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[Report] Giro della Sardegna 2-3 Giugno 2007
1889843
1889843 Inviato: 19 Giu 2007 19:24
Oggetto: [Report] Giro della Sardegna 2-3 Giugno 2007
 

Questo è il mio primo report.
Quando mi sono messo in testa di elaborarlo, credevo che sarebbe stato più facile, poi col tempo mi sono reso conto di essermi imbarcato in qualcosa di maggiormente complesso rispetto alle originali intenzioni.
Per giorni ci ho lavorato attorno, non solo sotto il profilo della stesura, quanto dell’organizzazione del post, delle immagini di riferimento e della preparazione dell’itinerario virtuale.
Ho deciso di strutturarlo in capitoli, questo perché 30 pagine word non sono uno scherzo da riversare in un topic e presto è emersa la necessità di riordinare il tutto; con un occhio di riguardo a chi legge ma anche a chi vuole solo spizzicare concetti sparsi qua e là.
Mi sento di dover precisare alcune scelte stilistiche, così da semplificare l’approccio a chi fosse eventualmente interessato alla lettura.
Questa null’altro è che una storia, e ho deciso di raccontarvela nella maniera a me più congeniale, secondo canoni probabilmente lontani da quelli che regolano un normale intervento in un forum di motociclisti.
Così ho ritenuto perché sostengo che uno degli aspetti più affascinanti di questo mondo sia quello di condividere le nostre esperienze con chi può facilmente comprenderle e apprezzarle.
Ecco perché ho deciso di esporre il tutto in prima persona, cercando, per quanto mi fosse possibile, di infondere dinamismo e freschezza al racconto, lasciando intendere spesso quanto questo viaggio fosse realmente frutto di una serie di conseguenze dettate dal momento e dalle attuali circostanze.
Confermo infatti che questo è il primo giro organizzato di un certo spessore del gruppo Sardegna e se sotto un certo punto di vista abbiamo pagato la nostra inesperienza, dall’altro ne abbiamo colto i lati positivi, rendendo piacevole ed accattivante ogni cambiamento di programma, dettato da imprevisti o scelte prese strada facendo.
Questo report è un via di mezzo tra una narrazione a tratti vagamente romanzata, un resoconto di viaggio minuzioso e sensibilmente simile ad un diario di bordo, ed infine un sentito spaccato di quello che mi passa per la mente di tanto in tanto, lungo le bellissime strade della Sardegna.
Ho abbandonato ben presto l’idea di raccontare la nostra avventura sotto forma di sterile riepilogo di quello che abbiamo fatto e visto, per via di quella forte vena sentimentale che spesso ti coglie quando ti affacci ad un mondo nuovo e ricco di suggestione.
Così era per noi.
Quando leggete tenete quindi a mente che ogni concetto è figlio della circostanza, spesso maturato in tempo reale e annotato prima di essere riportato qui dentro.
Per quanto riguarda l’eventuale difficoltà di seguire il filo del discorso scorrendo il lungo testo di un post, premetto che ho deciso di rendere disponibile tutta la mia cartella di lavoro.
Il file word su cui ho steso il racconto e la cartella con i progetti e le immagini possono essere scaricati in un unico file accessibile al seguente indirizzo:
>> Link a pagina di Sosphero.com <<
Con molta probabilità sarà molto più semplice leggere direttamente nello stesso formato in cui ho elaborato il tutto, ma vi invito comunque a replicare, qualora ne aveste volontà, direttamente a questo topic, visto che sostanzialmente questo è e rimane un post in un forum di motociclisti.
Se Davide o un moderatore del forum dovessero sentire che questa procedura sia in parte o del tutto contraria alle linee guida del forum possono tranquillamente provvedere a riportarlo a regime o indicarmi le giuste modifiche.
Alla luce di questo mi auguro che qualcuno di voi possa apprezzare quanto segue, e sarebbe bello che capitasse con qualcuno che al nostro Giro della Sardegna non ha partecipato.
Lo riterrei l’ennesimo successo di un avventura che tanto ci ha regalato e per tanto tempo farà parlare di sé.
Detto questo, vi auguro buona lettura.




* * * * * * *




Quando Iddio creò la Sardegna sapeva che non sarebbe stata una terra di facili conquiste.
La circondò dal mare perché fosse protetta e temuta dai navigatori, eresse monti invalicabili e scavò gole profonde perché apparisse varia e imponente, la costellò di ogni sua meraviglia poiché la giudicò bramata e contesa; la spazzò da venti impetuosi perché avrebbe dovuto far desistere i meno coraggiosi e la flagellò con piogge imprevedibili perché nessuno avrebbe dovuto sentirsi al sicuro sfidandola.
Infine la popolò con persone dal cuore caldo e audace; questa è la storia di un loro manipolo.



Antefatto
Avremmo dovuto circoscrivere la Sardegna da Levante a Ponente, dalla Tramontana al Mezzogiorno e lo avremo dovuto fare in due giorni, né troppo da far perdere gusto alla sfida, né troppo poco da risultare scellerati.
Scegliemmo un fine settimana così da organizzarci a dovere, uno a ridosso della bella stagione pensammo, così da approfittare del tempo clemente senza incorrere nelle calure estive.
Il primo di Giugno parve un ottimo compromesso a Febbraio, bastava solo definire le tappe, trovare rimedio alla fame e un ricovero al sonno; dopodiché scegliemmo un punto di partenza.
Spuntò il nome di Arbatax, sia perché strategicamente sita lungo l’asse mediano dell’isola, sia perché alla fine della prima giornata avremmo militato nell’oristanese, e sarebbe stato semplice trovare alloggio e un posto dove cenare. Gnomo infatti si interessò di quest’ultimo aspetto e contattati due bed and breakfast a Oristano ci assicurò una sistemazione dignitosa.
Per quanto riguarda la cena, il nostro moderatore ci avrebbe ospitato nel suo terreno anticipando un menù da veri intenditori dell’arrostita.
Organizzare con la stessa cura anche la giornata successiva non fu difficile.
Precipitati con Gnomo alla ricerca di un agriturismo nel sassarese, in un punto accettabile secondo la tabella di marcia, ne promuoviamo uno verosimilmente raggiungibile per l’ora di pranzo.
Il pasto di mezza giornata del 2 sarebbe stato al sacco tanto per essere sicuri di poter recuperare terreno in caso di ritardo e di non affossare il portafoglio già pesantemente stimolato dalle spese fisse.
Tutto era ormai stabilito, la data prossima, e i partecipanti praticamente alle linee di partenza.





L’immancabile inconveniente
Non è un mistero che per quanta organizzazione possa esserci dietro un progetto o quanta minuzia in ogni particolare, se c’è anche una sola variabile fuori controllo bisogna sempre aspettarsi il classico colpo di scena che manda tutto a monte in men che non si dica.
Chi se lo aspettava a Febbraio, quando il sole spaccava le pietre, che il mese che saluta l’estate sarebbe stato tra i più capricciosi dell’intero decennio?
Meno di due settimane dall’evento si crea un triumvirato di consultazione metereologica da far impallidire l’aeronautica militare.
Nuvolette e fulmini colorano le cartine del meteo su tutta l’italica penisola, e con Gnomo e Afrika discuto un piano alternativo o i dovuti aggiustamenti nel fortuito caso che il diluvio universale ci colga durante parte del nostro tragitto.
Mancano pochi giorni e le condizioni precipitano; per fine settimana è previsto nubifragio in parte dell’isola e non ci sono elementi per supporre che le cose possano cambiare.
I toni iniziano a farsi catastrofici, in molti alzano bandiera bianca, altrettanti si ritirano nelle immediate ore a ridosso della partenza; la nave e pronta a salpare e metà dell’equipaggio preferisce sbarcare e salutarci dal molo..

Sarei stato tentato di incollare parte delle nostre discussioni frutto di quei momenti di sconforto, ma probabilmente avrebbero censurato il topic..
Giovedì mattina il cielo è coperto e spira un vento gelido e foriero di brutti presentimenti; finisco di annotare le ultime cose nel block notes e mi appresto a passare una notte priva di sonno.


A prendere parte a tutto il giro:
Io (zavorrina), Gnomo (zavorrina), Afrika (zavorrina), Lawerr (zavorrina), Pcsystem, “Alberto”.

