Parco Nazionale d' Abruzzo Lazio e Molise
info da Parcoabruzzo.it
Altra Domenica... altro giro!!!
Come da abbozzo mio e di Marco ho pensato di proporre un' altro giro in Abruzzo, stavolta però nel parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise... anche per dare spazio all' uscita proposta da Toni in terra romana per Martedì 2 Giugno!
Ho parlato anche con Aligno, il coordinatore del gruppo Abruzzo che mi ha dato indicazioni utilissime sul percorso... inoltre mi ha proposto di incontrarci tutti per fare un pò di strade belline che loro conoscono meglio di noi... compresi passo del diavolo, lago di scanno ecc ecc!
Caratteristiche geografiche
Il territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è costituito principalmente da un insieme di catene montuose di altitudine compresa tra i 900 e i 2.200 m s.l.m.
Le montagne del Parco presentano un paesaggio vario ed interessante in cui si alternano vette tondeggianti, tipiche dell'Appennino, a pendii dirupati dal tipico aspetto alpino. La zona centrale del Parco è percorsa dal fiume Sangro, al quale affluiscono vari torrenti; nella zona più esterna defluiscono, invece, le acque del fiume Giovenco, del Melfa, del Volturno e di altri fiumi.
A causa del fenomeno carsico, le acque scorrono spesso in letti sotterranei e formano risorgive a valle, talvolta anche fuori del territorio del Parco. All'interno del Parco esistono due bacini lacustri: il lago artificiale di Barrea alimentato dal fiume Sangro ed il lago Vivo di origine naturale. Quest'ultimo è situato in una depressione di origine tettonica posta a circa 1.600 m s.l.m. Essendo alimentato in parte da sorgenti proprie ed in parte dallo scioglimento delle nevi, le sue dimensioni seguono andamenti stagionali.
Il territorio del Parco è stato in passato modellato da fenomeni di giacialismo e carsismo, oggi testimoniati dalla presenza di circhi glaciali nella parte alta delle vallate, depositi morenici, rocce montonate lungo le valli, grotte, fenditure e doline. Le rocce del Parco sono per la maggior parte di natura calcarea. Nella zona della Camosciara è presente la dolomia, un tipo di roccia che, essendo impermeabile, permette all'acqua di scorrere in superficie dando luogo a pittoresche cascate e pozze d'acqua.
Nei rilievi più importanti, come il Monte Marsicano, la Montagna Grande, la catena del Petroso e della Meta, il Monte Greco, sono scolpiti in forma visibile i segni dei grandi eventi della storia della Terra, che hanno condizionato la morfologia del territorio fino ai nostri giorni. Là dove 160 milioni di anni fa si ergevano possenti scogliere coralline immerse in caldi mari tropicali, oggi possiamo ammirare imponenti massicci. Le acque meteoriche, sciogliendo il calcare con cui è stata "costruita" la roccia, penetrano nelle viscere dei monti, si arricchiscono di preziosi minerali e vanno a formare grandi emergenze situate alla base delle catene montuose. Notevoli e suggestive sono le sorgenti del Volturno, nei pressi di Rocchetta al Volturno o quelle di Posta Fibreno nell'alta Ciociaria, che nel contesto formano habitat acquatici di raro valore naturalistico.
Lungo i versanti e le valli del Parco si possono ammirare le impronte delle glaciazioni che hanno lasciato ai nostri giorni circhi glaciali, morene e massi erratici sui Monti della Meta, sul Marsicano e sul Greco. Ancora più emozionanti appaiono gli enormi fenomeni erosivi prodotti dalle acque piovane e dai fiumi che, fessurando la fragile roccia, forgiano profonde gole, come quella della Foce di Barrea, una forra spettacolare di 5 chilometri di lunghezza attraversata dal fiume Sangro che, dopo aver formato l'omonimo lago artificiale, fragorosamente raggiunge la pianura alluvionale tra Alfedena e Castel di Sangro, tra vertiginose pareti verticali.
