Nel lontano 1991 Massimo Bordi fu tentato da una nascente formula di gare motociclistiche, la supermono. Questo tipo di gara dava piena libertà ai progettisti e agli sviluppatori, l’unica limitazione imposta era il numero di cilindri, uno.
La leggenda vuole che Bordi abbozzò il progetto della Ducati Supermono in auto, sotto il sole e privo di aria condizionata; in quell’occasione avrebbe gettato le basi di uno dei progetti più esclusivi e particolari della casa di Borgo Panigale. Nel progetto inserì innovazioni tecniche avanzatissime, come la testa bialbero con quattro valvole desmodromiche direttamente ispirate dal motore della 888, avrebbe avuto raffreddamento a liquido e un particolare sistema per eliminare le vibrazioni costituito da una biella supplementare.
Lo sviluppo della moto non fu semplice, l’esperienza di Ducati con i monocilindrici del passato non poteva essere di aiuto, si voleva sviluppare una moto con caratteristiche pistaiole incredibili. La realizzazione tecnica del progetto Supermono venne affidata all’ingegner Domenicali che si occupò di tutti gli aspetti della sua creazione. Dopo due anni di lavori si ebbe a disposizione il motore, il cuore di questa supersportiva. Era un monocilindrico quattro tempi di 550 cc, aveva alesaggio di 100mm per una corsa di 70, rapporto di compressione 11,8: 1, quattro valvole desmo, frizione a dischi multipli a secco e sviluppava 75 cv a 10.500 giri. A questo punto bastava inserirlo in una mezzo che nel frattempo era cresciuto con lo stesso ritmo del motore e ne venne fuori una moto splendida che girava in pista fortissimo, come nessun altra monocilindrica.
La carena fu disegnata da Pierre Terblanche, il lavoro in galleria del vento portò ad una forma affusolata e aerodinamica.
Il telaio era, in puro stile e tradizione ducati, un traliccio di tubi in acciaio dalle dimensioni molto contenute, la forcella anteriore era una Ohlins così come l’ammortizzatore posteriore completamente in alluminio con capriata di rinforzo. L’impianto frenante constava in una coppia di dischi flottanti da 280mm all’anteriore, con pinze a 4 pistoncini, e in un singolo disco flottante da 220 al posteriore con pinza a doppio pistoncino. Il peso della moto era un vero record, solo 118 kg a secco che diventavano 126 in ordine di marcia.
La moto così formata venne affidata a vari piloti che la utilizzarono nel 1993 in più campionati supermono dimostrando sempre di essere molto competitiva se non addirittura la migliore monocilindrica che si potesse avere nonostante la cilindrata ridotta rispetto le dirette avversarie.
Per il 1994 il progetto rimase praticamente invariato salvo nel motore dove l’alesaggio venne alzato a 102mm che fecero raggiungere la cilindrata di 570cc e una potenza maggiore, merito anche di un aggiornato sistema di iniezione, che ora raggiungeva la ragguardevole cifra di 81cv a poco meno di 10000 giri. Questo consentì alla Supermono, e grazie anche a validi piloti, di imporsi nuovamente nelle corse in tutto il mondo.
Di questo splendido modello Ducati non venne mai realizzata una replica stradale e i pochi esemplari costruiti vennero tutti venduti alle scuderie “clienti” fino alla fine del 1994 quando la produzione della “Supermono desmoquattro” cessò.
Oggi la moto è ambizione dei più grandi collezionisti di tutto il mondo, le cifre per entrare in possesso di un esemplare si aggirano sui 45-50 mila dollari ma è quasi impossibile da trovare.
Con questo mezzo dal 1991 al 1994 anche Ducati ebbe la sua avventura nelle competizioni con i monocilindrici, la fine di questo esperimento si deve anche alle enormi spese sostenute per la Superbike e più recentemente per la MotoGp dove oramai la casa compete con soddisfazione da diversi anni.
La Supermono è stata definita dalla stessa Ducati un esempio di stile e design nonché un chiarissimo esempio di come una moto da competizione deve essere.