A percorrere con noi una giornata o almeno una tratta:
Il fratello di Pcsystem e un suo amico, Lord_randal,Daimond (zavorrina), Diabolik9.



Sassari-Olbia (in solitaria)
Sono in piedi quando il sole avrebbe già dovuto fare capolino dalla finestra ma lo sguardo si perde in una stanza ancora immersa nell’ombra.
Mi alzo, spalanco la finestra e osservo un cielo grigio e malauguratamente coperto.
Faccio finta di niente, non curante dell’ennesimo segno del destino allestisco una colazione abbondante e finisco di preparare la borsa da serbatoio; butto l’occhio per l’ultima volta fuori e beffardo infilo gli occhiali da sole nella tasca esterna.
Telefono ad Afrika giusto per sapere che ad Olbia le condizioni meteo sono le medesime.
Alle 10:30 accendo il quadro, verifico il pieno e azzero il contachilometri parziale; confido di farlo nuovamente al mio ritorno dopo un giro completo di tutte e tre le cifre; pochi minuti dopo la sensuale silhouette della mia hornet compare fuori dal garage.
Serro il velcro dei guanti, mando un messaggio ad Afrika, innesto la prima e saluto la via di casa imboccando l’uscita Nord della città.
Trovo traffico esclusivamente nel tratto urbano ma una volta superati gli ultimi semafori posso alzare il ritmo e sentire il vento sferzare in modo piacevole.
Il primo tratto degno di nota è la Sorso-Lu bagnu, strada che mi fa approdare sulla litoranea settentrionale e che serpeggia per qualche piacevole chilometro in cui è già possibile incrociare i primi temerari procedere in direzione opposta; i primi saluti di rito e poi veloci verso Castelsardo.
Raggiungo il prima possibile la gradita località marittima verso le 11:15, complice una deviazione inaspettata alle porte di Sennori e i ripetuti tornanti della strada che porta prima a Sorso e in breve tempo verso la costa.
Non ho tempo per fermarmi, Afrika mi aspetta per pranzo; giusto il tempo di raggiungere il porto e mi divincolo verso il bivio che segnala Santa Teresa.
In direzione Valledoria inizio a dover fare i conti con i mezzi articolati che infestano le strade della Sardegna.
Con un occhio sulla mia corsia ed uno a quella di sorpasso mi diletto in continui allunghi nel tentativo di scrollarmi di dosso quella noiosa flotta di boriosi e nervosi automobilisti. Spesso ci accodiamo per chilometri a camion carichi di granito e io finisco per perdere di vista il fantastico panorama in favore di attenti e calcolati sorpassi in uscita di curva.
Valledoria, Badesi e Trinità scorrono negli specchietti e in me sovviene ben presto la necessità di una sosta che possa lenire i primi intorpidimenti.
Unica nota positiva il vento che pare spazzare con grande tenacia il cielo; ben presto il plumbeo sopra la mia testa cede e mi lascio alle spalle grigiore e pessimismo.
La temperatura aumenta e ringrazio il sotto casco in seta che nei momenti di bassa velocità evita che inizi a provare fastidio per il sudore.
Arrivo allo svincolo per Aglientu e procedo spedito lungo una strada finalmente più scorrevole.
Il sole finalmente picchia ma io sono più veloce di lui e non mi faccio cogliere dal tuo tocco cocente; ben presto arrivo alle porte di Santa Teresa.
Mezzo giorno è passato da un pezzo quando destreggiandomi nelle vie del centro e percorrendo sornione un tratto contro mano, raggiungo una delle passeggiate più belle dell’isola.
Sosto in prossimità di uno spiazzo e muovo i miei primi passi fuori porta, inforco gli occhiali da sole e avviso Afrika dei progressi.
Lo zio esordisce con un “Dove diavolo sei!?”, io ribatto che sto prendendo il sole e che non desisto dal fare qualche scatto prima di ripartire.
La torre aragonese fa da sfondo al mio spiccato egocentrismo, mi rendo ridicolo con i turisti con il mio autoscatto sul filo di lana, immortalo le splendide acque e monto nuovamente in sella.
Prima di infilare il casco mi riprometto di calcare nuovamente questo fantastico suolo, assicuro i magneti della borsa e poco dopo il clank del cambio è come lo starter di un giudice di gara che riaccende in me premura di continuare verso Olbia; tardare vorrebbe dire mangiare qualcosa di freddo e aspettarsi le giuste lamentele dello zio.
L’ora successiva è scandita dai mugugni dello stomaco ancor più che dai minuti dell’orologio.
Entro le 13:30 voglio essere ad Olbia e non posso che abbandonare l’idea di toccare tutte le più affascinanti cittadine della cosa Nord Orientale; capo d’orso, baia sardinia, porto cervo e golfo aranci diverranno meta del prossimo giro, ora devo puntare verso l’interno e guadagnare terreno.
Palau prima e Arzachena dopo sono gli unici bivi a cui devo fare riferimento, il mare scompare alla mia sinistra e consapevole di aver toccato uno dei vertici dell’isola mi inoltro in strade asettiche e costellate degli immancabili autocarri. L’irrequietezza mi coglie almeno un paio di volte e mi prodigo in chirurgici sorpassi, alternando minuti interminabili di coda a tratti decisamente più scorrevoli e ventilati.
Quando le 13:30 rintoccano sull’orologio di bordo raggiungo una Olbia immersa nel sole.
Il vento spazza la cittadina con vigorose sferzate e l’ora di punta è chiaramente avvertibile nelle strade che portano al centro.
Decido di non osare oltre, accosto e avviso del mio arrivo il nostro very important tinga che da sfegatato motociclista mi raggiunge pochi minuti dopo comodamente seduto in macchina.
Mi scorta direttamente a casa sua dove mi invita a fermare il mezzo su un piccolo marciapiede accessibile da una improbabile salita di circa 180°; rischio una sonora caduta e con il cuore ancora a mille entro in casa.
Qui vengo accolto con squisita gentilezza dalla famiglia e in due ci lanciamo in un pasto lampo ma assolutamente indispensabile per far fronte ad una tappa assolutamente tosta.
Con i primi sentori di sonnolenza ci spostiamo in un altro locale tanto per rilassarci un oretta prima della vera partenza.
Come antica tradizione vuole, ammaziamo il pasto con il più saporito liquore di tutti i tempi.
Il mirto scivola lungo il palato e la carezza che avverti lungo la gola è paragonabile solo a quella di una bellissima donna.
E’ un richiamo fin troppo evidente, difatti Lawerr non si lascia attendere e ci raggiunge in tempo per un bicchierino.
In verità la zona bar del caro Afrika è un posto che trasuda un invito dalle maliziose intenzioni, ma esagerare ora sarebbe stato fuori luogo ^^.
Sicuri di rifarci in seguito riordiniamo e ci prepariamo alla partenza.
Lawerr è impossibilitato ad unirsi alla comitiva al momento, in previsione di una sua parte per fine pomeriggio finiamo di definire gli ultimi dettagli e ci separiamo; il tempo di raggiungere la zavorrina di Afrika e via verso il primo distributore.
Meglio riempire alla goccia i 17 litri di capienza del mio serbatoio; Olbia Arbatax è una tratta di tutto rispetto e sui monti i rifornitori scarseggiano.



Olbia-Arbatax (Chierico-“Afrika+zavorrina”)
L’orientale sarda.. per chi non la conosce il suo nome suscita ben poche emozioni, per chi ne ha sentito parlare o come me ha avuto l’onore di percorrerla, risuona immancabilmente come un altisonante richiamo per i palati motociclistici più delicati, dal sapore deciso, mille immagini mozzafiato e foriero di innumerevoli fantastiche sensazioni.
Strada maestra di ben 354 chilometri, la SS 125 si snoda per tutta la sua lunghezza attraversando in senso longitudinale la Sardegna, collegando Cagliari a Palau e attraversando un infinità di centri minori. Tracciato dai mille volti, questa leggendaria tratta si snoda in un interminabile alternarsi di curve e tornanti, ora veloci e consoni ad un andatura sostenuta, ora lenti per un incedere assolutamente moderato ed equilibrato.
Non è una strada su cui fare esperimenti l’orientale, per buona parte del suo tratto centrale, quello che va da Dorgali a Lotzorai, altissimi strapiombi la incorniciano rendendola una strada impegnativa e dal passo attento.
Fare il giro della Sardegna senza percorrere l’orientale, sarebbe stato come visitare per la prima volta Roma senza rendere omaggio al Colosseo.

