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Inviato: 23 Apr 2008 12:42
Oggetto: Chiacchere sul motore e sul desmo....
Un ragazzo, all'interno di un altro forum, chiedeva se l'albero motore girasse allo stesso regime dei pistoni. Siccome la mia risposta è stata abbastanza lunga... ho pensato di riportarla anche su questo forum nella speranza che possa essere utile oppure corretta da chi ne capisca più di me (facile). Ho scelto questa sezione perchè è la mia preferita nonchè per il fatto che nel testo si parli esplicitamente anche di Ducati.
"La tua domanda possiede una risposta piuttosto semoplice.
Il regime si riferisce sempre ad una rotazione completa (360°) dell'albero motore, ovvero quell’elemento posto sul basamento attraverso i cuscinetti (usualmente volventi) di banco che trasferisce il movimento al cambio nonchè a tutti gli organi meccanici in movimento. I pistoni sono montati in maniera solidale all'albero a gomiti (albero motore) tramite le bielle ed i cuscinetti (usualmente a strisciamento), quindi ne consegue che girino al suo stesso numero di giri.
Bisogna ricordare come il pistone salga fino al punto morto superiore, scenda sino a quello inferiore e risalga nuovamente all’interno di una singola rotazione dell’albero motore. Il ciclo di un motore a due tempi comincia e si conclude in questo spazio temporale mentre quello a quattro necessita di un altro periodo ugaule, formando di fatto una rotazione toale doppia e pari a 720°.
Lo scoppio avviene prima (anticipo) del punto morto superiore per questioni tempistiche legate al fronte di fiamma.
Possiamo affermare che ogni pistone compia due volte la corsa in un giro e ci sia una scintilla ogni due giri (quattro tempi). Chiaramente i cilindri non scoppiano tutti assieme, bensì saranno sfasati tra di loro a seconda dell'architettura oppure delle scelte progettuali. Queste scelte determinano una quantità infinita di parametri tra cui il tipo di erogazione, le masse in gioco, le vibrazioni (presenza eventuale di contralberi per bilanciare) e gli ingombri.
Molti si convincono, erroneamente, che un propulsore sia tanto più esasperato quanto maggiore sarà il suo numero di giri. Questa affermazione è molto distante dalla verità. La geometria interna di un motore ha come elementi base l'alesaggio (diametro del pistone) e la corsa. La cilindrata totale è fornita dal volume del cilindro creato da tali parametri. In poche parole è lo spazio che crea il pistone tra il punto morto inferiore e quello superiore. Il rapporto di compressione indica quanto la camera di scoppio vari all’interno del ciclo carico e compressione (appunto) Viene usualmente indicato con due numero, per esempio 11:1, ed indica quanta differenza sussiste in termini di volume interno tra il momento del punto morto inferiore e quello superiore.
Facciamo qualche un esempio pratico.
La mia moto ha una corsa di 71.5mm ed un alesaggio di circa 94mm.
L'area del cielo (parte superiore del pistone) sarà calcolata come : raggio x raggio x 3.14
Si può arrivare quindi a calcolare : 94/2 x 94/2 x 3.14 = 6936mm2 pari anche a 69.36cm2
Moltiplichiamo la superficie del cerchio per la corsa ed avremo il volume, quindi 69.36cm2 x 7.15cm = 495.9cm3 !
La mia Ducati ha due cilindri... quindi la cilindrata totale è il doppio, ovvero 992cm3 !!!!
La cilindrata di ogni singolo elemento viene detta “cilindrata unitaria”.
Comunque eravamo partiti dall'esasperazione del propulsore ed il numero di giri. Si capisce come la geometria possa pendere maggiormente verso l'alesaggio oppure verso la corsa a seconda delle scelte che si effettuano. Il parametro che determina quanto il progetto sia meccanicamente tirato è la velocità media del pistone al regime di massima potenza. Si parla di “media” poichè in realtà non siamo di fronte ad un moto continuo quanto, piuttosto, ad uno alternato che presenta anche due punti a velocità zero (punti morti). Potete quindi pensare la cosa come se aveste un cilindro di lunghezza infinita ed un pistone che lo percorra metallo su metallo (in realtà toccano le fasce elastiche e non direttamente il pistone). Capite come una velocità maggiori indichi anche, a parità di materiali impiegati, una criticità più elevata.
