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Agosto 2011, Routes des Grandes Alpes e raduno di Rovereto
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13462800 Inviato: 13 Giu 2012 17:20
Oggetto: Agosto 2011, Routes des Grandes Alpes e raduno di Rovereto
 

È passato quasi un anno, ma grazie alla mia mania di conservare tutto, agli scontrini e alla mappa scritta a mano, posso lo stesso riscrivere brevemente quelli che sono stati 5 giorni di giri in moto, nella zona delle Alpi dei nostri vicini di casa di Nord-Ovest e del raduno Pippo Zanini di Rovereto.
Era circa questo periodo, giugno, ma del’anno scorso, il 2011. Sfogliavo le cartine, cercavo delle ispirazioni per una possibile girata di qualche giorno in moto. Mi sarebbe piaciuto qualcosa tipo moto+tenda, ma anche moto+hotel non era da scartare. Si trattava di pochi giorni, con la possibilità di non ritornare tutte le sere a un posto fisso, quindi prevaleva già l’idea che l’hotel/bettola/ostello/quello che la strada offriva sarebbe potuto andare bene.
Andrea era già stato al Col de la Bonette, ne era rimasto entusiasta. Io, da quando ci ho messo piede, sono rimasta innamorata dei Grigioni svizzeri. E così l’itinerario che andavo cercando era lì nei dintorni.
Finchè non ho scoperto che i francesi, per aumentare il turismo delle biciclette sulle loro Alpi, avevano inventato la Route des Grandes Alpes. Dretta così non mi affascinava più di tanto: partire da Mentone e arrivare al lago di Ginevra, su strade alpine, col rischio di trovarsi dei ciclisti in stile Tour de France in ogni curva proprio non mi attirava. Immaginatevi strade come quelle del Gavia, piene di bici in entrambe le direzioni e voi che volete passare in moto...Preferireste piuttosto starvene a ponte di Legno seduti al bar, a guardare la gente che passeggia.
Poi ho indagato meglio e ho scoperto che ai ciclisti, di quella strada lì, non gliene può interessare di meno. Preferiscono andare altrove. Dentro di me, quindi, è scattata una piccola scintilla: se i ciclisti non ci sono, i pericoli a ogni curva e tornante sono dimezzati. Risolto questo primo indugio, dovevo però trovare il modo per far sì che la strada fosse “bella”. Di fare gli ultimi 150 km nella vallata pianeggiante che porta al lago di Ginevra, non era una cosa contemplabile. In moto, almeno. Allora ho pensato che la deviazione migliore fosse per la Svizzera, passando per la Val d’Aosta. Così, almeno, ci sarei stata almeno 1 volta nella vita, in Val d’Aosta!
Più ci pensavo, più mi sembrava che l’idea stesse prendendo forma. Poteva diventare un’enorme raccolta di figurine di passi, tutti al di sopra del 2000m (Andrea mi ha detto che, altrimenti, la figurina non la vuole....).
Ho così iniziato a mettere su carta quella che era l’idea:
Partenza: Monghidoro
Autostrada via Bologna, Modena, Parma, piacenza, Ovada, Savona, Imperia, fino al confine con la Francia. Abbandonata l’italia, si doveva abbandonare anche l’autostrada.
In francia, a Mentone si sarebbe poi andati a Sospel, fare il Col de Turini (1076 m), Villars sur Vars, Bocche di Dedalois, Beuil, Isola. Da lì il Col de la Bonette (2715, o quel che se ne vuol dire), per discendere poi a Jausiers e Barcelonette. Risalire di nuovo per il Col de Vars (2111) e ridiscendere a Guillestre. Da lì ripartire subito per il Col de l’Izoard (2361 m), per arrivare a Briançon.