Olbia è oramai alle nostre spalle e ben presto il traffico caotico di una città dalle strade assolutamente disastrose lascia il posto a panorami ben più graditi; lunghi rettilinei ci guidano verso Est e la monotonia di un paesaggio è affabilmente rotta dagli ultimi scorci di mare e paesini dal piacevole aspetto. Murta Maria e Porto San Paolo sono passati da un pezzo e procediamo spediti dapprima verso Budoni e successivamente in direzione Siniscola; ci troviamo nel Nuorese adesso e non passerà molto prima che la strada assuma connotati molto più caratteristici.
Quando finalmente anche Orosei è toccata è arrivato il momento di puntare verso Dorgali.
Al momento la strada diventa al limite della praticabilità; è questa una zona ricca di cave di granito e il lato destro della carreggiata è completamente coperto di terra e polvere.
Enormi pietre squadrate costellano un panorama fin troppo particolare e degno di nota non fossimo fin troppo attenti a non ritrovarci per terra.
Conviene andare adagio e procedere senza fretta finché la strada finalmente torna ad avere le sue naturali tonalità.
Alle pendici del supramonte salutiamo finalmente Dorgali.
E’ già la seconda volta che la scorgo sulle due ruote e in nessuna delle due occasioni abbiamo sostato nemmeno il tempo per concedere ad uno dei nostri paesini più caratteristici un occhiata attenta.
Percorsa in tutta la sua lunghezza la superiamo in un baleno, incrociando gli sguardi curiosi dei bimbi e le figure degli anziani seduti ai bar.
Nonostante sia già possibile scorgere in lontananza le imponenti montagne che tra breve attraverseremo distiamo dal mare meno di cinque chilometri.
Proprio all’uscita del paese si giunge infatti ad un piazzuola ricavata in un tratto dove la strada crea uno slargo in cui è possibile transitare e sostare.
Il panorama è mozzafiato e nonostante questa volta non ci siamo fermati ricordo con freschezza il giorno in cui ho immortalato con uno scatto una delle gole più profonde d’europa.
E’ questo un crocevia raggiunto da numerosi motociclisti, giacchè da questo incrocio oltre che Dorgali e Baunei, nostra prossima destinazione, un’imponente galleria buca i monti e conduce verso cala gonone.
Non ho mai percorso quella strada ma Afrika afferma che sia un itinerario dal fascino smisurato; pare che interminabili tornanti si susseguano per diversi chilometri conducendoti appunto al golfo di orosei, lì dove si sostiene la foca monaca trovi ancora riparo; Cala Gonone appunto.
Superata la galleria possiamo finalmente dire di essere arrivati ad un tratto decisamente impegnativo.
I prossimi sessanta chilometri infatti, quelli che arrivano fino a Lotzorai, sono un interminabile escalation di ogni tipo e qualità di curva che si alternano in un altalenante susseguirsi di tornanti e curve a gomito.
E’ questa l’orientale sarda per antonomasia e posso finalmente affermare che non dovrebbe decisamente mancare nel carniere di un motociclista che si consideri degno di tale nome.
Le prime curve sono veloci e in salita, si procede spediti e Afrika malgrado sia zavorrato mi tiene dietro con costanza lasciandomi sempre una o due curve di distacco. Non sono ancora un biker lontanamente accettabile.. la mia posteriore ha quasi un centimetro prima di arrivare alla corda e qui tutti i miei limiti si palesano con assoluta lapidarietà.
Ecco il primo tornate, vedo il mio compagno di traversata staccare con precisione e pendere verso l’interno, sicuro e deciso.
Arrivo lento e devo dare gas in piena traiettoria.
Si procede con un paio di curve più veloci da pennellare in accelerazione e poi un altro tornante, cieco e a sinistra.
Come al solito arrivo veloce e freno troppo a lungo, la moto scende con difficoltà e mi vedo costretto a sporcare la curva in maniera comica.
Ora è un susseguirsi di curve strette, di quelle da fare tutte allo stesso ritmo, con un pelo di gas in ripresa e il pedale del freno pronto a modulare in piena curva.
Mi sento un imbranato totale.
Vedere Afrika che si mangia letteralmente le curve mi pesa e in testa risuona un campanello di allarme che mi intima di non lasciarmi andare alla foga di strafare.
Arriviamo finalmente alle gallerie.
Esiste un punto, tra i più belli a mio parere, dove i diversi versanti di altrettanti promontori si fronteggiano. E’ questo un tratto in cui si formano gole dalla bellezza smodata e in cui la strada cinge i crinali e si snoda lungo tutto il panorama.
Lì tu puoi vedere chi ti precede diversi chilometri avanti o a sole due curve di distanza.
Tra voi il vuoto più totale.
Bisogna stare attenti, l’ammaliante scenario offerto ti rapisce ad ogni colpo d’occhio, e spesso rimpiangi di non essere seduto dietro per poterti perdere con lo sguardo.
Quando finalmente intravedo Afrika mi sta distanziando di una manciata di secondi.
Immagino stia allentando il passo per non staccarmi troppo.
Osservo le prossime curve e intravedo la prima galleria.
Ennesima meraviglia dell’orientale sarda, le tre gallerie sono incastonate su diversi versanti a pochi chilometri di distanza l’una dall’altra.
Non sono di quelle che bucano la montagna e proseguono per interminabili tratti di rettilineo, bensì costruite a giorno, con un lato, quello interno alla valle, puntellato per tutta la propria lunghezza da robuste colonne di cemento armato.
Avete presente il tunnel del circuito di montecarlo? Ecco ci siamo capiti.
E’ la seconda volta che percorro l’orientale, non ne avrò carpito i mille segreti ma ricordo bene che le gallerie sono tratti veloci e non devo temere di dover affondare improvvisamente sul freno.
Spalanco il gas in uscita di curva e mi lancio all’inseguimento dello zio.
Lo supero all’imboccatura della galleria, la luce filtra intermittente alla mia sinistra e il rombo del motore si ode in tutto il suo fantastico vigore.
Deciso a rimanere in testa almeno qualche curva mi sforzo di aumentare leggermente la qualità del mio inserimento in curva, diminuire l’intensità della frenata e limare qualche millimetro di gomma in più sul mio posteriore ancora immacolato.
Accelero, allargo, stacco e piego, o almeno ci provo.
La prima curva è a destra, veloce ma impegnativa, la seconda, non prima di una cinquantina di metri di pura accelerazione.
Sento di raggiungere il mio limite due curve più avanti.
Non oso guardare all’esterno chiudo e sento che sono troppo veloce, mi vedo costretto a bruciare le tappe, forzo sulla pedana e invito il mezzo a seguirmi verso l’interno della curva.
Avverto la forza centrifuga opporsi e il torace volgere verso il serbatoio, il peso mi schiaccia e la moto scivola come su un binario fantasma.
“m***a ci sono riuscito..”
Rinvigorito dalla recente conquista arrivo troppo veloce alla curva successiva, freno e sento il posteriore saltellare, mi spavento, lascio il freno un momento e continuo a modulare con decisione in ingresso, la moto si raddrizza e devo sterzare come i bambini in triciclo.
Afrika mi raggiunge e mi sorpassa con disinvoltura..
Proseguiamo a buon ritmo e sento di migliorare ad ogni curva.
Ora ci sono un paio di tornanti e poi una curva veloce, inizio ad avvertire la stanchezza e cerco qualche espediente che possa farmi scaricare l’adrenalina.
Scalo e tengo il motore costantemente sopra i settemila, consumerò un botto ma almeno mi tengo la giusta trazione per qualsiasi tipo di curva.
Dopo dieci minuti mi sembra di essere in scooter e ritorno al metodo classico delle marce quando in uscita del secondo tunnel non mi rendo visibilmente conto che la curva che sto affrontando altri non è che un lungo tornante; una curva a gomito di quelle che chiudono quando non te lo aspetti.
Qui l’errore più grande della giornata.
Arrivo smisuratamente veloce e freno fin troppo in prossimità della curva, chiudo ma la moto non ne vuole sapere di seguirmi e vado lungo. Osservo l’atra corsia sgombra e tiro un sospiro di sollievo. Riparto pochi secondi dopo e decido di abbassare un pochino il ritmo.
Sessanta chilometri di curve come quelle vanno digerite e il tempo trascorre scandito dall’incedere di archi dall’imprevedibile parabola.
Decido di prendermela comoda e arrivo alle ultime curve baldanzoso e sorridente.
L’ultimo tratto, quello tra Balnei e Lotzorai trascorre senza particolari intoppi.
Quando raggiungiamo il paesino dò un ultimo sguardo ai monti alle mie spalle e rinnovo la sfida per la prossima volta.




