Storie (d'altri tempi) di una moto
Ogni mezzo meccanico ha una sua anima, una sua storia, un suo
perché... e comunque qualcosa da raccontarci, sempre.
Circa un anno fa, passo nell’autofficina di un amico di famiglia, dove
scorgo in un angolo una moto che attira subito la mia attenzione, mi
avvicino e scopro che corrisponde allo stesso modello che qualche anno prima
stavo cercando di acquistare ma che poi ho desistito preferendo
un’altra moto.
Domando a voce alta cosa ci stia facendo quella moto in officina e mi sento
rispondere dal proprietario che è in vendita, anzi, addirittura ne ha
due dello stesso modello e colore. Il proprietario è anche lui
appassionato di moto d’epoca ma principalmente MV Agusta (dice che gli
ricordano la sua giovinezza !).
Ormai però avevo già scelto, lei doveva essere mia, era amore
a prima vista e questa volta non volevo certo lasciarmela sfuggire. Da lì
a poco, provammo insieme a metterla in moto e da quell’amore
folgorante che mi aveva colpito poco prima, adesso era diventata una
conferma. Il motore, nonostante la temperatura, sembrava girare come un
orologio meccanico, teneva il minimo perfettamente e suonava anche bene.
La moto era una Galletto 192cc. del 1956, il contachilometri segnava 66 mila
e rotti km. ma chissà, magari quelli reali ne saranno stati anche di
più ma volevo anche sperare che tanti altri ancora ne avrebbe fatti.
Concordo i lavori da eseguire, almeno il minimo sindacale come: una bella
pulizia del carburatore, cambio olio, candela, batteria e qualche leggera
ritoccata alla carrozzeria (che tra l’altro era già nei
programmi del proprietario). Poi sarebbe mancata solo la revisione per poter
regolamentare la marcia su strada, non mancava altro (almeno fino a quel
momento).
La carrozzeria era ben messa e se non altro per una moto di oltre
sessant’anni d’età, senza un filo di ruggine e che andava
in moto alla prima o seconda scalciata di pedivella, non era per niente
male.
Ne parlo con mio fratello per coinvolgerlo nell’acquisto… ma in
realtà volevo solo capire se poteva piacergli o meno. Ho intenzione
di regalarglielo, dato che si trova senza lavoro e con alle spalle un
recentissimo e brutto incidente stradale in conseguenza del quale è
stato costretto a rottamare il suo amatissimo scooter.
Solo a parlargli del Galletto, già lo vedo entusiasta e affascinato
come me… ”benissimo !!” mi son detto, “sarà
fatta !”
Se prima pensavo che potesse non piacergli, ora ho la conferma che
l’idea del Galletto gli piace e anche tanto.
Passa qualche giorno e il mio amico mi dice che il Galletto è pronto
e revisionato, anzi, se passo a ritirarlo subito gli faccio anche un favore
così gli libero spazio in officina. Il passaggio e il pagamento
seguiranno nel corso della settimana successiva (c’è una forte
e reciproca fiducia, per cui non serve neanche precisare altro). Quando gli
dissi che volevo acquistarlo e se voleva una caparra confirmatoria mi
rispose che con me bastava anche un’occhiata e una stretta di mano. Le
carte scritte e gli anticipi, disse, lasciamoli a quelli di cui non
c’è da fidarsi.
Prendo il Galletto e lo porto a casa e subito scopro che va che è un
amore. Gli innesti delle marce sembrano funzionare con la forza del
pensiero, tanto sono dolci e precisi. Resto davvero piacevolmente sorpreso
dalla regolarità e dal comfort di marcia, abituato all’Airone
250 (più scorbutico e complesso), scopro un nuova emozione nel
guidare un’altra Guzzi. Queste Guzzi riescono sempre a sorprende !
“… a proposito, non vi ho mai raccontato come sia nata a casa
nostra la passione per le Moto Guzzi ma questa è un’altra
storia, complice mia madre (motociclista sin dagli anni 1950). Magari
troverò un giorno il tempo di raccontarvelo…”
Ritornando al Galletto, arrivo a casa, parcheggio e torno sorridente a
trovare mia madre (malata da diversi anni di Halzheimer) e gli dico,
“ehi, mamma, ho acquistato una Moto Guzzi, lo sai !! … è
uno splendido Galletto !! … te lo ricordi il Galletto ?!”.