Da lì, con 2 colli da valicare, come il Col de Lautaret (2058 m) e il Col du Galibier (2556 m) arrivare in un’ottantina di km a Saint Michel de Maurienne. E, sempre sulla Route des grandes Alpes, fare il Col de l’Iseran (2770 m), per arrivare in val d’Isere. La Francia, sulla carta, sembra davvero ricca di passi e valichi. L’idea mi sta invogliando sempre di più a cercare dei bei posti dove passare. Mi accorgo, però, che diventa il momento di lasciare la Francia, se si vuole restare sopra i 2000m. È il momento di tornare verso la Val d’Aosta, passando prima per il Colle del Piccolo san Bernardo (2188 m), poi per il primo villaggio italiano che è Prè Saint Didier, poi Aosta e infine verso la Svizzera passando per il Colle del Gran san Bernardo (2473m). La Svizzera diventa solo il pretesto per avvicinarsi verso est, cercando di sfruttare strade buone (esistono strade malmesse in Svizzera? Che io sappia, no!) per andare poi al raduno di Rovereto.
Il raduno....certo che se andavo avanti a pianificare di questo passo, avremmo davvero dovuto fare anche il Gavia, il Mortirolo, lo Stelvio e magari anche il passo Resia, prima di arrivare... Allora ho pensato a una deviazione: sfruttare la Svizzera, sì, ma solo fino a un certo punto. Arrivati a Brig, tenere per il Simplonpass (o passo del Sempione, 2005 m), per arrivare a Domodossola. Da lì, via Milano, Bergamo, Brescia e Verona, raggiungere Rovereto.
Ma tutto questo era sulla carta. Mi serviva l’approvazione e il benestare del comandante della moto, colui che mi aveva detto “pensa a un bel giretto, che poi andiamo al raduno a Rovereto, visto che l’ho promesso a Brunello”.
Ho allora fatto vedere tutto ad Andrea: atlante stradale sottomano, gli ho mostrato quella che era la mia idea. Un po’ era perplesso per la tanta autostrada per gli spostamenti iniziali e finali, un po’ si è convinto non appena ha contato il quantitativo di cime sopra ai 2000 che gli chiedevo di portarci a vedere.
Così, tra il dire e il fare, è arrivato anche il mercoledì 17 Agosto 2011.
NOTA: per le foto: Link a pagina di Plus.google.com
Moto carica, sveglia alla mattina presto, tutti pronti, partenza, via. Da Monghidoro siamo arrivati verso le 2 del pomeriggio a Mentone. Da lì, per abbandonare il caldo e l’afa finora subiti, nonostante le velocità autostradali, non ci siamo fermati neanche un istante e siamo partiti verso le Grandi Alpi. Arrivati in quota, smaltita la calura della pianura, ci siamo concessi una veloce pausa pranzo con un panino e un po’ d’acqua del sindaco, nello stesso paesino e con lo stesso ponte sullo sfondo delle girate delle pantere al Col de la Bonette.
L’emozione di passare per il Col de Turini per me è stata grandiosa. Nessun guard rail, nessuna barriera, nessun albero; solo strapiombi e precipizi su curve mozzafiato. Ricordo ancora, a un anno di distanza, la chiesetta dedicata a Notre Dame de Bonne Vojage. Dove dovevano erigerla, se non lì?
Oltre alla bellezza della strada, dei panorami, degli scorci, mi allibiva l’assenza assoluta di traffico. Mi aspettavo strade comunque un po’ trafficate, magari non da tanti ciclisti, ma almeno da qualche moto e macchina sì. Era agosto, ci doveva essere, secondo me, della gente che sceglieva quell’itinerario per le ferie. E invece mi sbagliavo. Sarebbe stato un viaggio con la strada quasi tutta per noi.
Un altro po’ di strada poi, tra i rossissimi massi delle Gorges du Cians e del Col de la Cuillole. Lì iniziamo a cercare l’hotel, ma il rifugio che a me ispira, ad Andrea sembra un posto isolato in stile “shining”, quindi non entriamo neanche a chiedere. Decidiamo di rientrare sulla via maestra verso Isola. Il pomeriggio comincia ad avanzare, la strada fatta è tanta. Abbiamo davvero bisogno di cercare un rifugio per la notte.