Arbatax e Nuoro (Il gruppo prende forma)
E’ tempo di aggiornare il resto della comitiva.
Arrivati nei pressi dello stagno di Tortolì e superati gli ultimi semafori, dovremmo raggiungere Arbatax in pochi minuti.
Lì la mattina seguente, in un piazzale a ridosso del mare, arriveranno Gnomo con la zavorrina più un amico di Pcsystem che prenderà parte alla spedizione con noi alla volta della conquista del perimetro dell’isola.
Stasera invece, Lawer e la sua zavorrina e lo stesso Pcsystem ci raggiungeranno e alloggeranno all’ arba’at’ashar con noi.
Manca solo la mia zavorrina che tra poco andremo a prendere a Nuoro.
A meno di imprevedibili rinunce contiamo di partire in dieci verso il sud dell’isola.

Al momento siamo sempre in tre e dobbiamo ancora presidiare il b&b, scovare un posto dove comprare l’occorrente per la cena e ripartire verso il capoluogo barbaricino.
Raggiungiamo la via che tante volte mi è stata segnalata telefonicamente dalla padrona dell’ostello.
Le indicazioni scarseggiano e nonostante il gps dello zio sembra di rivivere uno dei mitici inseguimenti alla benny hill show. Ci vorrà un po’ prima di individuare l’ingresso e smontare finalmente dalla sella; il sedere visibilmente dolorante e la testa già alla prossima tratta.
Il posto è gradevole e di bell’aspetto. Le aspettative non vengono tradite e nonostante il prezzo contenuto abbiamo a disposizione due appartamenti e un mini giardino; sistemare le moto in maniera sicura e lontana da mani e occhi indiscreti non è difficile, per cui disfiamo i bagagli, scambiamo due parole con la padrona di casa che si rivela molto affabile e di piacevole compagnia, e poi di corsa al market dietro l’angolo.
Pasta, sugo pronto, salsiccia, pane e birra; ditemi se non è un menù da principi questo.
Siamo leggermente in ritardo sulla tabella di marcia, la seconda mezzora dell’ottava ora pomeridiana è prossima e chierico e il buon Afrika stanno ancora cercando un distributore prima di rimettersi in marcia.
La zavorrina dello zio preferisce stare in appartamento e iniziare a imbastire la cena e attendere l’arrivo degli altri, visto che noi due staremo fuori almeno un paio d’ore.
Premetto che quando ho deciso di prendere parte al giro della Sardegna avevo ovviamente coinvolto la mia ragazza affinché mi seguisse in questa pazzia.
Riscontrato un notevole entusiasmo avevamo programmato insieme parecchi aspetti della cosa considerato anche che al momento viviamo in due città differenti.
Non molto tempo prima della partenza subentrano particolari necessità che la costringono a trovarsi a Nuoro il giorno prima della partenza.
Dopo un attenta analisi del problema e constatata la grande disponibilità di Afrika ad accompagnarmi, si decide di andare a recuperarla direttamente lì in prima serata.
Mai avrei pensato che questo azzardo ci sarebbe costato tanto sacrificio..

