le mani dentro i guanti di pelle. Solo allora, con i piedi per terra, lasci scivolare via giù dalla schiena l’intensa, seppur breve, tensione. Quasi un inchino col casco. E un sospiro: “non è lui”.
Come quando lo attraversi il luogo di un incidente. E vedi una moto distrutta. E ti chiedi come possa stare chi la guidasse. E il silenzio composto della serpentina di auto che via via si forma, compresi i motociclisti, impressiona. Fino ad un secondo prima ti beavi di panorami e strade e un secondo dopo, mentre attraversi quell’asfalto di sabbia per assorbire il sangue versato, senti che la realtà domina il tuo volto che diviene serio e preoccupato. E ti specchi negli occhi di tutti gli altri motociclisti. Tutti visiera alzata.
Come quando ti fermi in cima e vuoi goderti un po’ il panorama, nonostante la pioggia, il freddo, ed entri nel bar e ti siedi al caldo per un po’ e ordini un bicchiere di vino rosso e un panino caldo e magari fai a metà una fetta di strudel. E nel mentre ascolti le parole di tutti. Persino quelle di un ragazzo appena conosciuto che arriva da Roma ed è seduto di fronte a te.
Come quando parli con tutti, lì scesa dalla moto, e fai le domande più assurde perché c’è un tipo che è altissimo, un gigante e non mi interessa dei suoi giri in moto, voglio sapere quanto è alto, perché io mi sento così micro in confronto. E così glielo chiedo. Lui sorride e mi risponde: 1,98. Per lui la mia moto è una mini-moto. Haaa…. Tutti vanno in moto… Tutti guidano di tutto… Tutti assieme siamo bellissimi!
E tutti insieme mi superano, un boato di moto. E arrivata su, dopo molto, mi sento osservata. Situazione ridicola…. Alla fine si sorride sempre!
Come quando i tornanti non finiscono mai. Mai. Mai. Mai. Ma è solo apparenza. Che quelle strade le ha percorse persino Fausto Coppi. E poi su ci arrivi. E non ci puoi credere di esserci arrivata e c’è il mondo. Motociclisti, ciclisti, auto, fuoristrada, negozi, hotel, ristoranti e “luridi” vari… E senti freddo. Ma non ti interessa perché hai una specie di gioia ad essere lì che basterebbe quella a scaldarti. Ma poi no. Il paninazzo whuster e crauti e senape te lo fai proprio volentieri.
Come quando ti svegli e la prima cosa che fai è guardare dalla finestra: sole, oggi si gira.
Come quando ti svegli e la prima cosa che fai è guardare dalla finestra: piove, oggi sono nera.
Come quando ti svegli e la prima cosa che fai è guardare dalla finestra: piove, me ne frego. Giro.
Come quando ti fermi e al volo indossi qualcosa per riparati dalla pioggia mentre guidi la moto, e dovrebbe funzionare anche come anti-stress. E in realtà non è così. Ma vai giù piano e dietro hai un motociclista, anche lui prudente. E poi giù sotto una tettoia di un albergo, in piano a chiacchierare.
Come quando non sei da solo, e hai qualcuno che fermo ti aspetta. Ma tu non te lo aspetti. Ne sei sorpresa. Puoi solo incorniciarne gli occhi, solo quelli, perché il volto è protetto da un sotto-casco di seta e dal casco. Quasi rubi quell’ immagine, che rimane con te, come un quadro, bellissimo. Sono una ladra, di dipinti così intensi.
Come quando percorri una stradina di paese, e vai piano, e vedi un vecchio su una bicicletta e porta un tubo e all’improvviso è troppo vicino. Troppo. Ci si tocca. La moto sbanda sull’altra corsia. E riesci a fermarti tremando. E ragioni per mettere giù un semplice cavalletto. E ti volti. E l’uomo è per terra, fermo. E hai paura. Di Tutto. E corri verso di lui. Ti sdrai quasi accanto perché vuoi vedere i suoi occhi e sentire la sua voce. E vedi il sangue e riesci a chiamare il 118. E lui parla. E ti guarda. E arrivano persone che sanno cosa fare. Come agire. Io non so nulla. Non sono nulla. Sono stata così fragile. Che poi ho pianto. Di fronte ad un carabiniere, che mi teneva la mano e voleva tranquillizzarmi. Che non era così grave. Ma io lo so. Lo so cos’è un trauma cranico. E le sue conseguenze, a volte, devastanti. Io me lo ricordo, su mio fratello. E ti obbligano a salire sull’ambulanza, almeno per misurare la pressione. La mia era a posto. Per fortuna, per una volta, non era bassa. Era nella norma. E’ lui che ha avuto la peggio. Ed io fortunata che la corsia opposta fosse libera.