Perchè le moto più potenti sono quattro cilindri ?
Se, a partià di cilindrata, abbiamo un maggior numero di cilindri avremo anche una corsa minore (anche un alesaggio) per ognuno di essi. Al fine di creare un propulsore con un elevato numero di cicli senza minarne l’affidabilità, sarà buona accortezza provvedere a progettarlo in modo che vi sia una corsa minore possibile e questa tendenza è ben visibile nei progetti moderni delle supersportive. Ovviamente sarebbe necessario introdurre anche la pressione media effettiva sul cielo del pistone (PME), ma si andrebbe troppo sul complesso.
Facendo un esempio potrei dirvi che la mia ST3 (progetto datato) da 100CV ha una velocità media al regime massimo di 21.45m/s mentra una 999R arrivava solo a 19.5m/s nonostante la potenza di 150CV e la cilindrata praticamente uguale. Volendo parlare dei massimi livelli consentiti dalla meccanica, potremmo dire che in Formula 1 si raggiungano velocità prossimo ai 27m/s.
L'alesaggio alto e la corsa corta sono sempre rose e fiori ?
No. I motivi sono molteplici. Un alesaggio troppo grande (usualmente bicilindrici e monocilindrici) porta ad affrontare problemi di lentezza sul fronte di fiamma, di ingombri laterali, di dissipazione termica oppure di uniformità nel riempimento dei cilindri. Bisogna ricordare che in realtà non avviene uno scoppio come molti credono, bensì una combustione (motori a benzina) innescata dalla scintilla della candela.
Le quattro cilidri risolvono il problema frazionando il motore e quindi avendo alesaggi piccoli. Il pistone si riempie in maniera uniforme ed il fronte di fiamma più corto permette un maggior numero di giri grazie alla sua velocità i esecuzione. In compenso però il riempimento è minore e quindi la coppia generata da ogni combustione è minore a parità di giri (che potranno essere anche molto più elevati) e di tecnologia.
L'albero motore trasmette il moto alle valvole attraverso la distribuzione (o trasmissione primaria). In questo caso avrete sentito parlare di albero a cammes. Tale elemento è un tondino (scusate la semplicità dei termini) sul quale sono ricavati degli eccentrici che spingono (direttamente o meno) sulle valvole creandone in moto. Queste sono fornite di un “bicchierino” sullo stelo, il quale serve per dare alla camma (oppure al bilancere a dito) un’adeguata sezione sulla quale spingere.
Nei motori maggiormente diffusi il ritorno della valvola è compito di una (robustissima) molla, la quale si comprime in fase di apertura. Questa soluzione è pratica, economica, leggera, duratura e facilmente tarabile. Questi motivi la rendono la più comune, ma ci sono anche dei punti a sfavore. Principalmente consistono nello sfarfallamento in fase di chiusura e nell’energia necessaria per la compressione.
Spieghiamoci meglio. La molla è sempre la stessa a tutti i regimi. Questo implica che l’enegia che il propulsore deve utilizzare per comprimerle tutte (arrivano a 16 nei motori a quattro cilindri) sia sempre la stessa per ogni ciclo. Quando il motore è a basso numero di giri succede che molta della (poca) potenza prodotta sia utilizzata per muovere le valvole rendendo il motore meno pronto e più bisognoso di benzina. Agli alti regimi le molle hanno lo svantaggio proprio nella loro caratteristica elastica. Succede che la valvola non si chiuda subito, besì abbia dei rimbalzi (sfarfallamento) sulla sua sede. Questo comporta una chiusura non perfetta con possibile peggioramento delle condizioni fluidodinamiche (perdita di compressione, perdita di carburante....) all’interno del cilindro e costringe il progettista a geometrie meno spinte.
