fonte Italians, il "forum" di Beppe Severgnini
Citazione:
Alcol, cocaina e superomismo suicida
Caro Severgnini,
la ringrazio per quanto ha scritto nella rubrica del 28 dicembre. Sono un medico, suo coetaneo, che lavora in un ospedale del bresciano. Sono anni che attendo che qualche giornalista, qualche associazione di consumatori, qualche organo sanitario ... (sogno impossibile: qualche politico - ma costoro vivono su Marte?) uscisse dallo stereotipo dell'alta velocità, litania che ci tedia in occasione di qualsiasi cronaca riguardante un più o meno grave incidente. Lei solo ha saputo finalmente scoprire la finzione. Ad ogni fine settimana, e non solo, in ospedale arrivano frotte di giovani e meno giovani coinvolti in incidenti. Invariabilmente positivi ad alcool, ma anche a cocaina, ecxtasy e derivati anfetaminici. A volte in modo "randomizzato", spesso più di una sostanza insieme, con il prevedibile effetto moltiplicatore. Quando vengo chiamato in ospedale il fine settimana, le confesso, ho paura di chi incontrerò lungo il tragitto. Nessuno che dica, ad esempio, che il consumatore di cocaina, in preda ad una sindrome da superman, non bada ad alcun limite o divieto. Un individuo alla guida di un auto con una grave riduzione della capacità di giudizio non sarà mai in grado di percepire i propri limiti. A tal proposito, le riporto la testimonianza del mio professore di farmacologia, prof. Bertaccini, che oltre vent'anni orsono ci riferiva di suicidi involontari in consumatori di cocaina, lanciatisi dalla finestra convinti di poter volare. Credere che battere il tasto delle velocità come unico o quasi motivo degli incidenti della strada è fuorviante ed è un argomento di comodo. Per chiudere mia moglie, anestesista a Parma, ha assistito alcuni anni orsono, in rianimazione, un autista di autotreni che faceva continuamente crisi di astinenza da cocaina. E' sufficiente? Ma non c'è nessuno che si prenda la briga di raccogliere questi dati? Suo affezionatissimo lettore (nonostante gli sfottò a lei diretti dal "Foglio").
Enrico Groppi, lazymatch@alice.it
Grazie, Enrico.
Non sono certo "l'unico che ha scoperto la finzione" - ma di finzione si tratta, hai ragione. L'argomento è così scabroso che la nostra società lo rimuove. Eppure i dati e le domande sono lì.
Perché la media dei controlli, in Italia, è 200.000 l'anno, e in Francia 7/8 milioni? Perché solo il 3% dei patentati italiani è stato sottoposto a un controllo con l'etilometro, contro il 16% della media UE, e il 38% dei paesi più severi? Perché al sottoscritto è capitato di essere controllato (prova del palloncino) in GB e negli USA, e MAI in Italia, sebbene abbia passato in patria la maggior parte della mia vita adulta (almeno 24 anni su 31 della mia carriera di patentato)?
In attesa di risposte, caro dr EG, teniamoci in contatto: questa è una faccenda importante, nella quale medici e giornalisti possono aiutarsi a vicenda.
In quanto al "Foglio", non ci faccia caso. Sono sfottò amichevoli, in fondo ci vogliamo bene.
Caro Severgnini,
la ringrazio per quanto ha scritto nella rubrica del 28 dicembre. Sono un medico, suo coetaneo, che lavora in un ospedale del bresciano. Sono anni che attendo che qualche giornalista, qualche associazione di consumatori, qualche organo sanitario ... (sogno impossibile: qualche politico - ma costoro vivono su Marte?) uscisse dallo stereotipo dell'alta velocità, litania che ci tedia in occasione di qualsiasi cronaca riguardante un più o meno grave incidente. Lei solo ha saputo finalmente scoprire la finzione. Ad ogni fine settimana, e non solo, in ospedale arrivano frotte di giovani e meno giovani coinvolti in incidenti. Invariabilmente positivi ad alcool, ma anche a cocaina, ecxtasy e derivati anfetaminici. A volte in modo "randomizzato", spesso più di una sostanza insieme, con il prevedibile effetto moltiplicatore. Quando vengo chiamato in ospedale il fine settimana, le confesso, ho paura di chi incontrerò lungo il tragitto. Nessuno che dica, ad esempio, che il consumatore di cocaina, in preda ad una sindrome da superman, non bada ad alcun limite o divieto. Un individuo alla guida di un auto con una grave riduzione della capacità di giudizio non sarà mai in grado di percepire i propri limiti. A tal proposito, le riporto la testimonianza del mio professore di farmacologia, prof. Bertaccini, che oltre vent'anni orsono ci riferiva di suicidi involontari in consumatori di cocaina, lanciatisi dalla finestra convinti di poter volare. Credere che battere il tasto delle velocità come unico o quasi motivo degli incidenti della strada è fuorviante ed è un argomento di comodo. Per chiudere mia moglie, anestesista a Parma, ha assistito alcuni anni orsono, in rianimazione, un autista di autotreni che faceva continuamente crisi di astinenza da cocaina. E' sufficiente? Ma non c'è nessuno che si prenda la briga di raccogliere questi dati? Suo affezionatissimo lettore (nonostante gli sfottò a lei diretti dal "Foglio").
Enrico Groppi, lazymatch@alice.it
Grazie, Enrico.
Non sono certo "l'unico che ha scoperto la finzione" - ma di finzione si tratta, hai ragione. L'argomento è così scabroso che la nostra società lo rimuove. Eppure i dati e le domande sono lì.
Perché la media dei controlli, in Italia, è 200.000 l'anno, e in Francia 7/8 milioni? Perché solo il 3% dei patentati italiani è stato sottoposto a un controllo con l'etilometro, contro il 16% della media UE, e il 38% dei paesi più severi? Perché al sottoscritto è capitato di essere controllato (prova del palloncino) in GB e negli USA, e MAI in Italia, sebbene abbia passato in patria la maggior parte della mia vita adulta (almeno 24 anni su 31 della mia carriera di patentato)?
In attesa di risposte, caro dr EG, teniamoci in contatto: questa è una faccenda importante, nella quale medici e giornalisti possono aiutarsi a vicenda.
In quanto al "Foglio", non ci faccia caso. Sono sfottò amichevoli, in fondo ci vogliamo bene.