Nei vari paesini che troviamo lungo la via ci dicono che alcuni hotel sono in duisuso, con porte e finestre sprangati. Altri funzionano solo da bar. A Isola 2000 sono chiusi, perchè in estate non c’è neve e non val la pena tenere aperto. Forse che dovesse andar bene quel bel posto alla “Shining”? A un certo punto, a S. Etienne sur Tinee, ci imbattiamo in una locanda a 1 stella che ha l’ultima camera libera. Ci avvisano anche che nei dintorni non ci sono altri hotel. Quel posto lì, quindi, va BENISSIMO! Il prezzo, 85,20€ (non trattabili e non arrotondabili) per 2 persone per una camera in un hotel a 1 stella, col bagno in camera e la colazione sembra un po’ alto, ma si accetta di buon grado. In camera ci si accorgge che tutto quanto è di recupero. Non c’è una cosa che sia accompagnata all’altra, nemmeno gli asciugamani sono simili. Uno addirittura, proviene da una famosa catena di hotel. Forse l’avranno messo per sbaglio in valigia e riciclato lì.
La doccia ristoratrice dopo 664 km di strada ci ha fatto capire che, oltre alla stanchezza, anche la fame stava prendendo il sopravvento. La locanda aveva anche il ristorante, all’aperto, in cui c’era già parecchia gente seduta ai tavoli. Io ordino della pasta condita coi formaggi locali e un’insalata mista, Andrea un bell’hamburger con patatine, salse e verdure varie e il dessert. Intanto che chiacchieriamo seduti a tavola, ci accorgiamo che neanche i bicchieri che ci hanno portato per 2 birre e l’acqua per 2 sono uguali. Anche qua, come per gli asciugamani, 4 bicchieri diversi! Guardare le foto per credere! (cena: 33,50€)
Dopo cena, per sgranchire le gambe, facciamo un giretto in paese. Si sta bene, c’è una leggera brezza, che a violte è quasi fredda, ma ricordando quanto di bolliva in autostrada alla mattina è accettata volentierissimo. St Etienne de Tinee non è male, un tipico paesino montano con il municipio decorato con tanto di dipinti di “egalitè, fraternitè, libertè”.
È tardi, un comodo letto un po’ sfondato ci attende e noi decidiamo di andare a fare la nanna . La mattina dopo, arriveremo sopra i 2000m.
È Giovedì. La mattina, appena svegli, decidiamo di fare colazione, poi vestirci e intanto che io pago e riprendo i miei documenti, Andrea carica la moto. La colazione è compresa negli 85,20€, ma non è nulla di spettacolare. Anzi, la ricordo piuttosto deprimente, soprattutto per il quantitativo di mosche e mosconi che ronzavano ovunque. La moto aveva dormito all’aperto, sulla ghiaia, ma fortunatamente al risveglio non abbiamo rilevato nessun inconveniente.
Si risale in sella e Andrea mi porta dritto dritto al Col del la Bonette. Pian piano, più si sale di alrtitudine, più calano gli alberi e la vegetazione, fino a far diventare un enorme ghiaione tutto ciò che ci circonda. Curve, tornanti, sole e viste mozzafiato, vacche al pascolo e profumo di campi di montagna fioriti, un po’ di ghiaia, qualche piccola buca, pochissimo traffico, tantissima salita finchè si giunge alla stele della Bonette. Ci fermiamo giusto per le foto di rito e scopriamo che i pochi altri turisti che ci sono sono degli italiani. Un padre col figlio piccolo che fanno la “gita fuoriporta” visto che sono piemontesi e un gruppo di 4 signori lombardi sulla 50, che re-incontreremo ogni tanto lungo la via. Insomma, tutto il traffico che c’era, abbiamo avuto il piacere di conoscerlo di persona.
Ripartiamo in fretta, Andrea ha voglia di moto e di curve. Fino a lì c’era già stato, gli altri passi dopo, invece no. Mi sembrava di intravedere una leggera smania di vedere il resto, nei suoi occhi.
Lungo la strada tralasciamo Barcellonnette, per dirigerci invece verso Jausiers e poi da lì risalire il Col de Vars (2111 m). Arrivati in cima, con la scusa dell’adesivo, entriamo al rifugio e ci gustiamo anche un pessimo caffè. La cosa che mi sembra subito strana, e che mi pare strana ancora oggi, è come non ci sia nessuna spinta da parte dei francesi di invogliare la gente ad andare a visitare quei posti: sono alpi meravigliose, con strade altrettanto belle, ma altrettanto lasciate “alla natura” e molto poco civilizzate. Se penso a quante rivendite di panini ci sono allo Stelvio e quanto “nulla” ci sia invece qua, non riesco nemmeno a fare il paragone.