Alle 20:40 abbiamo a disposizione l’intero serbatoio ma nonostante siamo solamente in due giochiamo a nascondino per circa 20 minuti rincorrendoci per le vie di Tortolì fino a quando ci troviamo finalmente all’uscita del paese. Afrika imposta il percorso sul suo mitico telefono-gps e di gran carriera procediamo verso un paese di nome Villagrande.
Il percorso era stato chiaro fin dall’inizio: procedere a ritroso su per l’orientale sarda di notte sarebbe stato un suicido, avremmo dovuto procedere verso ovest lungo un tragitto serpeggiante di circa trenta chilometri procedendo nel cuore dell’ogliastra, attraversare il parco del Gennargentu fino a ricongiungerci con la strada statale 389, direzione Nuoro, un lunghissimo rettilineo di cinquanta chilometri circa.
Ben presto l’innocua gita fuori porta si trasforma in tragedia quando il sole all’orizzonte inizia ad eclissare dietro i monti e noi imbocchiamo una delle strade più tortuose e infime di tutta la Sardegna.
Diverse volte siamo costretti a fermarci, alle più per futili motivi ma dalla pesante incombenza. Viaggio con il casco slacciato e mi barcameno in improbabili tentativi di sistemarlo con i guanti; il gps di Afrika si muove all’interno della tasca trasparente della borsa da serbatoio e rischiamo di perderci se non lo fissa a dovere; i nostri telefoni squillano impazziti in una zona dove c’è pure pochissimo campo e bisogna rispondere anche perché sia io che lui ci teniamo in contatto con alcuni membri della compagnia e dobbiamo aggiornarli sugli spostamenti e i conseguenti cambi di programma.
Cala il silenzio quando Afrika mi avvisa che Lawer, partito solo alle 19:30 da Olbia sta percorrendo l’orientale e tra poco dovrà procedere al buio.
I nostri 96 chilometri verso Nuoro sono solo all’inizio e avverto già il mal di testa farsi largo a gomitate.
Quando in lontananza scorgo Villagrande ho già affrontato tanti di quei tornanti che il mio senso dell’orientamento è andato in vacanza e in un eccesso di speranza credo di essere arrivato a Nuoro.
Ci fermiamo per l’ennesima volta, mando un paio di messaggi a Pcsystem che sta risalendo da Cagliari e tra poco dovrebbe arrivare ad Arbatax e incrocio lo sguardo terrorizzato di Afrika che senza mezzi termini mi mette in guardia che uno dei suoi telefoni ha la batteria a terra; prego che il gps non ci abbandoni proprio ora, dopodichè poco dopo ci tuffiamo nella fitta vegetazione che circonda la ridente e sonnolenta e maledetta cittadina di Villagrande.
Le tenebre ci circondano e il loro gelido sudario ci afferra in una morsa di ghiaccio.
Mi raggomitolo e cerco di chiudere tutti gli spifferi possibili, non posso incrociare lo sguardo del mio compagno d’avventure ma sono sicuro che questo sia un bene per entrambi.
Danziamo nella notte come fiammelle scosse dal vento, i nostri fari illuminano la strada ma è chiaro fin da ora che bisogna proseguire con gli abbaglianti, altrimenti corri il rischio di schiantarti contro una mucca o un brigante che scappa con il bottino sulle spalle.
Si susseguono minuti interminabili e angusti tornanti mi fanno trasalire fino all’ultimo metro, non vedo assolutamente nulla e più ci inoltriamo e più mi sento immerso in un territorio inospitale e pulsante.
Ringrazio Iddio che almeno non piove, e quel poco che serve la luna piena balugina rischiarando un poco la vegetazione; se qualcuno dovesse spararmi dal ciglio della strada almeno avrei il tempo di guardarlo, penso.
Procedo al centro della strada cercando di tenermi lontano da ogni pericolo mentre osservo gli stop di Afrika mostrarmi la via e gli ingressi in curva, quando improvvisamente la linea di mezzeria scompare.
Impreco dentro il casco e osservo la lingua d’asfalto che serpeggia sotto i miei piedi completamente nera; è stato rifatto da poco.
Mi sento perso, stringo i denti e cerco di pensare a qualcosa di piacevole; la cena che ci attende, il letto tiepido, la doccia bollente..
Brutti pensieri mi affollano la mente e sempre più insicuro svolto nell’ombra più completa aspettandomi di tutto ad ogni uscita di curva.
Quando disgraziatamente sopraggiunge alla spalle una macchina mi tocca mettermi da parte e farla passare per poi cercare di starle dietro e sfruttare quei tanto rassicuranti faroni che illuminano a giorno la strada.
Finalmente dopo un ultima curva procediamo per un piccolo rettilineo e vedo la freccia destra di Afrika accendersi, accosto e mi avvicino.
Solleva la visiera appannata:
“Mi sto cagando dal freddo”
Non trovo niente di rassicurante da dirgli e preferisco strofinarmi le mani.
Apre la sua borsa e tira fuori una felpa, dopodiché starnutisce un paio di volte.
“Mi sento di m***a”
Non è un esagerazione, lo vedo tremante tirare su col naso in preda ad un raffreddore di quelli che ti costringono a rifiutare anche il più allettante invito che in genere gli amici ti fanno il venerdì sera.
Decido di aggiornare la mia ragazza quando sono le 21:30 passate, lei non accoglie di buon grado il fatto che non la chiami per dirle che sono arrivato ma sia a cinquanta chilometri di distanza.
Questo è il tempo di sdrammatizzare, ci sciogliamo con un paio di cazzate e iniziamo a pensare al report che avremmo imbastitola nostro rientro.
Verifichiamo che stiamo per incrociare la 389 e rimaniamo di percorrerla a velocità costante, sui 140 circa.
Saltiamo in sella e ci lanciamo in una folle corsa al buio, il sordo rumore dei motori che frulla nelle orecchie mischiato al gelido sibilo dell’aria che si fa largo nel casco.
Posso dire in tutta franchezza che poche volte ho provato un gelo simile.
Passi per la mancanza di sensibilità alle mani e ai piedi, va bene quel brivido continuo lungo tutta la schiena che ti trasforma in un fremito perenne, nessun problema se senti quella costante sensazione di fartela dentro i pantaloni.. ma essere immersi per cinquanta maledetti chilometri in un cunicolo ghiacciato e immerso nel buio più totale, di quelli di cui non avvisi nemmeno lontanamente la fine e che ti costringono ad uno stato catatonico di rigidità assoluta, dove l’unico movimento permesso è quello del pollice sinistro che accende e spegne gli abbaglianti.. beh, questo è veramente l’inferno.
Più di una volta ci avvicendiamo alla guida della spedizione, e ogni volta che superi o ti vedi superato in corsa, lo squillante rombo del motore e la vista di quel missile lanciato in piena notte non fanno altro che consolidare in te quel senso di totale lontananza da qualsiasi posto sicuro e civilizzato.
Quando improvvisamente vedo di fronte a me la figura di Afrika scomporsi sul sellino non ho nemmeno il tempo di trasalire o di accennare la benché minima reazione.
Investo in pieno un secco avvallamento e sento il forcellone non avere nemmeno il tempo di affondare; di quell’attimo ricordo due cose: il culo che si stacca improvvisamente dal sellino e la circonferenza del suo pertugio che rasenta lo zero assoluto. Quando riatterro la strizza non mi ha ancora abbandonato; stringo con tutta la forza che ho in corpo il manubrio e prego di non dover provare nuovamente quell’esperienza.
Sono interminabili minuti quelli che ci dividono dalla meta, e quando finalmente lo scorrimento veloce volge al termine il gas diminuisce e la velocità torna sopportabile.
Gli arti anchilosati sono una compagnia costante ed è inutile lamentarsene, prendiamo uno degli svincoli e finalmente il raccordo che ci indirizza al capoluogo.
Entriamo in città letteralmente di ghiaccio, percorrendo un lungo tratto illuminato prima di sentire i giri del motore scemare e le marce più basse innestate; si avvicina un semaforo e il piede tocca finalmente terra.
Vaghiamo per la cittadina semi deserta alla ricerca della chiesa del rosario, punto di incontro con la mia zavorrina.
In dieci minuti raggiungiamo il sagrato e smontiamo, cerchiamo di uscire dall’ipotermia e pazientiamo qualche minuto in attesa.
Quando finalmente recuperiamo il “carico” sto già temendo la prossima ora di viaggio.
Tuttavia ogni metro percorso significa essere sempre più vicini alla tavola imbandita e soprattutto al letto; le ultime telefonate prima di constatare che manchiamo solo noi e poi di nuovo in sella.
Dubito ci sia bisogno di spendere parole per descrivere un rientro assolutamente scontato nei tempi e nella dinamica.
Procediamo spediti anche se prima di riuscire ad uscire da Nuoro ci impieghiamo 15 minuti.
Il gps di Afrika impazzisce e ricalcola il tragitto ad ogni svolta, così finiamo per visitare viuzze dall’aspetto cupo, sentieri che parevano vittima di bombardamenti e girotondi degni del monopoli.
Mi soffermerò invece su un aneddoto più volte ricordato durante le giornate a seguire.
Quando la prima mezz’ora di viaggio è finalmente alle spalle come pure i tortuosi tornanti sull’asfalto appena rifatto, Villagrande è vicina e questo vuol dire tornare a intravedere finalmente un po’ di luce.
Ci accostiamo sul lato destro della carreggiata perché non è letteralmente più possibile vedere senza dare una bella pulita alle visiere appannate.
Stiamo sostando immersi in una vegetazione talmente fitta che non può che rievocare ad una mente stanca, scenari che sono spesso teatro di mille storie tetre o che sovente popolano l’immaginario collettivo. Una piccola piazzola a ridosso dei cespugli e dietro questi mille misteri.
Nemmeno il tempo di slacciare i guanti che una pattuglia dei carabinieri fa capolino da dietro gli arbusti, fari spenti e andatura pigra; stanno puntando dritti verso di noi.
Alla mia destra uno dei finestrini scompare lentamente e un ombra si affaccia quel poco necessario da lasciarne il volto coperto da una semi oscurità decisamente preoccupante:
“State attenti alle mucche..”
Segue un lungo e silenzioso momento.
Ci metto qualche secondo a realizzare la frase.
Non tanto perché l’avvertimento pare proferito come un monito che nasconde ben altri ravvisi, quanto perché il timbro mi è familiare, eccome se lo è.
Scendo e mi avvicino alla volante di qualche passo, il tanto da sgabuzzare verso l’abitacolo e concedere finalmente soddisfazione ai miei interrogativi.
Lo faccio tre volte, perché la stravaganza mi ha ormai irrimediabilmente rapito e se i miei sospetti sono errati ci aspetta un brutto quarto d’ora:
“E se non lo facessimo?”
Il mio sardonico accento risuona di un arroganza irritante, fin troppo forse.
Quando ancora sto ragionando su quanto sia stato scellerato e pericoloso ribattere con tanto insolenti parole ad una pattuglia dei carabinieri, di notte, nel cuore dell’Ogliastra, il conducente ha un sussulto:
“Francesco ****, ma non ci posso credere!”
Le portieri si aprono e i due scendono.
Mi sfilo il casco e abbraccio il vecchio amico che pare abbia preso servizio proprio in questa zona.
Il collega mi vuole vedere da vicino e mi dice che sono un pazzo a fare certe uscite e che come mi ha visto avvicinarmi con il cascone nero e forte di tanta arroganza era pronto a spararmi in faccia.
Il tempo dei saluti dura pochissimo, un ultimo abbraccio e poi di nuovo in marcia, ma non senza sentirsi ripetere l’avvertimento precedente.
Non passeranno altri trenta minuti che completamente rintronati e ghiacciati raggiungiamo dapprima Tortolì e finalmente la tanto agognata Arbatax.
Arrivati di fronte all’ostello è finalmente possibile intravedere dietro il cancello semi aperto il gsr di Lawer e lo zeta di Pcsystem
Sistemate le nostre belve raggiungiamo finalmente l’uscio di casa.
La tavola fa bella mostra di sé proprio di fronte all’ingresso, tutto fin troppo organizzato.
Volti familiari ci accolgono e un atmosfera calda e divertenta ci investe fin da subito.
E’ il tempo delle presentazioni di rito, faccio conoscenza con un Pcsystem allegro e sorridente mentre dedico le prime battute alle avverse condizioni trovate durante tutto il tragitto.
Afrika non perde occasione di incolparmi per il ritardo subito e non passano che pochi secondi prima di lasciarsi andare a racconti epici e incontri misteriosi.
Si è fatto veramente tardi ma prodigarsi in una cena vecchio stile è un lusso che nessuno dei presenti vuole perdersi.
Il clima è festoso e piacevolmente goliardico e tra una risata e una fiacca esternazione di stanchezza divoriamo quanto è stato preparato in poco più di venti minuti. Più volte il tono si accende in una risata di gruppo e spesso si finisce per parlare del forum che frequentiamo e dei personaggi che lo popolano mentre i riferimenti si sprecano tra un sorso di birra e un ultima forchettata.
A fine pasto il momento di gloria di Afrika che può attaccare il dolce gelosamente preteso durante la spesa pomeridiana proprio mentre la discussione volge inevitabilmente al fattore meteo.
Occhi e orecchie rivolte verso l’angolo della stanza che ospita il piccolo televisore, tutti rapiti nel momento in cui partono le previsioni del tempo.
Non ci sono sorprese al momento, fulmini e nuvolette scure tempestano la nostra cara isola tanto che a denti stretti c’è chi inizia a maledire la sfortuna.
Arriva presto il momento di riordinare e staccare completamente la spina; la sonnolenza è compagna comune e nemmeno tanto sgradita quando i letti sono a soli due passi, quindi piano piano i toni si smorzano e i primi sbadigli vengono a farci visita.
Giusto il tempo per scambiare due parole all’aperto e cogliere l’occasione per assicurare i destrieri in cortile che si arriva ai saluti.
Sfilo le chiavi dimenticate da Afrika nel sellino e faccio per restituirgliele ironizzando sulla sua encomiabile attenzione e poi ci separiamo.
E’ tempo di occupare le stanze da letto dei due piccoli appartamenti indipendenti, indugiare vorrebbe dire rubare minuti preziosi ad un sonno più che necessario.
Pcsystem alloggia in una stanza accanto alla mia, ne approfittiamo per scambiare qualche parola mentre il bagno è occupato dalla mia compagna, prendendo gusto in una discussione che mi avrebbe fatto piacere recuperare un secondo momento.
Mi parla della sua precedente moto, del modo in cui l’ha scelta e delle alternative valide scartate a suo tempo. Il discorso cade infine sul nostro equipaggiamento tecnico, sulla scarsa comodità della sua zeta e su quei cavalli di troppo che avvertiva nel motore.
“Stavo così bene col bandit e non escludo di tornare presto ad una moto del genere.”
Avverto che il discorso è assolutamente sentito e retto da criterio.
“Anche perché mi conosco” prosegue, “se mi metti in mano una moto come quella che ho ora poi mi viene voglia di sfruttarla..”
Avessi saputo quando veritiere fossero tali parole quella notte, beh, probabilmente non avrei dormito così bene.
Il bagno è libero finalmente, ci congediamo e le porte si chiudono alle nostre spalle.
Non passano nemmeno cinque minuti che sprofondo in uno dei sonni più profondi.