Le caratteristiche Geologiche
Coralli fossili (150 milioni di anni fa) di San Sebastiano di Bisegna (Aq).Le montagne del Parco si sono formate tra 170 e 30 milioni di anni fa, vale a dire nel periodo tra il Mesozoico ed il Terziario antico. Un tempo, le attuali dorsali della Marsica, della Meta-Mainarde del Genzana-Greco erano occupate dal mare: il calcare si è infatti originato da depositi marini tipici delle zone lagunari e di scogliera ed in particolare da alghe, coralli, molluschi bivalvi e gasteropodi. La caratteristica geologica principale del Parco risiede nel fatto che sono presenti vari tipi di sedimentazione: anzitutto una zona di piattaforma, originata da un mare povero di ossigeno, poco profondo e melmoso ed abitato in prevalenza da alghe, calcaree e da animali specializzati a vivere in ambienti fangosi e poco ossigenati; ad oriente una zona di soglia, dove era presente un mare aperto e profondo il cui moto ondoso delle acque arricchiva il mare d'ossigeno, permettendo la vita a molti animali specializzati, i cui resti costituiscono interessanti strati di fossili; infine una zona di transizione, una vera e propria scarpata, che univa la piattaforma al fondale marino. Lungo questa zona si possono osservare i detriti dei fossili della scarpata insieme ai depositi delle zone più profonde. Se volete fare un viaggio virtuale lungo duecento milioni di anni potete trovare la vostra astronave-sommergibile che vi permetterà di volare ed immergerti, passeggiando tranquillamente lungo i sentieri del Parco. I fondali di antichi mari sono oggi dorsali e valli accattivanti che in un susseguirsi di quinte parallele scoprono angoli e ambienti meravigliosi. La varietà di paesaggi passati e di forme attuali (ghiacciai, grotte, doline, forre) vi mostrerà le pagine di un libro geologico che narra la storia in continua evoluzione delle montagne del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.
La flora del Parco
"Nella meravigliosa oasi verde che oggi costituisce il Parco Nazionale d'Abruzzo, il visitatore trova estasiato e felice una grande ricchezza di piante, un superbo rigoglio di vegetazione".
Con queste parole l'illustre botanico Romualdo Pirotta celebrava all'inizio del secolo scorso il valore della flora delle montagne del Parco.
La flora del Parco, è così ricca ed interessante, da essere stata, da sempre, oggetto di studio Complessivamente è possibile elencare circa 2.000 specie di piante superiori senza cioè considerare i muschi, i licheni, le alghe ed i funghi.
Tra le peculiarità floristiche, spicca il giaggiolo (Iris marsica) un endemismo del parco, che cresce solo in alcune località e che fiorisce tra maggio e giugno. Sono presenti inoltre numerose e variopinte orchidee, delle quali la più bella, grande e rara è senz'altro rappresentata dalla scarpetta di Venere o pianella della Madonna (Cypripedium calceolus), che fiorisce negli angoli più nascosti, tra maggio e giugno.
Un'altra rarità è senz'altro rappresentata dal pino nero di Villetta Barrea(Pinus nigra), una specie relitta risalente probabilmente al Terziario; si tratta di una varietà esclusiva del Parco, localizzata in alcune zone della Camosciara e della Val Fondillo. Tra le conifere spontanee, troviamo, inoltre, il pino mugo (Pinus mugo), un relitto glaciale che occupa la fascia vegetazionale tra la faggeta e la prateria di altitudine anch'esso localizzato prevalentemente nella zona della Camosciara.
Altra peculiarità del parco è rappresentata da una piccola stazione di betulle (Betula pendula), localizzata a Barrea in una località chiamata Coppo Oscuro. Si tratta di una specie relitta, tipica delle epoche glaciali quaternarie, che testimonia la vegetazione fredda un tempo predominante sull'Appennino.
Ma il paesaggio vegetale predominante del Parco è costituito dalle foreste di faggio: il nome scientifico di questa specie, Fagus syIvatica, ricorda l'origine spontanea di questa specie sulle montagne dell'Italia appenninica, dove la presenza dei faggi risale a decine di secoli fa. Il faggio è infatti l'albero più comune del Parco e generalmente cresce tra 900 e 1.800 metri di altitudine. Le faggete occupano più del 60% dell'intera superficie del Parco e concorrono a creare un paesaggio ricco di colori che variano al trascorrere delle stagioni. La forma e la grandezza dei faggi varia in base all'altitudine, all'età e alle condizioni di fertilità del suolo. L'abbondante lettiera presente in faggeta svolge un'importante azione termoregolatrice: durante l'estate mantiene umido il suolo impedendone l'essiccamento, mentre d'inverno lo protegge dal gelo. Inoltre, decomponendosi grazie all'azione di insetti e microrganismi, contribuisce ad arricchire il terreno di humus. Dai rami dei faggi pendono inoltre, abbondanti ciuffi di "barba di bosco" (Usnea florida), un lichene tipico di questo ambiente dell'Appennino.
Il faggio manifesta una molteplicità di aspetti: da esemplari tozzi e plurisecolari, con chioma a forma di candelabro ad alberi dal fusto alto e diritti come ceri.
