Finalmente è giunto; dopo settimane di attesa, pensieri e speranze, il giorno della partenza è arrivato. Ultimi preparativi in compagnia, i saluti, la piccola Aprilia carica come un mulo diretto al fronte, indosso la tuta, gli stivali, i guanti e il casco, alle 12 di
venerdì 9 giugno tutto è pronto...
Fermo nel garage accendo la moto, mentre chi ha passato la mattina con me corre in strada pronto ad immortalare la mia partenza, l’entusiasmo è al massimo, la felicità e la voglia di viaggiare riempiono l’aria che mi circonda.
Il motore si scalda, manca poco ad ingranare la prima e partire...
Gli ultimi pensieri tornano ai pochi giorni appena trascorsi, carichi di preoccupazioni e tristezza, di paura. Ripenso che solo poche ore prima ero indeciso se partire o meno, se fosse la cosa migliore o meno, per me, per tutto ciò che mi stava succedendo.
Il coraggio ha il sopravvento e monto in sella, giù la prima e si parte, esco
dal garage con tanto di fotografo improvvisato per l’occasione con il cellulare,
l’ultimo saluto ed inizia l’avventura...
Esco da Mestre, passo Marghera con le fabbriche a farle da sfondo, prendo la Romea e qui sento veramente di essere partito. Finalmente, le preoccupazioni svaniscono e resta solo la gioia di divorare chilometri. La Romea sembra infinita, pericolosa perché a quanto pare lo sport locale è puntare le moto in sorpasso ma arrivo incolume a Chioggia, la strada mi consente di ammirare la Laguna veneta in un modo in cui non avevo mai potuto apprezzarla, la barena si apre in tutto il suo splendore sulla destra. Proseguo per la statale in direzione Ravenna e devo dire che il susseguirsi di piccoli centri ormai quasi disabitati fa un certo effetto, il traffico è terribile per quella strada e alla prima occasione decido di prendere una “via minore”. Questa si presenta poco dopo Mesola, una piccola strada provinciale che dovrebbe portarmi verso Ferrara. Spettacolare quello che mi si presenta davanti, la strada è dritta come un fuso, chilometri che puntano nel nulla ma a sinistra si ammirano le risaie che si estendono ovunque facendo sembrare uno specchio tutta la pianura mentre sulla destra si alternano coltivazioni prima di un bel verde chiaro e poi di un verde scuro che quasi sembrano scandire il tempo. Tengo una velocità veramente moderata, sia per mantenere i consumi bassi che per risparmiare il povero due tempi dato che il moto-turismo certo non è la sua prima vocazione. Finalmente arriva qualche curvetta, mi lascio alle spalle Iolanda di Sopra, Tresigallo e arrivo alla periferia di Ferrara. Il percorso che mi ero preparato a casa mi suggerirebbe di prendere la statale fino a Bologna ma opto per proseguire quasi ad istinto, vista la quasi totalità di mancanza di cartelli, per delle stradine di campagna. Non avrei potuto fare scelta migliore, sicuramente il mio viaggio sarebbe stato più veloce e corto per la statale ma mi sarei perso le bellezze della campagna locale, dei piccoli agglomerai di case, delle decine di motociclisti incrociati, ce ne fosse uno che non mi avesse risposto al saluto, tante belle curvette che piano piano mi portano a Bologna. Entro in città, cerco indicazioni per Modena ma queste proprio non ci sono. Entro in un limbo di sensi unici che per un quarto d’ora mi fanno sembrare un criceto sulla ruota, mi ritrovo sempre allo stesso incrocio. La manna dal cielo è una volante della polizia locale che mi affianca ad un semaforo, aprono il finestrino: “sei in viaggio eh?” l’accento locale mi fa scappare un sorriso, annuisco e alzo la visiera chiedendo informazioni per Modena, mi ero perso... “ma non ti preoccupare... ti ci portiamo noi alla statale. Seguici...” ecco, subito i pensieri alla differenza di porsi delle persone, dalle mia parti mi avrebbero multato per disturbo della quiete pubblica o per aver tolto la mani dai semimanubri.
In pochi minuti, scortato da loro arriviamo ad una rotonda, accostano e mi spiegano come proseguire, ringrazio e accetto gli auguri per il viaggio. La mia strada prosegue fino a lambire la fabbrica Ducati. Poteva un ducatista convinto come me non porre gli omaggi a questo grande edificio? Ovviamente no... mi fermo sul ciglio della strada per qualche minuto, l’enorme muro che dà sulla strada è stato decorato con un gigantesco manifesto con una foto della Desmosedici, ammiro in silenzio le operazioni di carico di uno dei camion tutto rosso con le scritte “Ducati Corse”. Estasiato ricordo che la mia meta è ben oltre e decido di proseguire, contento e con sempre più voglia di viaggiare.
Tra Borgo Panigale e Modena prendo la statale che costeggia l’autostrada e mi ricorda un po’ il viaggio fatto per andare sul Lago del Garda qualche mese prima, la vista non è un
granché, Erica (la mia piccola motina) freme per scatenarsi e allora accelero. Una delle più belle sensazioni, per me, è quando in sesta a bassi regimi spalanchi il gas; senti i giri che salgono piano, il piccolo motore fa una certa difficoltà ma piano piano salgono emettendo un suono sempre più acuto ed emozionante, la velocità è già da ritiro della patente e decido di mollare, anche perché tutta l’attrezzatura legata dietro di me comincia a prendere il volo.
