Ducati ST3
Questa moto rientra di diritto nell'annovero delle grandi realizzazioni riuscite a passare quasi inosservate nel panorama a due ruote del nostro paese. Nel 1996 la casa bolognese sorprese il mercato con una realizzazione capace di unire doti dinamiche eccellenti, decisamente caratteristiche della sportività del marchio, con la possibilità di viaggiare assistiti da una buona comodità di guida. La nuova esperienza motociclistica targata Ducati si chiamava ST2 ed inaugurava un filone lungo 10 anni, quello delle sport-tourer all’italiana.
Lungo il percorso evolutivo di questa divoratrice di chilometri si sono alternate diverse versioni, le quali hanno fatto sfoggio in alcuni casi addirittura di motori derivati dal mondo delle corse, quali il 916cc ed il 996cc della serie a quattro valvole. Correva l’anno 2003 quando, nell’ottica di un restyling del modello, venne realizzata la prima ST3.
L’estetica era stata rivisitata in alcuni particolari, tra cui il protettivo e moderno cupolino, ma fu sicuramente il propulsore ad attirare maggiormente l’attenzione degli esperti. Il blocco prescelto fu l’unità di 992 centimetri cubici, munito di doppia accensione, che equipaggiava in quel momento la Multistrada, ma le modifiche ad esso apportato furono tali da renderlo praticamente irriconoscibile.
Alesaggio e corsa dei pistoni vennero lasciati invariati, ma comparirono invasi per il raffreddamento a liquido ed una terza valvola per ognuno dei due cilindri. La potenza venne incrementata solo leggermente, sino a 102CV nella versione iniziale Euro 2, al fine di dotare questa moto di una dolcezza d’erogazione decisamente migliorata ed un’affidabilità a prova di vacanze in giro per il mondo. Dolcezza e carattere furono l'obbiettivo principale della casa.
Il tentativo di conquistare una fetta di mercato superiore nel settore delle sport-tourer ebbe il suo sfogo in alcuni particolari di pregio quali il faro regolabile elettricamente, la sella maggiormente imbottita (dotata anche di rilievo per evitare al passeggero di scivolare in avanti), la presa di corrente a 12V, la retro-illuminazione azzurra per la strumentazione ad attivazione automatica, l’immobilizer ed il computer di bordo dalle incrementate funzioni.
Giriamo la chiave ed attendiamo che il check automatico sia terminato. Tiriamo la frizione e
spingiamo il pulsante d’avviamento solo un attimo, come descritto da libretto, scoprendo che anche questa fase è diventata territorio dell’elettronica. Il tentativo di accensione risulta essere automatico (soluzione adottata anche da Moto Morini con la Corsaro 1200) con la centralina che insiste, per un massimo di alcuni secondi, fino all’accensione del mezzo.
Il motore si accende prontamente ed è possibile riconoscere il rombo Ducati fare coppia con il tintinnio tipico della frizione a secco, non più presente su questo modello dopo il 2005, dotata in questo caso di carter forato.
Si innesta (rumorosamente) la prima e la partenza per un lungo viaggio è servita. Il peso, discreto a moto ferma, si annulla già a velocità ridicole rendendo la guida rilassata e naturale. La notevole coppia fornita dal propulsore è disponibile a regimi degni solo di un monocilindrico e rende veramente difficile rispettare gli stretti limiti di velocità imposti dal territorio urbano, nostro iniziale terreno di prova.
Il traffico non rende giustizia agli ingombri leggermente abbondanti della ST3, la quale deve fare i conti con un progetto improntato a ben altri orizzonti rispetto ai palazzi della città. Alla guida si capisce immediatamente come lungo le linee della filante carenatura debba scorrere un vento carico di sogni e libertà, che mal si coniuga con le costrizioni di tutti questi semafori.
L’erogazione risulta piuttosto regolare per essere una rossa bolognese, ma la frizione a comando idraulico, dura e troppo pronta, non aiuta a gestire la potenza rilassatamente.
Finalmente lasciamo la città con destinazione le sinuose curve romagnole (quelle d’asfalto). La prima strada si snoda tra Faenza e Modigliana lungo 15Km di curve veloci, fondo stradale discreto e traffico contenuto. D’un tratto gli scarichi, piacevoli anche nella civile configurazione originale, tornano ad essere la colonna di questo viaggio. Scaliamo un paio di marce dopo tanto sonnecchiare nelle zone basse del contagiri e ruotando l’acceleratore, ad onor del vero senza ritegno alcuno, ci si sente improvvisamente parte dell’apertura di Enter Sandman dei Metallica.
La velocità sale senza particolari picchi, ma con una sostanza che lascia intuire come il DNA di famiglia non sia stato tradito. Le vibrazioni, odiose su molti mezzi a due ruote, diventano parte delle sensazioni corporee di cui si può godere, donando sempre l’esatta cognizione del regime tenuto dal propulsore senza risultare fastidiose. Le prime pieghe mostrano una ciclistica sana e dal marcato piglio sportivo, tuttavia al contempo è facile notare come Ducati abbia decisamente privilegiatola stabilità di guida alla velocità d’impostazione.
Un occhio al tachimetro suggerisce di dare un pochino di riposo al polso destro per godersi fluidità di guida e paesaggio perché, se da un lato questa sportiva in incognito risulta ancora essere infinitamente sotto i propri limiti fisici, d’altro canto è vero che gli utenti della strada potrebbero non essere pronti a vederci sbucare mentre grattiamo gli stivali in piega.