Questi alberi, se potessero parlare, racconterebbero storie lunghe e complesse, fatte di pesanti interventi da parte dell'uomo, con tagli e disboscamenti irrazionali avvenuti sin dalle epoche più remote. Ma il periodo più difficile per questi boschi fu quello del cosiddetto 'miracolo economico', in cui ebbero il sopravvento i tagli di tipo industriale. Grazie l'impiego di mezzi e tecnologie più moderne, le foreste subirono una pericolosa distruzione che non andò a vantaggio delle popolazioni locali e della cultura forestale.
Nel Parco, tra il 1957 e il 1967, furono tagliate oltre 650.000 piante d'alto fusto. Dal 1969, con la riorganizzazione dell'Ente, sono stati vietati tutti i tagli a uso industriale, stroncando cosi una vera e propria speculazione boschiva. Dopo anni di sfruttamento indiscriminato, le foreste dei Parco ora vengono conservate accuratamente al fine di riportarle, ove possibile, alla loro struttura originale, favorendo così sia la fauna - che cosi può riavere il suo ambiente naturale - sia l'uomo, cui consentono il godimento di spettacolari bellezze.
Oltre il limite delle foreste si incontrano il ginepro nano (Juniperus communis nana), di forma prostrata, e relitti della brughiera nordica come il mirtillo (Vaccinium myrtillus) e l'uva ursina (ArctostaphyIos uva-ursl), che rivelano la presenza, in tempi passati, di uno strato superiore di vegetazione a conifere.
Le praterie di altitudine - che insieme a prati e radure ricoprono oltre il 30% della superficie complessiva del Parco - sono tipiche della parte alta delle montagne e. occupano creste e sommità intorno ai 1.900-2.000 metri di quota. Qui la vegetazione è composta prevalentemente da diverse specie di Graminacee e Ciperacee cui si accompagnano nella bella stagione la gialla genziana maggiore e tantissime altre specie: genziane, genzianelle, primule, ciclamini, viole, anemoni, scilie, gigli, orchidee, sassifraghe, ranuncoli, asperule, dentarie, ofridi, ellebori, epatiche.
Particolarmente vistosi sono il giglio rosso (Lilium bulbiferum croceum), proprio di pendii assolati e asciutti, il giglio martagone (Lilium martagon), che cresce nelle faggete meno fitte, l'aquilegia (Aquilegia ottonis), abbondante nei pascoli e nei terreni incolti, la genziana appenninica (Gentiana dinarica), di un azzurro intenso, e la già citata Iris marsica.
Il fiore più famoso dei Parco è senza dubbio la scarpetta di Venere, o pianella della Madonna (Cypripedium calceolus), un'orchidea gialla e nera localizzata nel cuore della riserva integrale e relitto di epoche lontane. Questa pianta, che cresce anche in località alpine, rischia l'estinzione a causa della vandalica quanto inutile raccolta da parte di turisti non educati; occorre quindi proteggerla adeguatamente.
Fauna
La fauna dei Parco offre esempi di eccezionale valore, con specie che da sole potrebbero giustificare l'esistenza dell'area protetta.
Dopo anni di intolleranza e persecuzioni, essa è oggi difesa nella sua totalità, grazie all'opera, sia educativa che di tutela, svolta dall'Ente Parco negli ultimi anni. Per i visitatori non è facile avvistare gli animali, perché questi sono per lo più sfuggenti, elusivi e circospetti, forse a ricordo della negativa esperienza con l'uomo. Tuttavia in alcune stagioni dell'anno e in particolari circostanze (tranquillità, silenzio e rispetto dell'ambiente), è possibile osservare anche gli animali più spettacolari e rappresentativi del Parco, come il camoscio d'Abruzzo, l'orso bruno marsicano, il lupo, il cervo e l'aquila reale. Oggi il Parco ospita una grande varietà di animali che un tempo occupavano un areale assai più esteso nell'Appennino: 60 specie di mammiferi, 300 di uccelli, 40 di rettili, anfibi e pesci, e moltissime specie di insetti, comprendenti importanti endemismi.
Incontro: ore 08:30 in piazzetta a Campobasso
Partenza: entro le ore 09:00
Rientro previsto: entro le ore 19:00
Kilometri e tempi: 395 km – circa 7 ore 22 min
Arrivati su in Abruzzo, faremo un bel tratto di strada insieme agli amici abruzzesi che hanno organizzato l' uscita in maniera simile: Motoraduno Passo del Diavolo Gruppo Abruzzo 31/05
Seguiranno altre info nei prossimi giorni.