Ripartiamo comunque velocemente: è ancora mattina, una bella mattina di sole, siamo ad alta quota e c’è l’aria perfetta per girare in moto. Bisogna approfittarne. E allora discendiamo verso Guillestre, per abbandonarla altrettanto in fretta e risalire nuovamente in quota. I 2361 m del Col d’Izoard sono la nostra prossima meta. Fiuni e torrenti color turchese e smeraldo ci accompagnano lungo la salita, per poi lasciare spazio di nuovo a prati e rocce. Alla fine degli ultimi tornanti, poi, la stele dell’Izoard.
Andrea ci sta prendendo davvero gusto a guidare, la moto corre leggera e sicura a ogni curva, sembra volerlo anche lei di andare a vedere un altro passo in più, un altro ancora. Ascoltando l’istinto, si risale di nuovo in sella: niente smancerie ai posti dove si passa, niente pisolini sui prati assolati. Solo tanta voglia di girare in moto.
Una nuova discesa ci attende: ci dirigiamo verso Briançon. Lì ci fermiamo a un carrefour per comperare il pranzo, spendendo ben 5€: una baguette, un po’ di affettato, qualche pesca nettarina e una cocacola. Non pranziamo però lì: il caldo, a “bassa quota” è terribile e infernale. La moto sembra dire: venite, vi porto io in un bel posto....
E allora, alle 3 del pomeriggio, col pranzo nel bauletto, ripartiamo alla volta di altre cime. Ormai è deciso: il Col du Lautaret (2058) e il Col du Galibiert (2556m) devono essere fatti. Tanto, sono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro: l’importante è arrivare al primo, che poi sei già al secondo! E così infatti accade. Altri tornanti, prati, valli maestose, dirupi imprevedibili e vacche al pascolo in mezzo alla strada ci accompagnano anche in queste ore. Insomma, 5 passi sopra i 2000 in una giornata e il cuore pieno di gioia.
Durante la discesa dal Galibiert ci fermiamo in una piazzolina a fare merenda con quello che sarebbe dovuto essere il nostro pranzo: ormai sono le 5 del pomeriggio, ma ci sembra che la giornata non debba finire mai. Per l’occasione, visto che pranziamo vicino a un prato di margherite, addobbo anche il bauletto della moto di Andrea.
Arrivati a St Michelle de Maurienne dobbiamo percorrere un po’ di strada di vallata. Passata Modane iniziano i temporali. A volte prendiamo dei piccoli scrosci, ma in lontananza i nuvoloni neri iniziano a diventare minacciosi e incombenti. Ci fermiamo al riparo di una tettoia. Prima spiove, poi cadoo altre 2 gocce, poi smette di nuovo. Andrea, visto che è lui che guida, è lui che decide cosa è meglio fare: andare avanti lungo la via e fermarsi al primo hotel utile. Ormai comincia anche ad esser tardo pomeriggio e un valido riparo per la notte è un’esigenza.
Arrivati a Lanslevillard, troviamo una locanda a 2 stelle che ha, anche lei, come quella di ieri, l’ultima camera libera. La camera costa 75,60€, colazione compresa, e visto che siamo in moto ci mettono a disposizione un box auto visto che il diluvio sta per arrivare. La cameretta è al piano leggermente interrato, è un po’ fredda e umida, ma Andrea, da bravo tecnico manutentore di hotel come è, riesce a far partire il riscaldamento nonostante sia estate e la situazione migliora un po’.
Ceniamo nel ristorante lì accanto: Andrea la fonduta (buona!) e una crepes con crema di marroni e gelato alla vaniglia (super mega extra buona) e io una tartifilette, le patate pasticciate al forno con i formaggi di altta montagna (molto buono anche quello...). Spendiamo la folle cifra di 37,50€. Entrambi pensiamo: perchè ieri, per essere stati trattati decisamente peggio, abbiamo anche speso di più??? Dopo cena evitiamo qualunque giretto a piedi: le nuvole nere che avevamo visto in lontananza si erano trasformate in forte diluvio già durante la cena.


