La MZ portò alla vittoria il motore a due tempi grazie agli
studi sulle onde sonore nel tubo di scarico e indicò il
cammino che tutti avrebbero seguito, prime Yamaha e
Suzuki.
Quest’ultima beneficiò direttamente di
tutte le scoperte della MZ grazie all’ingaggio del
pilota-ingegnere Ernst Degner, che aveva abbandonato la marca
dell’Est.
Presto le moto a due tempi dominarono le
classi minori, inclusa la appena nata (1962) 50cc, semplicemente
perché il nuovo motore era tecnologicamente vincente.
La
Yamaha, con le sue 250 bicilindriche a valvola rotativa, ottenne
potenze pari a quelle fatte registrare dalle 500 dell’epoca e
vinse più di un titolo mondiale.
La Suzuki preferì
concentrarsi sulle cilindrate più piccole: le sue leggere moto
a due tempi ottennero il primo posto nei campionati della 50 e della
125.
Vista la valanga di motori “fumanti” che
stava invadendo i Gran Premi, i nomi storici del campionato risposero
nell’unica maniera possibile: cercando di ottenere il massimo
dai motori quattro tempi.
Così la MV Agusta, che
regnava solitaria nella classe 500, continuò ad avere solo la
concorrenza di alcune Norton e Matchless a quattro tempi.
Nella
classe 350 invece, si trovò a lottare, durante tutti gli anni
Sessanta, con la Honda, anch’esse a quattro tempi.
Nella
250 la Honda elevò a sei il numero dei cilindri dei suoi
motori a quattro tempi. Questi propulsori erano in grado di girare a
17.000 giri al minuto, alla ricerca di prestazioni che superassero
quelle dei motori due tempi.
Nella classe 50cc la Honda portò
a due il numero dei cilindri, mentre equipaggiò le 125 con
propulsori a cinque cilindri capaci di girare a 20.000 giri al minuto
nell’intento di frenare lo strapotere dei motori senza
valvole.
Il futuro, però, non si poteva arrestare. I
sistemi di accensione e gli altri componenti elettrici fecero
progressi che permisero alla moto a due tempi di correre sempre più
veloci.
Il destino dei quattro tempi era segnato.
I
motori a due tempi risultarono subito molto più leggeri ed
economici da costruire e da revisionare rispetto alle pesanti e
complicate meccaniche dei quattro tempi.
In più, i
semplici motori a due tempi potevano sviluppare potenze superiori ai
propulsori a quattro tempi con una minore cilindrata.
Tutto
ciò fece si che non ci fossero dubbi su quale tipo di motore
avrebbe scritto la storia negli anni a venire: il campionato mondiale
sarebbe stato terreno di caccia dei due tempi.