L'ombra di me stesso sulla strada
Roberto era stanco, stressato, era l'ennesima giornata sbagliata.
Si era alzato con la voglia di superare indenne quella giornata di lavoro in ufficio, ma una volta davanti il pc i problemi cominciarono subito ad attanagliarlo.
Era un agonia, non credeva che sarebbe riuscito a raggiungere le 19:00 quel giorno.
Fatto sta che alle 19 meno 10 si rese conto che per qualche assurdo motivo aveva raggiunto anche questa volta la sera e cosi preparò la sua valigetta e si diresse verso il parcheggio dell'azienda.
Trovò la sua Clio 1.6 ormai stagionata, montò, girò la chiave e si diresse verso casa.
Il traffico era lento, stopposo... rimbalzava ogni 3 secondi... voleva abbassare il finestrino per prendere un po' d'aria, ma sapeva che avrebbe solo peggiorato la situazione... i gas di scarico insieme all'umidità crescente e il rumore assordante lo avrebbero fatto vomitare.
Era l'ora che più odiava, non per gli automobilisti in se, ma perché quella era l'ora in cui tutti dovevano muoversi in macchina, compresi gli imbranati e gli imbecilli.
Non era come la sera tardi, quando le strade miracolosamente si svuotavano di casalinghe incapaci alla guida e di pensionati troppo in là negli anni per muoversi agevolmente, e chi rimaneva al volante lo faceva per passione, per divertimento o per qualsiasi altro motivo che non fosse il mero tornare a casa o tornare al lavoro.
Senza capire quanto tempo fosse passato si ritrovò nella via di casa sua, prese il telecomando premette qualche tasto e si fiondò verso il garage che cominciava lentamente ad aprirsi.
Era ancora più stanco e stressato di quando si era alzato la mattina.
Non voleva pensare, voleva solo farla finita. Non sapeva a cosa o a come, voleva finirla e basta; un disagio esistenziale che lo stava opprimendo.
Era talmente in tensione che quella sera Roberto non entrò in garage con la solita manovra, che il giorno dopo gli avrebbe permesso di uscire con comodità.
Entrò di muso...
I fari illuminarono prima la parete destra e poi, dopo un arco dalla fatiscenza religiosa, il fondo della struttura.
Lei era lì... lo sapeva che c'era, inconsciamente ne percepiva sempre la presenza quando entrava in quel buco grigio e sporco, ma la routine ne aveva nascosto la bellezza.
Smontò dall'auto ancora accesa e per metà ancora sul marciapiede.
I fari la illuminavano come fosse una visione celestiale.
Fece 7 o 8 passi, il rumore dei sassolini nel pavimento riecheggiava attorno a lui, e l'odore di olio e benzina ne trafiggeva le narici.
Era lì... la sua RSV 1000... polvere, tanta polvere... un cavo che usciva dalla carena e si attaccava al mantenitore che pulsava una tenue luce verde.
Non ci pensò troppo. Salì in casa... forse salutò la moglie, forse no, aprì la stanza adibita a ripostiglio, e dall'armadio grande prese la tuta nera Dainese, ormai segnata da anni passati di gloriosi utilizzi. Prese i guanti lacerati in ogni parte, e con fare deciso, come se non avesse fatto altro per tutto questo tempo, impugno il casco rosso, e corse giù da lei.
Staccò il mantenitore e la portò fuori dal garage.
Per un attimo si fermò...
L'assicurazione non era attiva, e poi dove sarebbe andato? cosa avrebbe detto al suo ritorno a Lucia? Aveva ancora un'età che poteva giustificare un gesto simile?
I capelli erano grigi si, ma gli pulsavano le vene... l'adrenalina era già in circolo... il cuore già batteva all'impazzata, e già aveva dimenticato le brutte sensazioni che lo aggredivano tutti i giorni da diversi anni.
Non la pulì nemmeno... provò ad accenderla...
Non partì... non partì di nuovo...
Non partì nemmeno la terza volta e la spia della riserva sembrava confermare che il destino non era dalla sua parte.
La belva poteva aver 1000 problemi, ma visto che la batteria spingeva ancora ritentò, e questa volta… partì ..
Bhe lo sapete come funziona... lo sapete vero? Quando la mettete in moto dopo mesi di inutilizzo forzato o perché è inverno, o perché non avete soldi, o perché la vostra vita non vi lascia tempo... lo sapete cosa vi succede?? si...