DOMANI CONTINUO!!!
 
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13462992 Inviato: 13 Giu 2012 17:55
 

Citazione:
La cosa che mi sembra subito strana, e che mi pare strana ancora oggi, è come non ci sia nessuna spinta da parte dei francesi di invogliare la gente ad andare a visitare quei posti: sono alpi meravigliose, con strade altrettanto belle, ma altrettanto lasciate “alla natura” e molto poco civilizzate. Se penso a quante rivendite di panini ci sono allo Stelvio e quanto “nulla” ci sia invece qua, non riesco nemmeno a fare il paragone.


per me è proprio quello il suo bello.
Arrivare in cima all'Izoard o al Vers, cosi come alla Bonette mi fa sentire vicino alla natura.

Arrivare in cima al "centro commerciale dello Stelvio" ....non mi dice niente icon_wink.gif
 
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13467381 Inviato: 14 Giu 2012 16:38
 

I km fatti nella giornata non sono stati tanti, circa 260, ma i posti visti, le strade, le curve, i passi fatti ci fanno andare a letto soddisfatti. Anche perchè, poi, 5 passi sopra i 2000m in una giornata, non sono neanche male.
Venerdì. La mattina ci alziamo di buon ora, pronti per un’altra intensa giornata su è giù per le alpi. Poichè sappiamo che il tempo per il pranzo sarà minimo, speriamo in una colazione migliore di quella del giorno prima. Così infatti è: tanto buon pane caldo, marmellate artigianali, un po’ di affettato e formaggio e poi anche il caffè.
Intanto che io pago, ritiro i documenti e faccio tutte le procedure burocratiche, Andrea va a recuperare la moto dal garage, per mettere quel poco di bagaglio che ci serviva dentro ai bauletti. La signora alla reception mi conferma la cifra pattuita alla sera prima. Pago molto più volentieri del giorno prima e mi prendo un bigliettino da visita per il non si sa mai che si voglia ri-capitare di lì:
Chalet Les Melezes, Creperie – Resataurant
Chalet-les-mezeles.com
au pied deu télécabine
73480 Lanslevillard
Val cenis