Arbatax-Cagliari (Il giro prende una piega inaspettata)
Quando le lenzuola mi scivolano di dosso sono appena le sette e venti del mattino.
Sentire le membra che ti supplicano per altri cinque minuti supino sul materasso è un richiamo malizioso che va bloccato sul nascere.
Mi sollevo senza proroghe e vado alle persiane.
Filtra quel tanto di luce sufficiente per capire che non piove ma veramente troppo poco per sperare in una giornata serena e un cielo sgombro.
Mi avvio verso la porticina di casa e la spalanco lasciando che l’aria frizzante mi schiaffeggi fino a farmi sentire del tutto sveglio.
Nessun colpo di scena, faccio due passi all’aperto e le moto coperte da un velo di densa umidità sono sovrastate da un cielo grigio e omogeneo; almeno non minaccia di piovere da un momento all’altro.
Alzo la testa perché Afrika e Lawer sono di fronte a me affacciati lungo un parapetto di cemento giallo; quest’ultimo sfida con fare spavaldo la frescura mattutina a torso nudo.
Pare stiano discutendo sul tempo e mi indirizzano un paio di battutine di quelle scadenti, io da gran signore rispondo con un eloquente “televisore” e torno dentro per prendere a sistemare le mie cose.
Non passa molto che la colazione è servita nella veranda esterna.
Un occhio sull’orologio e l’altro al cielo, spazzoliamo torta e biscotti innaffiando con tazzoni di caffè.
Intraprendo una breve discussione con la padrona di casa sempre molto cortese e piuttosto accomodante, poi corro dentro a finire di preparare la borsa; sono l’ultimo e non mi piace fare tutto di corsa.
Quando finalmente riemergo carico delle mie vettovaglie Pcsystem sta raccogliendo le quote per pagare l’alloggio e c’è chi scalda il motore ansiosamente.
Siamo in perfetto orario, superiamo il piccolo vialetto che ci separa dalla strada comunale e svoltiamo per raggiungere “Piazza delle rocce rosse”.
Credo di far parte di quella nutrita schiera di persone che fantastica parecchio sulle cose.
Fin dai primi giorni di programmazione, quando venne scelto il punto di partenza del giro, mi ero sempre chiesto come sarebbe stato il momento preciso in cui ci saremmo incontrati la mattina del due giugno ad Arbatax.
Ad essere sinceri la mia mente aveva dipinto un quadro della situazione assolutamente dissimile da quello che poi mi sorpresi ad ammirare quel giorno.
Piazza delle rocce rosse è un lungo spiazzo di terra battuta proprio a ridosso del molo di Arbatax.
Accessibile da via tirreno e delimitato per tutta la sua lunghezza da un imponente parete rocciosa non stento a credere che possa essere un naturale punto d’incontro per eventi simile al nostro.
In lontananza, a ridosso del mare, la sagoma di Gnomo è facilmente distinguibile, così come quella del suo leggendario Guzzi Nevada.
E’questione di secondi che una schiera di cavalli d’acciaio si accosta in prossimità del lungo parapetto e si rendono i giusti onori ai nuovi membri del gruppo.
Insieme a Gnomo e la zavorrina che avevo già avuto il piacere di conoscere, facciamo la conoscenza con una faccia nuova.
Alberto, così mi riferirò a lui per la durata di questo report, non è iscritto allo stesso forum che frequentano bene o male tutti i partecipanti al giro. E’ stato trascinato in questa avventura direttamente da Pcsystem e devo ammettere che lanciarsi a capofitto in una cosa del genere senza aver avuto modo di seguire da vicino gli sviluppi organizzativi e conoscere il resto del gruppo, beh, non è da tutti.
Il tempo delle presentazioni dura fin quando i più ansiosi non si fanno sentire impazienti di partire.
Sono sei i mezzi che prendono parte all’inizio dell’evento, dieci partecipanti al via e altri da incontrare strada facendo.
E’ questo uno dei punti più impregnati del sentimento che ha animato tutti questi mesi di preparativi.
Tuttora ho la forte impressione che quel giorno, quando i nostri cavalletti si sono ritirati uno ad uno e gli instancabili motori avviati in rapida successione, ognuno di noi abbia pensato dentro di sé:
“Stiamo salpando, dopo tutte le avversità stiamo finalmente salpando”.
E’ con questo spirito che prima di tornare in strada volgo un ultimo sguardo al nostro piccolo porto; quando due giorni dopo ci saremo sentiti arrivati, avremo percorso centinaia e centinaia di chilometri; ma per ora tra noi e quel lontano approdo, l’avventura più completa.
Alcuni, me compreso, si fermano al primo distributore.
Sarà solo la prima di numerose soste in cui cogliamo l’occasione di slacciare il casco e sgranchirci le gambe.
In realtà prima della partenza immaginavo che sarebbero state molte di meno, in realtà, complice anche una totale disorganizzazione, ci ritroveremo a fermarci anche a tre distributori di fila; vuoi perché al primo metà del gruppo era troppo lanciato per fermarsi, vuoi perché alle volte il solo pensiero di dover liberare la zona serbatoio per fare rifornimento è un fastidio che si cerca di posticipare fino all’ultimo e inevitabile momento.
Stando alla realtà dei fatti è giunto il momento di raccontare in quale modo snoccioliamo i primi e spensierati chilometri.
Percorrendo a ritroso il lungo rettilineo che ci riporta a Tortolì, imbocchiamo lo svincolo per la 125, direzione Cagliari, strada che in ben 180 chilometri abbraccia tutto il versante sud-orientale della nostra costa.
E questa una tratta che procede inesorabilmente verso sud senza deviazioni di rilievo, e che attraversando diversi paesini dell’ogliastra ci introduce finalmente nel cagliaritano.
Ci aspettano diverse ore di marcia forzata, considerato il territorio riteniamo opportuno guadagnare il maggior vantaggio possibile e raggiungere Villasimius non più tardi delle 12:30, per poi puntare verso Cagliari e raggiungere la spiaggia del Poetto non più tardi dell’ora di pranzo.
La formazione di avvicinamento prende forma in maniera naturale e senza che vi siano particolari accorgimenti presi dal principio.
Il nevada di Gnomo è il nostro apripista, com’è giusto che fosse.
Ispiratore e primo promotore del giro il nostro moderatore ha dedicato parecchio tempo allo studio dell’itinerario, delle tappe intermedie, degli orari e soprattutto delle coincidenze con gli altri membri del gruppo.
Suscita in me notevole stupore il modo in cui ha stilato il promemoria di marcia.
Proprio nella tasca trasparente della sua borsa da serbatoio, ecco un foglio A4 fittamente scritto lungo diverse colonne.
La tappa, i chilometri da percorrere per raggiungerla, l’orario entro il quale possiamo ritenerci in orario; un metodo semplice ed immediato per non perdere mai il filo o la cognizione del tempo tra un paese e l’altro; altro che gps.
Eccoli quindi, Gnomo e zavorrina alla testa del gruppo, dietro la quale ci altaleniamo senza seguire una formazione serrata, incolonnati da bravi boyscout e più che felici di marciare dapprima adagio, per i lunghi rettilinei che invitano verso Bari Sardo, via via aumentando il ritmo quando la strada si inerpica sui pendii.
E’ un primo tratto assolutamente rilassante e privo di forti emozioni, osservo il gruppo stendersi in meno di cinquanta metri e noto con piacere che non sono solo le zavorrine a godersi i primi stralci di panorama.
Stiamo percorrendo una zona abbastanza monotona nell’insieme, ma a quest’ora, con il sole che finalmente fa capolino dietro le nuvole si respira un atmosfera serena e a tratti si distingue uno scorcio degno di nota.
Non sono passati che una manciata di minuti che superiamo Bari Sardo e arriviamo nei pressi di Cardedu, piccolo borgo le cui case scorrono alla nostra sinistra mentre percorrendo Via Nazionale è possibile scorgere pure il municipio.
Il grigiore che fin dalle prime battute imperversava sopra di noi continua a dissolversi e se la fortuna ci assiste presto anche la temperatura inizierà a salire.
Un piccolo ponte tinteggiato di verde, di quelli con le balaustre ad arco, scavalca il fiume pelau, o per lo meno il suo letto, visto che la sua presenza è rilevata appena da un impercettibile filo argenteo che serpeggia tra i sassi pochi metri più sotto.
Lo attraversiamo e mi perdo in un lungo attimo di riflessione proprio mentre accarezzo la gamba sinistra della mia zavorrina.
Capita a volte di ritrovarsi in quei rari momenti in cui senti di sfruttare il tempo o un mezzo messo a disposizione nel migliore dei modi, una di quelle percezioni che ti colgono quando non vorresti essere in nessun altro posto o fare nessun’altra cosa che non fosse esattamente quella stessa cosa e in quel medesimo posto.
Sono appunto quei momenti che si valgono le fatiche di mesi di programmazione e sacrifici; sono infatti quei momenti che non mi fanno rimpiangere le scelte prese.
Quando i dolci pianori ci abbandonano abbiamo oltrepassato il bivio per Jerzu e la strada assume una conformazione decisamente più variegata.
Ora un allungo di poche centinaia di metri è interrotto da una o due curve interessanti, sufficienti da risvegliare in alcuni di noi quelle due o tre movenze tipiche di chi vuole sfruttare anche pochi metri d’asfalto in una veloce parabola o un rapido cambio di direzione.
Ecco quindi illuminarsi gli stop dei primi e vedere le loro sagome tendere prima da una parte e poi dall’altra, disegnando sull’asfalto le prime leste e tanto desiderate “virgole”.
Uno dopo l’altro vedo chi mi precede ondeggiare come legni di un imbarcazione sospinti dal vento; Gnomo, Afrika, system, e poi dietro di me Lawer e alberto.