Non so se mi avrà capito o meno, (mia madre oltre
all’Halzheimer è stata colpita di recente anche da un ictus
emorragico che gli ha compromesso l’uso della parola) ma non
m’interessa ciò che le patologie hanno compromesso, io continuo
a parlargli come prima, come se stesse bene e fosse nella piena
capacità di intendere. Negli ultimi anni, dove ho visto il morbo
avanzare maledettamente, ho maturato la ferma convinzione che mantenere un
normale rapporto di “comunicazione” possa solo che far bene ad
entrambi e molto più di ogni mirabolante terapia medica. Sono certo
che possa percepire qualcosa dei miei discorsi e nessun medico (ad oggi)
è mai riuscito a darmi conferma del contrario e nessuno, per altro,
può provarlo. L’idea di non parlargli più solo
perché sembra che non capisca e/o che non comprenda, la trovo
profondamente deleteria sia da una parte che dall’altra.
Nel frattempo passano i giorni e dopo circa una settimana regolarizzo il
passaggio di proprietà e relativo pagamento. Da allora avrò
davvero poco tempo per dedicarmi al Galletto che “dorme”
beatamente in garage in attesa di una bella giornata di sole (quando
l’ho acquistato era inizio autunno) e soprattutto di tempo a
disposizione.
Colgo l’occasione poi della stagione fredda per fare altri lavoretti
necessari come il cambio delle gomme e poche altre cose.
Il tempo passa e come sempre il tempo da dedicare alla moto resta sempre
risicato. Essersi messo a disposizione per prestare assistenza a mia madre,
indiscutibilmente rimette in gioco tutta una serie di priorità dove
la moto non trova chiaramente posto.
Mio fratello, ogni volta che viene a far visita a casa, passa un salto in
garage a guardare e toccare con mano il Galletto che riposa. Sia io che mio
fratello, siamo entrambi malati della moto, da sempre.
Arriveranno tempi migliori, mi dico, così comincio a sfogliare
riviste tecniche e siti web per documentarmi sul mezzo appena acquistato ma
ancor prima resto catturato magicamente dal particolare che quella moto era
appartenuta a persone che abitavano a pochi chilometri da casa mia. Mi dico
fra me e me, prima o poi voglio andare a fare un giro dove quel Galletto ha
dimorato e scorrazzato per oltre mezzo secolo. Non potevo certo pensare di
rivedere il primo proprietario (era nato del 1910) però il solo fatto
di far rombare il motore per le vie di quel paese mi rendeva soddisfatto
alla sola idea. Era da un po' che ci pensavo e dunque dovevo farlo (punto).
La moto era stata acquistata in origine da un signore che abitava in un
ridente paesino, incastonato fra le colline dell’entroterra
marchigiano, più precisamente “Staffolo” (in provincia di
Ancona). Io ero solo il quinto proprietario.
A distanza circa di 7 mesi dall’acquisto, in un sabato d’aprile
così assolato che appariva quasi come un assaggio d’estate,
scendo in garage, scopro la moto dal vecchio telo impolverato, la porto
fuori e comincio con il rituale. Tutti i motociclisti hanno il proprio
rituale, nessuno escluso. Con le moto d’epoca poi, diventa anche fin
troppo articolato ma straordinariamente magico nel suo svolgersi, quasi una
cerimonia che si articola in modo rigoroso sino a concludersi ai primi cenni
di respiro del motore.
Attacco prima i morsetti della batteria, poi apro il rubinetto
dell’olio, quello della benzina, regolo il manettino
dell’anticipo, chiudo parzialmente il manettino dell’aria,
inserisco e giro la chiave nel fanale, poi cerco con il piede il punto
più favorevole dal quale far partire la scalciata per la messa in
moto. Scalcio lentamente la leva più volte, così permetto
anche alla benzina di raggiungere la camera di soppio, poi … Primo
tentativo e … vaiiiii !!!
Il motore si accende immediatamente come a volersi svegliare da un lungo
torpore durato troppo tempo (che spettacolo di moto !!). Il sound supera di
gran lunga il rumore dei pensieri. Infilo il casco, tolgo il cavalletto e
salgo in sella, dirigendomi pian piano al primo incrocio, giusto il tempo di
far scaldare un po' il motore come a rendergli il doveroso trattamento che
merita un mezzo d’epoca e mi dirigo verso Staffolo.
La moto gira perfetta, nessun impuntamento al cambio e neanche il minimo
accenno di fatica alla prima salita. Tutto sembra andare dal verso giusto,
devo solo ricordarmi il cambio rovesciato a dx e il freno posteriore a
tallone sulla sx (è da un po' che non salgo su una Guzzi
d’epoca), in prima battuta devo sempre far mente locale sulle
particolari diversità che differenziano questi mezzi da quelli
più recenti.