Come quando poi vedi il sangue sulla tua tuta. E non riesci a toglierlo. E qualcuno è accanto a te. E ti guarda negli occhi. E vorresti solo un abbraccio. Ma non è quello che serve. Che poi crollerei. E c’è ancora strada da fare. In moto. Che la moto non ha niente. Una freccia ha perso il vetrino.
E guidi così deconcentrato che sei un pericolo per te e per gli altri. Hai bisogno di una “scossa-ridimensionativa”. E arriva. E un po’ ti riprendi. E dopo poco tempo, vuoi sapere come sta quella persona.
E ti senti un investigatore privato a caccia di informazioni. E le trovi: parli al telefono con i parenti. Un mio bisogno umano di sapere come stava quel ciclista. Quella Persona. “Meglio signorina, si tranquillizzi anche lei”, la voce di una donna, al telefono. La sorella dell’anziano ciclista.
Come quando conosci motociclisti e per un po’ giri con loro, e ancora piove e fai una curva e uno di loro è per terra. E ti spaventi. Poi, si rialza ed è solo più arrabbiato per la situazione. Solo una scivolata, tutto a posto, male ad un ginocchio e moto ok. Si riparte, ma con una nuova clama. E’ andata bene.
Come quando sei dal benzinaio e fai la coda fra moto per fare benzina. E sei dispiaciutissima perché non conosci l’inglese, qui moltissimi sono stranieri, io sorrido e loro pure. E saluto tutti. Mi piace tantissimo salutare. E’ salutare!
Come quando, ad un tratto non guidi più tu. Guida qualcuno la moto per te. E sei dietro, tesa, perché la situazione è nuova, c’è pioggia e si scivola sulla sella, e non so dove mettere le mani e non c’è ancora confidenza. E forse devi solo fidarti. E ti fidi. E allora poi, in un altro momento, in un piccolissimo tratto di strada nella notte, riesci anche a rilassare le braccia attorno a lui e ne senti il respiro. Della Vita. Quasi appoggi il tuo corpo sulla sua schiena, e alzi la visiera, che si va piano, e l’aria fresca muove pensieri delicati, morbide sensazioni, in una notte di Stelle. Meravigliose.
Come quando il parcheggio di un albergo ha più di 50 moto, quasi un raduno… ed entri dentro al locale e sono tutti uomini, e non ti piace, ma questa volta, non sei da sola: le parole si muovono sincere fra carni saporitissime e vino rossissimo. Io non lo sapevo cosa volesse dire incontrare, e girare, anche solo per un giorno, con un motociclista. Con Quel motociclista.
Come quando vedi il nome su una mappa, piattissima e coloratissima di linee, che si incrociano tutte fra di loro. E ti si storcono gli occhi a seguirle. Ma poi, quel nome sulla cartina diventa Realtà. E hai l’immenso di fronte a Te. L’ imponenza, la secolarità, di quelle rocce. Come sempre, scolpite Chissà da Chi e Chissà Perché. E ti perdi dentro pensieri.
Ma alla fine puoi solo Ringraziare. Apprezzare. Ci sei. Esisti ed è Bellissimo. Ami te stesso e Tutto ciò che hai attorno a Te. Come se ti fosse stato offerto in Dono, e sei quasi disorientato, che pensi “Ma io posso sentirmi Parte di Tutto Questo?”.
Sì.
Lo sono sempre stata.
Solo, l'ho scoperto, adesso.
E allora quella mappa, una volta tornati a casa, resta una Traccia. Di Emozioni. Di Sensi di Viaggio.
Chiamato Vita.
E a Te, che hai appena incontrato le mie piccole Parole, con un Sorriso, Ti auguro, Buon Viaggio, dentro la Tua, di Vita.
atram