Senza tensione, senza fretta e con la voglia di respirare un pochino d’aria fresca sulle cime che dividono Toscana e Romagna da tempo immemorabile… si scopre lo spirito segreta della ST3.
Il propulsore corposo ci lascia liberi dalla schiavitù del cambio mentre le sospensioni, perfettamente tarate per questo tipo di utilizzo, ci cullano in una danza fatta di mille dolcissimi cambi di direzione. Ogni movimento del corpo avviene in maniera estremamente naturale e credo si possa dire che l’essenza del turismo sportivo riesca a pervadere persino l’anima, spazzando lontani lontani tutti i pensieri che ci affliggevano prima di partire.
La sella imbottita, il cupolino estremamente protettivo ed il borbottare pacioso del motore ai medi regimi non ci fanno accorgere assolutamente del tempo che passa. Qualche moto parcheggiata davanti ad un bar ci invita a fermarci per un una birra sotto l’ombra degli alberi, possibilmente chiacchierando amabilmente con la compagnia motorizzata.
Nuovi arrivati sfoggiano potenti sportive di nuova generazione con silenziatori talmente liberi da poter essere tranquillamente sostituiti dal tubo della stufa. Il loro suono è d’un tratto quasi fastidioso e contrasta con il profumo emesso da alcuni cespugli di lavanda posti vicino all’ingresso del locale. Un vecchio motociclista, al quale spero di somigliare tra vent’anni, mi mostra con orgoglio la sua V11 e mi confida come sia felice di vedermi con la mia sport-tourer all’italiana.
Parliamo di gioia di guida e strade dolci come le forme di una bella donna, mentre qualche altro ragazzo si unisce a noi. Ci sentiamo simili. Non siamo agitati, non abbiamo rischiato multe, non sappiamo quanto siano consumate le nostre gomme ai bordi e non abbiamo fatto gara con nessuno. Abbiamo goduto della nostra cavalcatura ed abbiamo condiviso queste magnifiche sensazioni con amici improvvisati. Questo credo sia lo spirito della ST3.
Volgo uno sguardo al suo faro, il quale sembra sorridermi felice. Decidiamo di ripartire perché la cima è ancora lontana e ci aspetta un lungo serpente fatto di tornanti.
Le mie preoccupazioni riguardanti il misto stretto si rivelano presto fondate. Il motore a tre valvole leva sempre d’impaccio grazie alla poderosa “schiena” di cui è dotato, ma lo svantaggio rispetto a moto maggiormente agili (nude e supermotard in testa) è palese. Questo non deve intimorire perché i freni perfetti e l’equilibrio generale permettono di avere un buon passo senza troppa fatica. Notevole il lavoro svolto in accelerazione al posteriore dalla coppia composta dal cinematismo progressivo e dall’ammortizzatore Sachs completamente regolabile, la quale dona una sensibilità invidiabile permettendo, se ve la sentite, anche qualche “garbata” derapata di potenza.
Una nota di merito deve essere spesa per lo strettissimo serbatoio ed i semi-manubri larghi nonché leggermente rialzati. L’insieme di questi fattori dona un controllo veramente ottimale in ogni condizione, traducendosi in puro piacere di stare in sella (morbida) e scarso affaticamento psico-fisico.
Si torna a casa, ma decidiamo di farlo per una strada diversa e maggiormente improntata alla velocità media. Lunghi rettilinei ci offrono la possibilità di provare la protezione aerodinamica in condizioni non troppo dissimili da quelle autostradali e senza allontanarci troppo dai limiti imposti dal codice. Il risultato non è nulla di diverso da ciò che ci si sarebbe aspettati, ovvero un ottimo comfort di guida ed un’assenza quasi totale di turbolenze.
Siamo arrivati. Il percorso previsto è stato anche troppo breve e questi 350Km sono sembrati semplicemente volare. Parcheggiamo in garage sul cavalletto centrale (utile su terreni instabili e per la manutenzione) utilizzando la leva d’ausilio e mettiamo il lucchetto fornito di serie dalla casa. Salutando gli amici non è difficile scrutare nei loro occhi stanchi una punta d’invidia per la nostra freschezza e la voglia di provare questa moto strana ed ibrida. Forse la prossima volta.
La Ducati ST3 non è solo un buon prodotto, largamente incompreso dal mercato, bensì un inno a tutta la categoria a cui appartiene ed alla semplicità di godere del viaggio prima ancora della destinazione. Non si può giudicare vedendola ferma da un concessionario e non è possibile capirla senza averle dato il tempo, nonché i chilometri, per permetterle di farci dimenticare i nostri problemi.
Pregi
Piacere di guida
Stabilità granitica
Consumi reali (mediamente da 18Km/ ai 21Km/l)
Coppia ed erogazione
Velocità cambio
Effetti sonori allo scarico ed alla frizione
Vibrazioni
Dotazione di serie
Sospensioni perfette per la guida sport-tourer
Frenata
Protezione aerodinamica
Comfort, abitabilità e posizione di guida
Visibilità specchietti
Illuminazione faro anteriore
Difetti
Peso
Estetica (frontale poco raccordato col posteriore)
Cambio rumoroso e saltuariamente poco preciso
Frizione dura e poco modulabile
Scarsa precisione indicatore consumi e serbatoio
Assemblaggi non sempre precisi (plastiche)
Forcella regolabile solo nel precarico
Sospensioni morbide nella guida marcatamente sportiva
Agilità scarsa (necessita guida di corpo)
immagini visibili ai soli utenti registrati