L’unica soluzione (mi pare) attualmente sul mercato è il sistema desmodromico montato da Ducati. Tale meccanismo prevede l’utilizzo di un braccio di apertura ed uno di chiusura della valvola (può essere un’unica camma oppure due differenti) con la conseguente mancanza della molla di ritorno (se ne trova solo una piccola per il recupero giochi). Questo permette di evitare quasi tutti gli sfarfallamenti, avere geomitrie di chiusura/apertura più spinte, necessitare meno energia per il comando (motore pronto) ed ottenere anche un rombo particolarmente secco.
Il rovescio della medaglia (motivo per cui solo Ducati utilizza il desmo) consiste in costi di costruzione più elevati, manutenzione più frequente (pensate alla precisione di taratura), maggiore complessità progettuale ed un peso maggiore. Questi motivi lo rendono un nemico nella realizzazione di moto con bassa manutenzione e costo ridotto.
Le valvole a comando pneumatico attualmente, in campo motociclistico, sono utilizzate solo in MotoGP. Esistono comunque una miriade di soluzioni a piccoli problemi che vengono utilizzate da poche case. Alcuni esempi sono costituiti dal sistema V-Tec della Honda che elimina il funzionamento di due valvole per cilindro sotto un certo numero di giri oppure il sistema VVT-I della Toyota per ottimizzare la fase dell’albero a cammes a seconda del numero di giri.
Intendiamoci. Parlando della trasmissione primaria ho volontariamente omesso un sacco di elementi per avere una maggiore semplicità di spiegazione. La serie di elementi che spingono sulle valvole sono detti "punterie". Nel caso siano idrauliche (sistema alimentato con l’olio motore) si avrà un recupero automatico dei giochi dovuti all’usura di alcuni componenti.
L'albero a cammes può essere collocato in testa (soluzione maggiormente efficace) oppure nel basamento (sono rimaste poche moto). Nel primo caso il movimento può essergli trasmesso in molti modi, tra i quali il più comune (molte moto giapponesi) è quello di utilizzare una catena silenziosa, la quale offre scarsa rumorosità, buona durata, costo intermedio e bassissima manutenzione. Esistono altre soluzioni come la lussuosa cascata di ingranaggi (VFR della Honda sino al 2003) che offre ottima precisione, durata eterna e costi di realizzazione elevati. La Ducati monta delle cinghie, sistema poco costoso, pratico, silenzioso ma dalla durata (circa 20.000Km) piuttosto bassa e dal pericolo costituito da un’eventuale rottura per mancanza di manutenzione.
Alcune Triumph della serie classica montano un obsoleto, quanto affascinante, sistema ad alberelli e coppie coniche praticamente eterno ma tuttavia anche lento, costoso e pensante.
Quando l'albero a cammes si trova nel basamento, il sistema più classico (Moto Guzzi o Harley-Davidson) è quello di utilizzare un sistema di aste e bilanceri. Le prime vengono mosse dall'albero ed agiscono (in testa) sui bilanceri che hanno, a loro volta, le valvole dall'altra parte. Fino agli anni ’60 esistevano anche propulsori con le valvole laterali e, per dirla tutta, erano anche espressamente richiesti con questa architettura dall’esercito italiano sino alla seconda guerra mondiale.
I motori con cilindri sfalsati (boxer oppure a V) hanno due alberi a cammes in testa anzichè uno solo oppure quattro anzichè due (in caso di albero per lo scarico ed albero per l'aspirazione). Questo è uno dei tanti motivi che porta, generalmente, ad avere propulsori a due cilindri maggiormente pesanti di quelli a quattro (ci sono anche molto altri fattori cotruttivi e meccanici).
Molti credono che un bicilindrico della essere maggiormente economico e leggero di un quattro cilindri. Falso in buona parte. Come detto alcuni pezzi devono essere letteralmente raddoppiati, si necessitano di organi maggiormente dimensionati per ovvaiare alle maggiori sollecitazioni e spesso si hanno pareti maggiormente voluminose del propulsore.
Questa una piccola panoramica di un argomento che potrebbe essere potenzialmente infinito. Abbiamo tralasciato anticipo, cuscinetti, rapporto di compressione, PME, differenze tra i vari frazionamenti e via discorrendo.
Spero di aver chiarito qualche dubbio."
Ultima modifica di DueRuote il 23 Apr 2008 12:57, modificato 1 volta in totale