Ho cominciato a sognare 2 ruote da bambina quando il mio papà mi portava a scuola con la sua bellissima Suzuki GS 750 nera e rossa.

Il casco bene allacciato, lo zaino con i libri in spalla e l’aria fresca e frizzante in faccia.
Il papà che guida sicuro nel traffico della mattina milanese e il rombo del motore nelle orecchie e nel cuore.
Definirlo imprinting direi che è quasi poco.

Quando a 11 anni ho visto mia sorella guidare la sua prima moto una Honda CB125 ero ancora piccola ma l’invidia era tanta, e contavo i giorni che mi separavano dal compimento almeno dei 14 anni. Mi sarei accontenta di qualsiasi cosa purchè a motore e con 2 ruote. A 14 anni in effetti cominciai la mia esperienza con un fantastico CIAO e anche se allora un po’ mi vergognavo a girarci, ricordo con piacere quelle prime esperienze. Lo forzo nell’accensione, le prime volte rimasta a secco lontana da casa, la volta che in gruppo tutti con CIAO e SÌ andammo fino all’autodromo di Monza a vedere le prove del GP.

Dopo una dura opera di convincimento finalmente i miei mi prendono qualcosa di…. più moderno… uno scooter… sole, pioggia, neve, grandine… ne abbiamo passate di ogni… la mia prima volta sul passo San Marco e anche la prima sul passo della Cisa…finché non me lo hanno rubato. Dopo di che usai molto le moto dei vari amici, dal mitico Fifty all’ RS50.

Tante esperienze viste che mi hanno fatta crescere con un ottica “diversa”, almeno così credo, rispetto a molte mie coetanee.
A 16 anni pronta per il patentino ero la fiera zavorrina di una bella Monster gialla di proprietà del mio ragazzo.
Ero eccitata all’idea del conseguimento della patente, non vedevo l’ora, finalmente la realizzazione del sogno si avverava… e una di quella custom lucide e cromate sarebbe stata mia!!!

Era estate ed io e Fabio (così si chiamava il mio ragazzo) eravamo in moto in montagna, dove entrambi andavamo in vacanza. Ci salutiamo appena al di là del ponte sul Brembo, un bacio, si allaccia il casco e parte….. non l’ho mai più visto… non si sa bene cosa sia successo quella sera, di sicuro… un terribile incidente… ma lui e la sua monster gialla non c’erano più.

Il foglio rosa è rimasto in un cassetto e io sono partita per studiare all’estero, sperando di dimenticare non solo il dolore per la perdita ma anche il dolore dell’abbandono di un sogno che coltivavo da sempre.

Sono passati tanti anni e il mio sogno è rimasto segregato in un cassetto. Ognitanto aprivo il cassetto ci guardavo dentro e spolveravo quel sogno… quella moto che bramavo ma che “ora” mi faceva troppa paura. Finché un mattina dello scorso anno mi sono detta: soffro di vertigini eppure ho combattuto e ho fatto bungie-jumping per ben 2 volte. Ho paura degli aghi e sono piena di piercing in faccia, perché non combattere anche questa volta….???

Il 15 aprile sono andata in concessionaria a compare la MIA PRIMA MOTO. Cominciai la scuola guida subito combattendo non solo contro la mai paura ma contro la tremenda ignoranza della gente. La mai prima lezione di guida iniziò con l’istruttore che mi chiedeva se fossi sicura di saper guidare si concluse con l’istruttore che si congratulava incredulo e affermava “allora è vero che sei brava, di solito con le ragazze alla prima guida devo chiamare il pronto soccorso”. Ho ingoiato tutto e combattuto. Più guidavo quel Suzuki GS500 più ero convinta che non sarei stata capace di portare la mia Shadow fino a casa dal concessionario, .. eppure … il 23 aprile lei venne a casa con me. Con fatica, tensione, emozione e tanta tanta paura nel traffico milanese dell’ora di punta arrivai a casa.
Quel giorno… ricevetti il mio primo saluto V… emozioni che non ho parole per descrivere, le parole non bastano. Potremmo chiedere ai ragazzi del Gr Lombardia cosa videro nei miei occhi la sera del 23 aprile, quando uscii con loro per la prima volta, il mio primo giorno con la mia moto… e per arrivare a Corsico da Settala ci misi ben un’ora… forse loro saprebbero descrive meglio di me quello che provai

Da allora ne sono successe tante.
Di tutti queli uomini che da bravi maschilisti hanno fatto commenti inutili non parlo perché non sono degni del racconto.
C’è stato un giorno in cui forse ho davvero capito l’ “spirito del motociclista” era domenica e il lunedì avrei avuto l’esame pratico per la patente. Presi la moto e mi decisi ad affrontare, noi due sole, la strada in cui lui (Fabio) morì quella sera. Arrivammo fino a San Pellegrino Terme e poco dopo ci fermammo lungo la strada ad un bar a bere un po’ d’acqua. Fuori c’erano parcheggiate delle supersportivone con targa tedesca e una shadow 600 anch’essa con targa tedesca.

Presi da bere e mentre fumavo tranquilla un Tedescone con tanto di baffi mi si avvicina e in un inglese un po’ spigoloso mi fa un po’ di domande sulla mia moto. Arrivano anche gli altri e mi chiedono se voglio andare con loro sul Passo San Marco. Gli spiego che sono alle primissime armi e che non vorrei rallentarli troppo (con tutti quei tornati), ridono e mi dicono di non scherzare. Bèh sono salita con loro sul San Marco. Le supersport avanti e io e l’altra shadow dietro, tranquilli e rilassati con i NOSTRI tempi, le NOSTRE moto e.. la NOSTRA passione. Arrivati in cima un caffè e i saluti “V buon viaggio”.

Torno da dove sono venuta per poi proseguire in su verso la casa di villeggiatura dei miei genitori.
L’esame è andato benissimo e da allora non vorrei mai scendere dalla mia moto.
Sarà Japponese e non americana, sarà un cancello invece che una scheggia, sarò una fermona invece che una smanettona. Non mi importa…quando sono in sella mi si apre un mondo nuovo e tutti i problemi della mia vita sembrano restarmi alle spalle.

Poi il mio “incidente” in agosto (nulla di grave per fortuna), l’incontro con l’asfalto. L’inaspettata presenza al pronto soccorso di persone conosciute da poco ma con LA PASSIONE in comune.
La lotta contro la paura di salire di nuovo sulla sella dietro… dopo così tanti tanti anni. Ma quando hai la passione dentro e degli Amici a fianco… tutto diventa un po’ più facile.

Dopo il training estivo come zavorrina di Babuu, oggi mi ritrovo ad essere la felicissima compagna di viaggio della mia Shadow e la zavorina ufficiale (anche se ancora un po’ spaventata) di una “piccola” e “lenta” Hayabusa…

Non sono sicura che la storia di possa definire a lieto fine, perché non è ancora finita ma di sicuro ho ricordi nel cuore che possono bastare a rendere felice una vita.
Ho realizzato un sogno, incontrato persone come me, e diverse da me ma tutte con “qualcosa” in comune, ora rimane solo una cosa da fare… prefiggersi un nuovo traguardo…

Lamps
Pupazza