Roberto era impazzito... respirava freneticamente.
Si impose di tranquillizzarsi perché guidare in quelle condizioni non lo avrebbe certo portato a grandi manovre.
Calzò i guanti, il casco e salì sulla sua piccola.
Era caldo, saranno stati 29 ° e l'umidità cresceva anche se erano già passate le 20:00.
Il suono corposo del 1000 risvegliava in lui piaceri assopiti, era commosso, e sentire quel motore vibrare tra le sue gambe lo fece tornare con la mente ai tempi in cui andava ad Adria a cercare la piega perfetta, la staccata impossibile e la prestazione migliore.
Inclinò un attimo la belva per far finta di controllare se la pressione delle gomme poteva considerarsi decente. Dopo un secondo stava già guardando il contagiri che segnava che il suo polso si stava divertendo alla grande.
Qualche vicino uscì sul balcone per vedere cosa stava succedendo, e soddisfatto si gustava la scena di questo omone che riabbracciava una sua vecchia passione.
Roberto abbassò la visiera per ¾, premette la frizione e inserì la prima.
Ahhh che suono fantastico... stack...
Fece un profondo respiro e partì.
Dopo un centinaio di metri si posizionò meglio. Era abituato fin troppo bene dopo tutti quegli anni in auto.
La moto era la stessa di sempre.
Era potente, a Roberto faceva venir voglia di spalancare il gas, ma il traffico era ancora intenso.
Si diresse verso la periferia, e vide in lontananza le nubi addensarsi sopra l'orizzonte.
Dopo qualche minuto si trovò in una rotonda e la superò come se avesse guidato quel bolide fino al giorno prima.
Si rese conto che già aveva preso una confidenza fortissima.
Aveva già sentito che le gomme non lo avrebbero assistito a dovere e i freni facevano un rumore metallico, ma che piano piano tendeva a svanire.
Era la sua piccola... l'amava... Dio se l'amava...
Era già in campagna, vedeva i fulmini e sentiva le raffiche di vento spingerlo sui fianchi.
La felicità lo aveva invaso.
Roberto era un uomo diverso.
Finalmente aveva un momento suo di pura gioia.
Quel rumore aveva risvegliato i suoi sensi, gli avevano dato una speranza e un motivo per alzarsi felice il giorno dopo.
Non sa perché, ma si diresse proprio verso il temporale.
La moto correva veloce sull'asfalto nuovo della provinciale ormai deserta.
Il motore era bello caldo e non resistette dal dare un colpo a quel cielo così nero.
Un lampo accecante illuminò la zona e seguì un rumore cupo e sinistro che invase quegli istanti. Roberto non resistette a quella sfida, la sua Aprilia lo desiderava ardentemente, e in pochi secondi si ritrovò a 160km/h.
Caspita che forza quel bolide, che potenza immediata.
Ormai il temporale gli era sopra ma Roberto era inebriato dalle endorfine e non gli interessava per nulla prendere qualche goccia.
Decise di sfidare quell'ammasso nero indefinito.
Sarebbe andato avanti fin che la pioggia non lo avesse fermato.
Corse per altri 5 minuti buoni, tra curve veloci dove la terza di quel bolide lo faceva eccitare come un adolescente. La moto non era nelle migliori condizioni, lo sapeva, ma quel che gli regalava superava qualsiasi altra cosa.
All'improvviso senti dei colpi sulla tuta e poco dopo una goccia gli esplose sulla visiera.
Guardo lo specchietto sinistro e fece inversione.
La gara adesso era tornare a casa senza bagnarsi.
La città si avvicinava con la sua luce arancione e la moto gridava la sua libertà.
Quanto sciocco era stato ad abbandonare quei momenti unici.
In quel momento si promise di non lasciarla più.
Entrò in tangenziale ad una velocità oscena, il temporale dietro creava un muro grigio scuro di acqua che avanzava a poche centinaia di metri da lui, diede due colpi di gas e si trovò all'uscita 18, la sua.
Si ritrovò nel traffico.
La velocità era notevolmente ridotta e qualche goccia cominciò a bagnarlo.
Mancava ancora qualche km, si sarebbe sicuramente lavato, il vento cresceva e i fulmini squarciavano il cielo, ma poco lo turbava, aveva ritrovato una vecchia amica, la felicità che gli regalava, e non l'avrebbe mai più lasciata.
Matteo.


