L'impianto elettrico del vespone
L'impianto elettrico della vespa PX anni 80
Dopo aver abbandonato il servomotore a vite senza fine per il PHBG 19 e essere tornati al
cavo normale il prototipo tutto-led ancora non va... Bene parliamo allora come promesso del PX
Piaggio degli anni 80 e del suo impianto elettrico
Parliamo ora dell’impianto elettrico della vespa PX, di quelle, identificabili dal logo PX125
sulla fiancata. La primissima serie, che invece aveva la scritta P125X montava un impianto
convenzionale con puntine e impianto molto simile al Primavera. Chiamata affettuosamente
“vespone” in quanto era piuttosto ciccia posteriormente.
Con questa versione invece la Piaggio ha fatto le cose in grande. Ha montato una bobina che
incorpora all’interno una accensione capacitiva e ha migliorato di molto l’illuminazione
dotandola di frecce. La bobina stessa, concettualmente simile al ET3 è estremamente
affidabile pure lei.
Inoltre la tensione è finalmente a 12 volt in modo da non fare arricchire chi vende a
caro prezzo le lampadine a 6 volt. Di queste vespe ne sono state vendute una camionata e non a
torto. Vediamo quindi in dettaglio come è fatto e come funziona questo impianto
elettrico, prima applicazione in larghissima scala di un regolatore in alternata su un mezzo a
grande diffusione.
Partiamo dal generatore, il più potente dell’epoca (sulle vespe) perché può
fornire fino a 80 W. Ha un capo a massa e un avvolgimento solo. Sfrutta in modo intelligente il
regolatore (con diodi SCR) perché è sufficiente un filino di gas per avere la
piena potenza sulle luci e poter disporre di tutto funzionante. Inoltre è estremamente
affidabile e in tanti anni di officina se è stato sostituito uno statore (ma mi sembra di
no) non è stato per il generatore ma sempre per la parte dell’accensione. E’ comunque uno
statore estremamente affidabile. Fossero stati così efficienti e durevoli certi statori
giapponesi!
Il regolatore, inserito dentro la ruota di scorta lavora sul principio del taglio di tutto cosa
sia al di sopra della tensione prevista. In pratica l’uscita dell’alternatore finché non
arriva al livello massimo ammesso passa senza attenuazione, poi viene “tagliato” tutto quello
che c’è in più. Insomma un diodo zener bipolare da un centinaio di watt!
Al regolatore arriva un cavo di “arrivo” un cavo di “partenza” e un cavo di massa. Sempre
all’interno del vano della ruota di scorta è presente l’intermittenza delle frecce, in
bilanciamento e che pilota due lampade da 21 watt per lato.
Anche l’intermittenza è a commutazione “statica” perché in alternata è
molto più comodo usare i triac e gli SCR e l’affidabilità è maggiore
rispetto ai relè comuni. Anche questa intermittenza è estremamente affidabile, in
officina mai sostituita una! Inoltre non fa differenza se gli si applica una lampadina da 10 W o
da 21W su ogni portalampade. Purtroppo non è compatibile con i led senza le resistenze di
equalizzazione del carico.
Cominciamo ad analizzare le “stranezze” che però stranezze non sono, anzi in qualche caso
sono vere genialità.
Il clacson in serie al regolatore: Se uno smonta un PX noterà che il clacson non ha il
collegamento “solito” ma è messo in serie al cavo che esce dal motore e va al regolatore.
Poi quando non si suona viene tenuto cortocircuitato dal pulsante e quindi la corrente fluisce
normalmente al regolatore.
Anche con tutte le utenze spente il clacson è efficiente perché sfrutta il
“lavoro” del regolatore che comunque dà un minimo di carico al volano (di fatto lo fa
lavorare) . Quando poi le luci sono accese il clacson si trova a essere in serie e quindi suona
se necessario.
Un altro punto “buono” di quelle vespe è che lo stop è estremamente visibile anche
con soli 10 watt. La parabola, ben calcolata e il “vetro” (in realtà metacrilato) del
fanalino ben studiato rendono lo stop molto efficiente. Ovviamente viene azionato solo dal freno
posteriore, negli anni 80 questa smania di sicurezza non c’era.
Come ciliegina sulla torta il fatto che accendendo gli anabbaglianti o gli abbaglianti viene
tolta la posizione nel faro anteriore. Per risparmiare potenza e per non produrre eccessivo
calore (il faro non è dei più grandi, più o meno come quello della vecchia
“500”) e come altra innovazione il fatto che in quel faro, finalmente la posizione non è
più a siluro. Su questo faro data la notevole riserva di corrente disponibile è
possibile montare tanto la “normale” 25/25 W che la 35/35 (più motociclistica) che la
45/40 normalmente usata per i trattori e le scavatrici.
E l’impianto regge senza problemi.
Ultima “innovazione” il fatto che la spia delle frecce è una sola e con ha uno dei due
capi a massa ma prende la corrente da entrambi i fili delle frecce anteriori. Quando si mette
una freccia l’altra lampadina è spenta è data la resistenza ohmica bassa fa da
ritorno a massa. Cosa ampiamente utilizzata 20 anni più tardi su molte Cagiva e altre
moto, comprese alcune Guzzi.
Insomma, questa volta “elettricamente” Piaggio ha fatto le cose in grande ed entra a gran voce
negli anni 80! Per il “resto” del mezzo non si può dire che sia malaccio. Il tamburo
anteriore è un po’ pigro, la scocca dove si aggancia l’ammortizzatore posteriore un po’
debole e tendente al piegarsi e la chiavetta del cambio e il preselettore non proprio di estrema
precisione. Il PX era e resta un icona degli anni 80 e non solo per un impianto elettrico
innovativo!
E come ho già detto se devo “vesparmi” con pochi KW per evitare
l’abbigliamento obbligatorio se mai lo diventerà sono pronto a farlo. Come già lo
facevo nel 1988….