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Divieto di transito
Scritto da hanno - Pubblicato 25/05/2011 15:26
Velocità e riflessioni in montagna - Dedicato a bradipoita

È necessaria una premessa: l'articolo è vecchio, di quasi dodici anni (il riferimento alle Lire parla chiaro...) ma il Post di bradipoita me l'ha fatto tornare in mente...
L'avevo scritto per un blog austriaco (cui partecipo tuttora) ma credo che, una volta tradotto, lo si possa ancora leggere e, forse, gustare.
Seconda premessa: dal Post sembra di capire che il famoso "Divieto di Transito" è stato rimosso...

Divieto di Transito

Una strada serve a collegare due punti. In linea teorica, ciò dovrebbe avvenire in linea retta. Contro questo principio si collocano montagne, insediamenti umani, abeti secolari: è per questo che l’uomo ha inventato le curve. La linea più lunga è però, spesso, la più interessante, specie quando la si osserva con l’occhio del motociclista che, anziché dalla linea più breve, sarà sempre interessato da quella con più curve e, per la fine settimana studierà le cartine a caccia dei posti giusti.

Per chi sta tra Veneto e Friuli, il Lago di Sauris, pare offrire accesso ad un carosello di serpentine e tornanti estremamente attraente. Dalla pianura ancora addormentata, si fa un po' di autostrada, tanto per gradire, si lascia presto la “Pallostrada” ed a Villa Santina si accede al magico mondo delle Alpi Carniche.
Tra panorami e tornanti mozzafiato, col finalino della corsa sull’orlo di una diga, ecco la riva del lago.

Gomme e muscoli belli caldi e si converge al punto di ritrovo, di fronte al belvedere. Qui si usa decidere se “farsi un altro giro”… formula magica che, per gli iniziati, allude a quella specie di percorso da Parco dei Divertimenti che, ridiscendendo ad Ampezzo, crea una specie di super circuito, bello e pronto.
L’appuntamento, dicevo, è sul piazzale del belvedere… ma anche di fronte al cartello: Transito Vietato ai Motocicli.

Molti hanno cercato sulle cartine i posti giusti, a caccia di curve, curve, curve per i sogni dei poveri abitanti del biliardo padano, abituati a Rane, Riso e Rettilinei. Avendo bisogno di belle curve e pedane a terra, mantovani e rovigotti risalgono le valli a folate. Gli indigeni, nella foresta, odono avvicinarsi il rimbombo dei Mau-Mau a quattro cilindri. I bambini vengono nascosti in casa. Ed ecco che, un brutto giorno, un avvocato di Pordenone comincia col tempestare di proteste Comunità Montana, Provincia, e Regione: nel suo “Relais” alla Maina arriva tanto rumore che “pare di essere a Monza, vengo qua per riposare… ” Venti di tempesta si scatenano sul lago. Risultato: da Pasqua la Strada delle gallerie, dal bivio fino alla Diga e, già che ci siamo, perché non includere tutta la strada del Pura, sono vietate ai motocicli. Sabato, Domenica e Festivi. Fine della storia.
Le orde di Triestini e Goriziani in camper pare che non diano fastidio, soprattutto agli avvocati (che hanno il SUV...).
La Maina è un balcone naturale in riva al lago. Da qui ogni domenica, decine di motociclisti, magari scaldati dallo zig-zag di Casera Razzo, imboccavano il toboga di sei tornanti (con due gallerie) per piombare giù verso Ampezzo. A fondovalle, districandosi nelle stradine del paese, si svoltava seccamente verso nord e risalire al lago della Maina per le trentatre curve (undici tornanti), del Passo Pura. Ventuno chilometri di adrenalina (appunto) pura.

C’erano domeniche in cui al Belvedere si potevano contare anche dieci moto in sosta. Nel ticchettio degli scarichi in raffreddamento, stavano stesi al sole motociclisti a riposare, fare due chiacchiere, commentare, tirare bestemmie per il ghiaino nelle curve, sorseggiare una birra al Bar Domini, con Vista Lago. Sulla spalletta del Belvedere c’è scritto “Parco Moto”; l’osteria sul bivio di Lateis ha anche il pomposo nome di “Pit Stop Lounge”.

Su asfalto e muretti, lungo il tracciato del Pura, si leggono segnalazioni: “Curva Suzuki”, “Occhio – Trampolino!” “Curva Bastarda”, “Da qua in poi a Manetta!”, etc. C’è anche un roccione con una stella rossa, sotto cui si legge: “Quinta di Walter”. Il punto indica dove ha finito di rotolare “Walter”, uno dei più veloci di Ampezzo. La quinta Birra Moretti era stata di troppo… un paio di curve hanno il guard-rail, le altre solo una ringhiera, quattro sono segnate da croci, mazzetti di fiori rinsecchiti: alcuni incidenti sono stati gravi.