Arrivo a Modena, qui, dopo 258 km percorsi con 10 euro tondi di benzina alla media di 80km/h, mi vedo costretto a fare rifornimento. Il benzinaio, gentilissimo, mi spiega la strada per raggiungere Maranello, mia prossima tappa. Doveroso il passaggio, in centro Modena, davanti la sede della Maserati.
Inizia l’arrampicata su per gli Appennini, una leggera salita godibilissima, il caldo afoso della pianura svanisce lasciando una leggera frescura che mi fanno godere ancora di più il paesaggio, i motociclisti sono tantissimi e salutarli tutti è un piacere. A Maranello passo davanti la sede della Ferrari; qui è tutto Ferrari, la farmacia, il ristorante, la boutique, l’hotel... tutto è rosso con il cavallino sopra, anche le persone che passeggiano, tutti espongono il cavallino rampante.
Uscito dalla città inizia la salita vera e proprio per le montagne, qui i miei
scarsi 25nm di coppia si fanno sentire, devo tenere il piccolo monocilindrico
allegro ma non è un problema. La strada è molto bella, in alternanza osservo a
destra o sinistra ammirando le valli e le montagne, in un punto, perdonate non
ricordo esattamente dove, si può osservare la pianura, quella stessa pianura che
avevo percorso poco prima. Il sole comincia a calare piano dietro le vette in
lontananza, qui riaffiorano tanti ricordi, come se dopo 5 ore di viaggio questi
fossero stanchi di non essere sopra ogni cosa. Mi fermo sul ciglio della strada,
non spengo neanche il motore, cammino attraversando la lingua di asfalto,
traffico nullo e silenzio quasi totale intervallato solo dallo scoppiettare
della mia moto mi lasciano il tempo di ripensare a quasi un anno prima. Un anno
prima, ricordi speciali, ricordi stupendi, il più bel periodo della mia vita,
l’estate scorsa con gli amici, le feste, la spiaggia...
...l’amore e il dolore... che in parte è ancora con me, i pensieri diventano tristi e malinconici, prendono il sopravvento e decido di ripartire, piano, senza fretta... mi scende qualche lacrima, voglio dimenticare, voglio lasciare tutto alle spalle, voglio trovare la forza di vedere oltre, di non tenermi aggrappato al passato come se avessi
le catene alle caviglie...
Prosegue la mia risalita dei monti, sono contento di come si comporta la piccola Erica, temperatura ok, consumi ok, tutto apposto e in breve tempo sono a Pavullo nel Frignano. Qui mi fermo, per la terza volta e telefono a Davide, la prima volta che lo sento per telefono, gli spiego la strada che ho intenzione di seguire per arrivare a Casina e la sua stima è che in mezz’ora sarò a destinazione.
Riparto, pochi chilometri di asfalto e raggiungo Lama Mocogno dove dovrei
prendere la provinciale che su e giù per le valli dovrebbe accompagnarmi fino
alla meta tanto attesa. Vogliate la stanchezza o la distrazione ma sbaglio
strada. La strada che prendo è larga poco più di 3 metri, asfalto quasi nuovo e
molto bello, tutta corvette e brevi rettilinei, il pane ideale per la mia vorace
compagna di viaggio. Dopo pochi minuti le gomme sono belle calde, tanto che
azzardo le prime pieghe dopo ore di guida turistica. Sono sorpreso da quanto sia
divertente questa strada, chilometri di curve in una successione perfetta mi
permettono finalmente di consumare i lati delle gomme...
Dopo una mezz’oretta inizio a preoccuparmi, i riferimenti che avrei dovuto incontrare vengono meno, dopo quasi un’ora scopro di essermi perso, inizia la caccia al primo paese, dove poter chiedere informazioni. Ecco, finalmente due persone, accosto e chiedo informazioni, gentilissimi e cordiali ma mortificati dal non riuscire ad aiutarmi, conoscevano la mia meta ma mi suggerivano di tornare in pianura e risalire per Reggio Emilia; impossibile penso io. Davide mi aspettata già da un’ora. Decido di proseguire ad istinto, nella direzione che ritengo giusta (un po’ come si fa tra le calli a Venezia), sono in ritardo e temo che chi mi aspetta sia in pensiero, accelero e quello che mi colpisce di più è la semplicità con cui si fa guidare la motina. Non avevo mai avuto occasione di portarla su strade simili e in queste condizioni, altri quaranta minuti di stradine e finalmente il cartello stradale che mi fa scappare un sorriso da orecchio ad orecchio sotto il casco “CASINA”.
Non mi sembra vero, sono passate 7 ore e mezzo circa da quando sono partito da casa, i chilometri totali saranno 420 circa.
Arrivo in centro, davanti a quella che ancora non sapevo sarebbe diventato il
punto di ritrovo per tutti e due i giorni del raduno, inversione a U, un piccolo
piazzale degli autobus, freno, folle, giù il cavalletto, spengo il motore,
scendo, telefonata di avviso a Davide mi siedo su una fioriera, tolgo i guanti e
apro la tuta...
Soddisfatto, stanco ma felice. Il mio primo viaggio in solitaria è riuscito
molto bene. Emozioni e sensazioni stupende, osservo la mia compagnia di viaggio,
anche per lei è stata un’impresa, così piccola ha retto benissimo la fatica...
Ripenso ad una frase che mi disse tempo addietro colui che immortalò la mia partenza da Mestre:
“Non sono le prestazioni ma le emozioni...”
F.T.
Adesso ci credo...
Andrea.