La mattinata si preannuncia soleggiata, le nuvole nere del temporale si sono trasformate in tante piccole nuvolette bianche che si vanno disperdendo. L’aria è molto fresca e frizzante, l’asfalto è bagnato per la tanta pioggia, ma fa vedere che non appena il sole lo scalderà sarà asciutto e perfetto. Accanto a noi il monte Cemis fa ancora ombra sulla vallata a causa della sua imponenza.
Non ci resta quindi che partire, con la dovuta attenzione alla ghiaia e al bagnato lungo la strada, per raggiungere il Col de l’Iseran. Percorriamo dapprima qualche stradina secondaria che ci suggerisce il navigartore, così da vedere da mexzza quota i paesini che ci sono in vallata. Poi arriviamo su quella che è la strada che va al Col de l’Iseran. Come per gli altri valichi, niente guard rail, niente centri commerciali in cima, all’arrivo. Solo tanta natura, percorsa da una strada che il governo ha voluto far costruire all’esercito per portare del turismo. E noi siamo i turisti. Così fortunati da essere quasi gli unici, da permetterci il lusso di aver la strada tutta per noi, da poter tenere l’andatura migliore, quella che ti chiede l’istinto e il momento, perchè tanto non dai fastidio a nessuno. (Così soli che in cima, trovandomi costretta alla necessità di un bagno, ma non essendoci nessuna struttura aperta al pubblico, non ho dovuto faticare a trovare un po’ di privacy). Ecco quindi perchè gli adesivi dei passi li si è acquistati nei bar lungo la via, quando ci si fermava magari per un caffè.
Dopo le foto di rito, ripartiamo senza indugi. Scendiamo verso valle, guardando il Gran Paradiso e la Val d’Isere. La strada è abbastanza lunga, ricca di curve e di scorci spettacolari. Arrivati a valle, seguiamo le indicazioni per tornare in Italia. Tutta una scusa per poter fare il passo del piccolo San Bernardo (2188 m) e vedere il Gran Paradiso da un’altra angolazione. Arrivati al passo troviamo una enorme struttura che una volta era usata come ostello per i viandanti che dovevano andare dalla Francia all’Italia e viceversa. Ora quella struttura è completamente chiusa, così come la sua gemella di costruzione più recente. Le guide turistiche dicevano di fermarsi a guardare la piccola Stonenge Italo-franca, in quanto fin da epoca preistorica sono state disposte delle pietre a cerchio, con disposizioni particolari. Peccato che la strada tagli a metà questa opera preistorica e che le erbacce facciano il resto per nasconderla. Nè deluisi, nè affascinati, ripartiamo in fretta verso Prè St Didier e Aosta.
Passato il capoluogo, però, la giornata, però si rannuvoila un po’. Non capiamo se vuol essere solo foschia o minacci anche pioggia. Tanti motociclisti che ci vediamo venire incontro appena svalicato in italia indossano gli antiacqua. Noi decidiamo di rischiare e di non mettercela; saremo fortunati.
Seguiamo le indicazioni verso la Svizzera, verso Martigny. In questo modo saremo “costretti” a passare per il Colle del gran San Bernardo (2473 m). Il colle è appena passato il confine, in Svizzera. Per renderlo ben chiaro e non fraintendibile, spuntano subito le bandiere svizzere seminate qua e là. Gran bel posto la Svizzera....
L’asfalto, che prima era un po’ malandato e usurato, diventa perfetto. La strada è asciutta, pulita, in ottime condizioni. Si ha solo la voglia di fare dei km. In più il Monte Bianco da una parte e il Cervino dall’altra fanno da ottimo sfondo per questa giornata. L’unico difetto diventa solo il cielo, a volte velato, a volte un po’ uggioso. Arriviamo a Martigny e da lì, percorrendo le strade della valle della Rodano e il cantone Vallese. Sterminate piantagioni di alberi da frutta e orti ci circondano. Una vallata calda e soleggiata, quasi fin troppo calda per i nostri gusti. Per ritemprarci, ci fermiamo per pranzo da Mc Donald a Sierre.Visto che si è in Svizzera e tutto è più caro, per due cheesburger, le patatine, 1 cocacola e 1 gelato si spendono 20€. Ma almeno possiamo godere dell’aria condizionata all’interno del locale. All’esterno, data sia l’ora, che il periodo, che la posizione soleggiata, il caldo è ormai troppo fastidioso.