Troppo poco per sentirsi soddisfatti, nonostante ora si sentano i motori cantare a giri più elevati e c’è chi proprio di fronte a me scalda le gomme zigzagando per lunghi tratti.
E’ solo un falso allarme, perché ci dirigiamo verso le cantoniere, una tratta fin troppo sterile per dar libero sfogo alla propria vena “sportiva” e conviene godersi il paesaggio tranquillamente in attesa di momenti e frangenti più adeguati.
Le cinque cantoniere si susseguono velocemente mentre i chilometri scivolano a ritmo costante; unico centro abitato della zona, Tertenia, scorre lungo la coda dell’occhio e non riesco nemmeno a metterne a fuoco gli edifici.
Ci mettiamo un ventina di minuti di marcia costante per superare i borghi di Santa Maria e Villaputzu e nonostante le piccole viuzze ci scrolliamo di dosso il traffico locale e li superiamo senza grandi ritardi.
Quando raggiungiamo Muravera procediamo in fila per un paio di semafori, poi arrivati ad una piazzetta sostiamo sul lato della strada; probabilmente c’è qualcuno che vuole fare una pausa.
Sono l’ultimo che si sfila il casco, mi avvicino al gruppo di testa ed effettivamente si pensa di sostare per un caffè.
Sono assolutamente favorevole, non siamo in viaggio da tantissimo ma spezzare adesso mi pare decisamente indicato.
Riscontrato un discreto numero di adesioni alla fine si desiste.
Pare che Lord_randal e Daimond, ci stiamo aspettando poco più avanti e non ha effettivamente senso interrompere ora.
Tutti in sella quindi, rapido giro della piazza e si prosegue attraverso la strada principale.
Ora non ricordo precisamente quale fosse il punto d’incontro, ho ragion di credere che ci fossimo accordati per San Priamo, un paese che dista non più di otto chilometri dalla nostra attuale posizione.
Fatto sta che mentre stiamo ancora superando Muravera, lungo la strada principale alla nostra sinistra, due loschi individui osservano Gnomo in testa alla compagnia con piglio maligno.
Avete presente quando sopraggiungi in moto di fronte al classico bar di motociclisti e assisti ad una interminabile fila di visi duri e imbronciati che ti fissano come se avessi appena pestato un piede ad ognuno di loro?
Quella classica pulsione che coglie inspiegabilmente anche il motociclista più pacifista di questa terra, spingendolo in un prolungato e truce sguardo atto a folgorare il centauro di passaggio.
Ecco, erano solo tre ma mi hanno dato proprio questa malevola sensazione.
Noncuranti della cosa proseguiamo allegramente verso San Priamo alla nostra solita andatura, tanto che in pochi minuti raggiungiamo l’unico distributore del paesino e in una piccolo spiazzo ci lasciamo andare alla tanto agognata sosta.
Bar, bagno, benzina, muretti per ridare la giusta forma al fondoschiena; c’è tutto l’occorrente per una pausa ristoratrice.
Cerco compagnia per un caffè ma scopro che non sono l’unico ad aver notato quei loschi figuri all’uscita di Muravera.
Gnomo ha appena finito di parlare con Lord_randall e si conviene che ci siamo appena lasciati dietro i nostri compagni di viaggio..
Ridacchio al ricordo dei miei maligni pensieri e sistemo l’equipaggiamento sicuro di aver guadagnato almeno dieci minuti di relax, tanto è il tempo che ci metteranno a raggiungerci; caschi sugli specchietti, guanti sul sellino e via verso il bar a cercare il bagno per la mia zavorrina.
Nemmeno il tempo di sgranchirsi le articolazioni che ecco le sagoma di un gsr e un ninja nero transitare sul piazzale e fermarsi al distributore.
Beh, finalmente ci siamo, ci notavo dall’altra parte dello spiazzo ed eccoli finalmente a portata di stretta di mano.
Di Daimond la prima cosa che mi colpisce è la bandana arancione e la stretta di mano vigorosa, di Randal naturalmente la maglietta con la stampa nipponica, mentre non posso non menzionare la zavorra di daimond che oltre ad apparire fin dalle prime battute estroversa e di facile risata, mi insegnerà che non devo mai mettermi in mezzo quando una donna vuole pagarti il caffè.
Non sono nemmeno le undici che ci rilassiamo ancora pochi minuti prima di procedere verso Villasimius, dove ci aspetta un'altra di quelle tratte da sogno, che ritengo di poter inserire, insieme al primo tratto dell’orientale sarda e alla Bosa-Alghero, come tappe caratteristiche e assolutamente imperdibili del panorama turistico che la Sardegna offre ai suoi piccoli centauri.
Ma di questo parlerò largamente in seguito.
Ci tratteniamo la durata di un caffè e presto il tempo delle presentazioni scade in favore di una partenza quanto meno tempestiva.
Poco meno di cento chilometri ci dividono dalla pausa pranzo e non credo avremo tempo di sostare prima di aver raggiunto la periferia di Cagliari.
Quando ho finito di pulire la visiera Gnomo è già alla testa del gruppo, Afrika, Lawer, system, daimond, randal e alberto a seguire; io mi infilo a metà colonna e ne approfitto per memorizzare qualche particolare da annotare più tardi in previsione di un report.
Sono certo che entro breve entreremo nel vivo della prima giornata e comprendo di dover approfittare di questi ultimi momenti di completo rilassamento muscolare e mentale per scattare un “istantanea” del gruppo.
Raggiunta la stimata cifra di sette mezzi, inizio a rendermi conto di cosa voglia dire procedere con una comitiva decisamente più sostanziosa, un lungo schieramento che occupa buona parte della corsia e si snoda per circa un centinaio di metri in lunghezza.
Non procediamo in formazione serrata, sempre senza perdersi di vista, sembra di osservare un lungo elastico che si allunga in un tratto di rettilineo e si accorcia quando raggiungiamo un paio di curve interessanti.
E’ un modo di vivere il viaggio che ritengo indicato e salutare, questo perché non devi stare troppo concentrato sulla strada ma puoi viverla come ti senti in quel preciso momento, senza dover costantemente fissare gli stop di chi ti precede per la paura di finirgli addosso.
Ecco perché a tratti Lawer si distanzia dal gruppo e dallo specchietto lo vedo che gesticola e parla con la compagna, probabilmente commentando il panorama, o come mai randal pare sopito nelle ultime file e poi come se punto da una vespa dentro il casco ti supera indemoniato prima di tornare tra le file; o ancora osservare system che impaziente di togliere polvere agli ultimi millimetri delle gomme le scalda nello stesso modo in cui Alberto Tomba completava il gigante.
Alla stessa maniera rimango piacevolmente colpito da tutti quei particolari che non ti aspetti alla vigilia, quelle piccole movenze che animano il viaggio e ti fanno sentire immerso in quel clima fanciullesco, che tanto mi piace definire “da gita”.
Le mie iperbole mentali vengono spazzate via quando raggiungiamo un grosso crocevia e imboccando lo svincolo a sinistra puntiamo direttamente verso Sud, dritti verso lo spigolo dell’isola.
Ci saluta un cielo perlopiù terso e un sole caldo e vigoroso è prossimo allo zenith.
La monotonia di una strada piatta e senza emozioni ora lascia il passo a improvvise salite e inattese discese mentre ci inoltriamo in una zona in cui le prime vere curve si alternano a rinfrescanti rettifili.
Il gruppo si allunga e nonostante i primi tratti di misto i primi mi distanziano.
L’asfalto e buono e la carreggiata pulita, impostare traiettorie è divertente e per nulla impegnativo; osservo i primi del gruppo accelerare il passo e nell’aria percepisco un richiamo a cui non si vuole resistere.
Non è tempo di strafare ma ci si diletta in tutta sicurezza ognuno secondo i suoi ritmi.
Una, due, tre curve in accelerazione e poi un lungo tornante che degrada verso un crinale scosceso.
Saettanti sagome d’acciaio sfilano al ritmo di vigorose accelerate e frenate decise mentre mi accorgo con la coda dell’occhio che i primi due si staccano dal gruppo.
E’ questo il momento in cui la memoria immortala immagini e scene che difficilmente tutti potremo scordare; suoni, forme e figure frutto di uno di quegli avvenimenti che mai vorresti vivere.
Quando tutto procedeva nel migliore dei modi, quando le avversità ormai alle spalle erano diventate solo un modo per esaltare ulteriormente la nostra avventura; quando niente sembrava poterci scalfire, il nostro viaggio piomba nella più maledetta delle sciagure.
Un ultima curva in discesa verso sinistra e poi un lungo rettilineo in salita; Pcsystem e Randal accumulano una decina di metri di vantaggio e scompaiono dietro la prossima curva.
Sopraggiungo in terza, il motore alto di giri e il piede pronto a modulare a frenata di quella che sembra solo una semi curva.
La percorro a velocità sostenuta, poi pochi metri più avanti un'altra, sempre sulla destra, cieca e in salita.
Allargo e con la giusta trazione chiudo all’interno, pronto a farmi sotto con la testa del gruppo che è sparito, quando un ostacolo ostruisce la corsia.
Freno raddrizzo e scalo, non ho bisogno di inseguire nessuno perché sono tutti lì fermi sul bordo della carreggiata.
Non ho modo di pensare a nulla se non quello di evitare di tamponare Gnomo, poi rivolgo lo sguardo all’esterno della curva, la strada, un tratto di terra battuta, la scarpata e lo zeta di system rovesciata in terra proprio sul ciglio.
Accosto in mezzo alla curva, la mia ragazza scende, osservo i primi che si lanciano verso il costone, mi sfilo il casco, corro, attraverso la carreggiata.