L’aria è mite e si viaggia in strada meravigliosamente, mi
dirigo verso Staffolo e come entro nel piccolo borgo subito catturo la
curiosità e il sorriso di alcune persone a lato della strada. Un
mezzo d’epoca catalizza sempre l’attenzione di qualcuno,
è categoricamente impossibile passare inosservati.
Per giunta, i veicoli d’epoca (motocicli o autovetture che siano) nel
vederli passare mettono sempre il buon umore, senza parlare poi
dell’ottima sensazione che regalano nel guidarli.
Entro nel centro storico (segnato purtroppo dal recente terremoto), salgo
lungo il corso con il motore beatamente scoppiettante, faccio una deviazione
al percorso principale ed eccomi subito davanti mi compare un piccolo
spiazzo e la tabella della via che cercavo. Un vicolo, ben tenuto e sembra
anche abbastanza abitato. Avanzo quasi a passo d’uomo con i piedi a
terra e il motore acceso fino a fermarmi davanti all’esatto numero
civico riportato sul libretto di circolazione.
Vedendo il portone d’ingresso non sembra una casa disabitata, mi
scorgo dalla moto per vedere se da qualche parte è riportato un
cognome ma trovo un campanello senza etichetta e sul lato opposto della
porta una vecchia cassetta della posta con un etichetta adesiva, questa
volta il cognome c’è… c’è ed è
esattamente lo stesso che cerco. Una sorta di strana emozione mi pervade ma
non faccio in tempo a farla svanire che appoggio le dita sul campanello e
suono. Il campanello funziona, lo sento suonare,
Resto seduto sul Galletto, magari non aprirà nessuno, neanche spengo
la moto va !!
Passano pochi ma lunghissimi secondi e compare da dietro una finestra un
signore (avrà avuto circa 60/70 anni), apre la finestra del piano
terra e da dietro le antiche inferriate, senza neanche guardarmi negli
occhi, rimanendo fermo alla finestra con gli occhialini appoggiati sulla
punta del naso, osserva perplesso la moto senza proferire parola. Poi alza
lo sguardo e lo incrocia al mio e gli domando …
Io: abitava quà un tale di nome Fulvio, … Fulvio Bartolini ?
R.: Si, ma lei chi è ? … questa è la moto di babbo !!
… porcamiseria, si, si, è lei, questa è la moto di mio
padre !!!!
poi mi guarda e dice ancora
R.: aspetti, aspetti che apro la porta.
Chiude la finestra, apre il portone d’ingresso ed esce, osserva la
moto con profonda adorazione mista a stupore come se spaginasse velocemente
un libro pregno di ricordi e mi dice di accomodarmi in casa e raccontarmi
come ne fossi entrato in possesso e da chi.
Nel frattempo aveva fatto due giri intorno alla moto per osservarla meglio
come se avesse voluto vedere lo stato attuale e raffrontarlo con i suoi
ricordi di un tempo. Aveva gli occhi arrossati dall’emozione.
Non vi dico quanto anch’io ero emozionato nel fargli rivivere una
parte dei suoi vecchi ricordi. Era un momento bello, di quelli che non
concordi e non programmi ma quando accade sei solo circondato da buoni
pensieri.
Rispondo a tutte le sue domande poi ad un certo punto la curiosità
era tale che gli chiedo che lavoro facesse il padre e cosa se ne faceva di
una moto simile 60 e passa anni fa.
… e qui viene il bello !!
Il padre era il falegname del paese e la moto l’aveva acquistata non
tanto per lavorare quanto più per piacere ma era un piacere che aveva
messo a disposizione dell’intera comunità (di tutto il paese).
Io: mi spieghi meglio, cosa intende ?
R.: mio padre l’acquistò non tanto per lavoro, lui aveva la
bottega sotto casa, era falegname !! … capisce, non aveva bisogno di
spostarsi in un posto piuttosto che in un altro, i lavori gli arrivavano
direttamente in falegnameria, a casa
Io: quindi della moto poteva anche farne a meno ?
R.: certo, a lui piaceva di averla e basta, ogni tanto ci andava in giro ma
il più delle volte la utilizzava per accompagnare il medico.
Io: il medico ? … e perché ?