Dobbiamo tornare verso quote più elevate. È l’unico modo per sfuggire alla calura.
Ma la strada nella vallata, neanche a fare apposta, per noi stava terminando. Prima di Brig, infatti, cambiamo strada e puntiamo verso il Simplonpass, per dirigerci verso milano e abbandonare così la Svizzera. La strada diventa meravigliosa: curvoni larghi, ben prgettati e ancora meglio realizzati, salite ripide ma che non sembrano nemmeno tali. Dentro di me sentivo la voce di Saetta Mc Queen di Cars che diceva “Velocità. Sono...velocità”. Nessuna altra strada mi ha mai dato quella sensazione. Se mai guiderò una moto, sarà bene che su quella strada non ci guidi mai. Perchè non è una strada, è un circuito trasformato in percorso che ti porta da una parte all’altra, con paesaggi meravigliosi da entrambi i lati, laghetti, prati e vacche al pascolo sullo sfondo. Una strada bellisima, ma che si fa ai 1*0 molto abbondanti (meglio non dichiarare...) in sicurezza, con la moto carica e con due persone a bordo: quindi, per me, un circuito. Mantenere i limiti imposti è difficile, troppo difficile. Per tutti, anche per i locali. Forse proprio per questo motivo i cartelli che “implorano” di moderare la velocità sono numerosi.
Arriviamo in cima. La mia ignoranza si erudisce un pochino e scopre che il Simplonpass e il passo del Sempione sono la stessa cosa. Si fanno due foto ai cartelli del passo senza neanche quasi scendere dalla moto. Si salutano al volo quel gruppo di signori incrociatri alla Bonette ( e incrociati anche a un altro passo, ma non ricordo quale) e si continua la strada. Anche in discesa continua ad essere della stessa fattezza che in salita. Poi si arriva in Italia. Alla dogana l’asfalto cambia, torna a essere il nostro asfalto di sempre, senza lode e senza infamia. La strada si stringe e fa capire che anche il passo deve cambiare.
Passando tra i vari paesini prima e poi lasciando il centro di Domodossola fuori dal nostro itinerario, iniziamo a guardarci attorno sul posto migliore per fermarci a dormire. Dopo Domodossola inizierà per noi la superstrada e l’autostrada per Rovereto, quindi sembra meglio fermarsi ora. Il pomeriggio, poi, è anche già quasi terminato e anche oggi abbiao fatto 300 km di strade di montagna. Fuori Domodossola troviamo l’hotel Internazionale (via Regione Nosere 8, Domodossola, 3 stelle), che ci può offrire la camera e la colazione della mattina a 85€. Stesso prezzo dell’hotel francese a 1 stella, ma trattamento molto molto migliore. L’unico problema, ci dicono, è che non hanno il ristorante aperto perchè è metà agosto e tutte le aziende nei dintorni sono chiuse per ferie. Ci consigliano uindi un ristorante nelle pugliese nelle vicinanze (ristorante Pattarone, via Gentinetta 14);facciamo la doccia, abbandoniamo i vestiti da moto e ci andiamo a piedi; mangiamo piatti normali e nulla di speciale, spendendo comunque ben 25€ a testa.
Ritornati in camera il letto e il sonno hanno il sopravvento.
Sabato: la colazione, sinceramente, non mi ricordo come fosse. Comunque ripartiamo in moto alla buon’ora, perchè ci attende una giornata dove l’autostrada, le strade di pianura, il sole e il caldo la faranno da padroni. L’unica cosa positiva sarà che nei dintorni di Milano, essendo periodo di Ferragosto, tutte le tangenziali le troveremo assolutamente libere e tutte a nostra disposizione.
Passato Milano, accostato Bergamo e Brescia, ci fermiamo per una pausa in autogrill, all’ombra dei pioppi del parcheggio. Lì veniamo raggiunti da un’altra moto, tipo da enduro se non sbaglio (Andrea, che moto era?)con una coppia di ragazzi bresciani a bordo. Stavano andando sul lago di Garda per trascorrere il pomeriggio là. Lei in infradito e pantaloncini, con due teli da mare per ammorbidire la sella, lui in berbuda, scarpe da ginnastica e magliettina a guidare. Mi ricordo il primo sguardo: noi vestiti stile “robocop” che pensavamo all’ipotesi di un moscone ad alta velocità che li colpiva ad una spalla, loro che pensavano a noi e ai litri di sudore che dovevamo far macerare dentro quell’abbigliamento... Il mondo è bello anche perchè è vario!
