Purtroppo io non sono tra i fortunati figli di motociclisti...

In casa mia è sempre esistita solo ed esclusivamente l'auto. Perché l'auto è più sicura, perché l'auto ripara dalla pioggia e dal freddo, o forse semplicemente perché i miei non hanno mai provato quella fantastica sensazione di libertà che solo noi centauri conosciamo bene e che ci fa svegliare la domenica mattina alle sette con la smania di premere quel piccolo bottone che ogni volta ci catapulta in un sogno.

Per me tutto è iniziato in tarda età, aprendo la porta del garage del mio ragazzo, alias Lupastro. Ricordo ancora la sensazione di meraviglia che ho provato vedendo il mio primo e indimenticabile amore, un mitico Suzuki DR 350 S del 1992, che Lupastro usava per fare enduro. Dopo aver ammirato per un po' la belva, ho posato le mani sulla sella con una sorta di timore reverenziale, affascinata dalla sua grinta e dalle sue forme. Potete capire, fino ad allora avevo avuto solo la bicicletta ed uno scooter cinquanta.

Lupastro ha portato la creatura fuori dal garage e l'ha accesa. Il monocilindrico, scorbutico, ha preso vita, ha riempito l'aria, scalpitava. Ormai il danno era fatto. Ero in trappola.

Dopo alcuni giorni ho voluto provare a guidare la moto. Lupastro mi aveva avvertita che non sarei mai riuscita ad accenderla e così è stato. Alzavalvole, pedalata per trovare lo scatto, pedalata secca e... silenzio assoluto. Sembrava che fosse gelosa del suo proprietario. Dio sa quanti altri vani tentativi ho fatto e l'unica cosa che ho ottenuto è stato un piede dolorante. Comunque, alla fine Lupastro è stato clemente e l'ha accesa. Sentire la moto viva sotto di me è stato folgorante.

Sono partita piano piano, timorosa di farle uno sgarbo, avendo cura di non offenderla troppo. E lei deve aver percepito le mie premure perché subito mi ha ricambiato, regalandomi delle emozioni stupende. Avrò fatto sì e no una cinquantina di metri, è vero, ma voi sapete benissimo come vanno le cose...

Con il favoloso Suzuki DR abbiamo fatto pochi viaggi, giusto qualche giretto in Garfagnana. Io ero ancora una mela acerba e non ero in grado di sopportare (ahimé, anche per la scarsa comodità della sella) trasferimenti più lunghi.

A settembre del 2005 è entrata a far parte della nostra vita la preziosa Hornet, amica che ci ha dato e che ci dà ancora un sacco di soddisfazioni e con la quale ho preso la patente. Non la cambierei per niente al mondo. Ma ho ancora le lacrime agli occhi quando rivedo il povero Suzuki che, lasciato solo nel piazzale del concessionario, ci guardava rassegnato mentre ci allontanavamo con il nuovo acquisto.

Credo di essermi voltata almeno una decina di volte. E mi sono sentita da schifo per settimane. Attualmente è di proprietà di un tizio di Torre del Lago che - sono più che certa - non l'amerà mai quanto l'ho amata io.

Ciao belva.