In cima al Pura qualcuno ha scritto “Andate ad ammazzarvi in pista!”. Il problema è che il circuito più vicino è in Austria, a 100 km e a 35mila Lire per quarantacinque minuti in pista. Qui era gratis. Gratis, ma proprio tanto stretto, con le gallerie buie e i veicoli in senso contrario; e poi escursionisti, biciclette, camper, animali. A volte ci si dimenticava della loro esistenza.

Quelli che sono ampezzani e contemporaneamente motociclisti considerano il problema con occhi differenti: la pace dei boschi, naturalmente, va bene; va bene anche bloccare gli incoscienti (specie se sono venuti dalla pianura) con 150 cavalli ululanti nello scarico aperto, ma questo era un terreno di gioco che gli indigeni ritenevano insostituibile e, forse, di esclusiva proprietà.

Come Domenico, detto “Menes”, di Sauris-Field. Geometra comunale, trentasei anni, moglie e due figlie, anzi, tre, contando la Z-750 con gli scarichi nuovi (“cari, ma senti che voce”). Menes, oggi, dice di aver “messo giudizio”. Ma fin da ragazzo, quando andava a scuola ad Ampezzo col cinquantino “racing” truccato, nessuno gli stava davanti. Battistrada consumato più sui fianchi che al centro, pedane affilate come da una lima, le più piallate del paese.
Nonostante due gravi incidenti, oltre ad innumerevoli più lievi, il rapporto di Menes con la moto non si era mai incrinato fino a pochi mesi fa, quando il suo compare e sparring-partner è finito giù per trenta metri di scarpata, appena sopra il bivio di fondovalle. Risultato: in carrozzella per il resto dei suoi giorni. Questo poteva dare da pensare, per un po’…

Ma se il sole riesce a riscaldare il fondovalle, la mano destra ricomincia a prudere: allora Menes “deve rifarlo”. Lui nega di inseguire dei record, ma qualcuno, in paese, mormora che, una volta, sia piombato nel “Curvòn” a 180 orari ed al cartello d’inizio del centro abitato di Ampezzo, sia passato a 220 di tachimetro. Una prestazione che viene raccontata con un misto di critica ed ammirazione.

“Solo i migliori muoiono giovani” ha scritto sul muretto un bello spirito. In realtà, parte del problema moto, a Sauris, come su tutte le strade di montagna, consiste nel fatto che troppo pochi ritengono questo motto stupido, anzi, molto stupido…
 

Commenti degli Utenti (totali: 9)
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Commento di: Playboy89 il 25-05-2011 17:25
il racconto è davvero bello!(hai fatto benissimo a riproporlo) mi è venuta voglia di girare queste strade!
visto che non sono poi nemmeno tanto lontane da casa!
Commento di: Ospite il 25-05-2011 19:48
Grande Johann e che stile... l'ho letto tutto d'un fiato sperando che non finisse mai. Veramente un bel racconto e mentre lo leggevo m'è venuta una voglia di prendere la moto e partire in esplorazione per una di quelle strade tutte curvose che per volere del Padre Eterno in Sardegna sono praticamente l'unica tipologia di strade conosciuta.
Mi farebbe piacere leggere anche il post di Bradipoita, se mi potessi postare il link mi faresti cosa grata.

Ps. devo assolutamente conoscerti: sei una persona troppo interessante... ;o)
Commento di: hanno il 26-05-2011 00:23
Copia questo: http://www.motoclub-tingavert.it/t606732s.html

Ciao, fiero Sardo...
Commento di: motociclope il 26-05-2011 09:29
Giò, come sempre, bellissimo racconto. Il finale è perfetto, direi. Grazie e complimenti. Ah. . . . Alex, confermo, il Maestro è davvero interessante e non solo. . . . non solo. . . .
Commento di: Maurizio60 il 27-05-2011 07:47
Johann grazie per questa nuova perla di Articolo e di saggezza!

Buona Strada Sempre!
Commento di: GUNNY68 il 27-05-2011 09:39
Bellissimo racconto,
... ho la pelle d'oca..
Commento di: Javamezzelfa il 27-05-2011 23:16
"Solo i migliori muoiono giovani" è la frase più fuori di melone che abbia mai sentito XD
Il bello spirito doveva essere particolarmente satollo di spirito per sfornare una frase del genere.

Molto appassionante l'articolo. Grande.
Commento di: Ospite il 28-05-2011 10:50
In realtà era un motto latino che recitava, più o meno: "muore giovane chi agli dei è caro" per sottolineare lo sprezzo della vita della gioventu repubblicana in favore della virtù guerriera tipica dell'antica Roma. Naturalmente applicarla alla moto sottolineando lo sprezzo del pericolo dei giovani motociclisti è del tutto reprensibile.
Commento di: JO74 il 01-06-2011 18:18
Che dire se non: semplicemente bellissimo...!!
Complimenti.