Smaltito il caldo e asciugato un po’ il sudore dentro alle giacche (non avevano tutti i torti...) siamo ripartiti, ben consci di cosa sia il traffico sul Garda in quel periodo. Infatti, come previsto, a partire da Sirmione, per poi proseguire lungo tutta la A22, il traffico autoistradale era quasi paralizzato. Noi abbiamo seguito l’autostrada fino a Verona, per poi fare l’Abetone-Brennero per costeggiare il Garda e arrivare a Rovereto. Facendo così, abbiamo avuto la soluzione migliore: si andava pian pianino a causa di incroci e semafori, ma almeno si andava in modo scorrevole.
Al pomeriggio tardo siamo arrivati al Nero Cubo Hotel (4 stelle, a fianco dell’autostrada A22, a Rovereto). Lì Andrea aveva prenotato, sfruttando la convenzione del raduno. L’hotel più bello, lussuoso, stellato era, alla fine, quello che costava meno: 70€ per avere gli stessi trattamenti ricevuti dalle altre parti.
Stanchi a causa del caldo patito nei 350 km percorsi, ci facciamo una doccia per rinfrescarci un po’, prima di raggiungere gli alti al raduno. Ci vestiamo poi “civilmente” e andiamo in piazza a Rovereto ad iscriverci. Dopo un po’ di tempo incontriamo un po’ di gente nota e le chiacchiere “da raduno” hanno inizio. Durante la cena, sotto al tendone, abbiamo la conferma che gli italiani sono in minoranza e la birra è in assoluto la partecipante con maggior successo.
Domenica: dopo una colazione da mille e una notte, con molteplici tipi di vassoi da cui scegliere, prepariamo armi e bagagli, ci ri-vestiamo in tenuta da moto e ci prepariamo a raggiungere gli altri dal tendone del raduno. Vogliamo partire direttamente da là, dopo pranzo, per tornare verso casa.
Fortunatamente avevamo preso con noi anche i costumi da bagno, visto che al nerocubo c’era la piscina. Non li abbiamo usati però in piscina, ma come “abbigliamento motociclistico” da tenere sotto al tendone. Il caldo era davvero allucinante. Addirittura dei tedeschi tenevano i piedi in ammollo dentro ad un freezer portatile...
In ogni caso la presenza di 8 tesserati FMI del motoclub Lucca e la distanza maggiore hanno fatto in modo che anche quest’anno il motoclub portasse a casa il primo premio.
Dopo la premiazione, dopo un panino per pranzo, ci siamo ri-vestiti e siamo partiti alla volta di Monghidoro. Ci attendevano 250 km di autostrada, di cottura a fuoco lento. All’arrivo, la tappa d’obbligo al passo della Raticosa.

Ripartirei anche domattina........
Buona strada a tutti coloro che domattina ripartono davvero, per una bella zingarata sul Col de l’Iseran

Nota finale:
spesa per la benzina: 118€
spesa di pedaggi autostradali 34,97 verso mentone, 17,89 da Rovereto a casa
km totali: a voi far la conta....
 
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13472713 Inviato: 15 Giu 2012 20:17
 

comandina ha scritto:
Buona strada a tutti coloro che domattina ripartono davvero, per una bella zingarata sul Col de l’Iseran

Il Col de l'Iseran è segnato tra le "cose da fare"... Spero di riuscire a farci un salto quanto prima.
Intanto, grazie al tuo report, prendo appunti... icon_asd.gif icon_wink.gif

comandina ha scritto:
Fortunatamente avevamo preso con noi anche i costumi da bagno, visto che al nerocubo c’era la piscina. Non li abbiamo usati però in piscina, ma come “abbigliamento motociclistico” da tenere sotto al tendone. Il caldo era davvero allucinante.

Avevo visto delle foto al riguardo... Bè, devo dire che l'abbigliamento bagnociclistico non passava certo inosservato...!! icon_asd.gif icon_asd.gif


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