R.: vedi, una volta in paese erano in pochi ad avere un mezzo simile e per
spostarsi verso la campagna, quando ce n’era bisogno, il medico o la
levatrice chiedevano a mio padre di accompagnarli.
Io: magari capitava ogni tanto
R..: no, era sempre a disposizione, poteva capitare a tutte le ore del
giorno o della notte, feste comprese. Chi aveva bisogno bussava alla porta e
mio padre si faceva trovare subito pronto in sella alla moto.
Io: ma poi una volta accompagnati medico o levatrice, magari andava via e
rientrava ?
R..: no, rimaneva lì, tante volte ci fosse stato bisogno di
qualcos’altro e poi c’era sempre da riaccompagnare il medico o
la levatrice a casa propria.
La chiacchierata è poi continuata per un paio d’ore… una
gran bella chiacchierata alla quale poi si è aggiunto l’altro
figlio (anche lui perplesso ma felice di aver rivisto il Galletto) e insieme
hanno raccontato mille altre storie e aneddoti… storie di altri
tempi.
Storie in cui il singolo individuo era integrato in una comunità dove
il rispetto verso gli altri e il senso del dovere venivano prima di ogni
altra cosa e il tutto indipendentemente dalla posizione sociale o dalla
professione svolta.
Storie d’altri tempi !! … e chi lo farebbe mai
oggigiorno !?
Il padre era venuto a mancare appena una decina d'anni fa, a circa 97 anni
di età.
Ho continuato poi a fare un bel giro per le campagne circostanti, complice
una favolosa giornata di sole e un senso di gioia interiore che mi ha
accompagnato per tutto il tragitto e i giorni a seguire.
Ho come la certezza che, da qualche parte, il Sig. Fulvio m’abbia
osservato soddisfatto nel rivedere il suo Galletto ancora in forma e in giro
per le strade. Quelle stesse strade che un tempo (così lontano) ha
percorso.
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Commento di: pmpaolo il 05-06-2017 12:30
Meraviglioso... Grazie per il bellissimo articolo!
Commento di: CoffeeWolf il 05-06-2017 12:49
Storia incantevole! Caro signor Fulvio, che bello deve essere stato portare in giro il paese, 60 anni fa. E caro Cigno, chissà che bello avere sempre in sella con te il signor Fulvio e i suoi ricordi. Sicuramente un mezzo come il tuo ha tanto da dire. E noi abbiamo orecchie, che significa, caro Cigno/Swan_1, che il tuo compito non è finito: mancano altri quattro proprietari e noi attendiamo con ansia.
Commento di: Excalibur48 il 05-06-2017 17:52
Ne sono più che convinto che anche le moto hanno un'anima e di riflesso è quella del proprietario che l'ha posseduta.
Gran bella storia, c'è ne sono migliaia di simili.
Io sono abbastanza avanti negli anni e possiedo da sempre una moto acquistata nuova, che ormai è diventata d'epoca, una MV Agusta 350 BE GT, le mie due figlie l'adorano e penso che saranno guai quando arriverà, speriamo più tardi che mai, il momento di disputarsela.
Commento di: aketoest il 08-06-2017 01:03
Non so se le moto hanno un anima , ma direi che in questo caso da lo spirito giusto .
Commento di: Maxem il 14-06-2017 02:49
Complimenti per la storia e la ricerca del primo proprietario. Pensare che la moto dopo tanti anni è sopravvissuta al primo proprietario è nostalgico e romantico insieme
Commento di: gattapazza il 22-06-2017 19:28
Bella storia
Commento di: giux62 il 06-07-2017 14:03
bellissima storia, emozionante.
Commento di: FlyLeo345 il 20-07-2017 16:18
Bellissimo esempio di come le moto proprio grazie alla loro anima riescono a riempire la vita di soddisfazioni e belle emozioni!
Commento di: Swan_1 il 21-07-2017 15:07
La volontà era quella di tramandare un piccolo spaccato di storia ma anche di condividere una parte della piacevole emozione vissuta.
Grazie dell'attenzione e dei commenti rilasciati.
Commento di: tikkio il 23-07-2017 23:12
stupendo.
Commento di: stornello69 il 02-09-2017 13:11
Questa storia è l'inizio di un romanzo... dovresti scriverci un libro... complimenti per averlo voluto condividere con noi.
Commento di: marcoerrina il 03-09-2017 11:15
Bello!
Commento di: Vincent69 il 26-11-2019 19:11
Le Motociclette hanno un anima certamente! Quante volte mi hanno salvato e non solo su strada.Grazie Marcoerrina