Ultima modifica di Chierico il 20 Giu 2007 18:05, modificato 7 volte in totale
 
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1889845 Inviato: 19 Giu 2007 19:24
 

C’è chi si tiene il capo con le mani, chi è sul ciglio e guarda verso il basso, chi sopraggiunge e chi si lascia sfuggire un imprecazione a detti stretti.
Sono sul margine della carreggiata e guardo di sotto.
Il costone scivola quasi a picco per diversi metri in una scarpata pietrosa puntellata di fieno e rocce.
Grossi macini granitici dalle mille spigolature, come quelli che si usa sistemare come frangiflutti lungo i moli dei porti.
Lì sotto, silenzioso ed inerte, il corpo di system riverso tra due grossi blocchi.
Poche parole possono dipingere una scena del genere, talmente grottesca e innaturale la posizione in cui giace, il primo pensiero che mi coglie e che per lunghi attimi non mi abbandona è che la tragedia ha capitolato nel peggiore dei modi.
Riverso a testa sotto, il corpo dinoccolato con un braccio ricurvo lungo la schiena e le gambe piegate all’indietro.
Mi inerpico in una perigliosa discesa con lo sguardo fisso su di lui, mentre i primi gli sono già accanto.
Si muove.
Il sole arroventa le rocce e in alto il rumore dei veicoli che sopraggiungono e si allontanano.
Pcsystem allunga le braccia e afferra alcuni sassi nel tentativo di strisciare fuori da quel cunicolo in cui è incastrato ma in tanti lo bloccano e lui strizza gli occhi e farfuglia alcuni concetti che non riesco a cogliere.
Randal è sopra è ha già chiamato l’ambulanza mentre tra sguardi attoniti e facce buie si assiste ai primi soccorsi.
Si dimena e cerca i girarsi, improponibile lasciarlo in quella posizione, si muove tirandosi via con la forza delle gambe; poi lo sento parlare.
I primi terribili interrogativi muoiono sul nascere.
Sto bene, asserisce, sto bene.
Muove le gambe e le braccia senza difficoltà, chiede che venga aiutato a ribaltarsi e nonostante i dubbi alla fine ruota col busto e si distende ai piedi di un sasso .
Fa per sfilarsi il casco ma si cerca di trattenerlo, lui non vuole sentire ragioni e se lo leva mostrando un viso pallido ma espressivo.
Dove hai picchiato? cosa è successo? senti fitte da qualche parte?
Si susseguono istanti densi di apprensione, scanditi da infinite domande e altrettante lucide risposte.
“L’ho sbagliata, l’ho semplicemente sbagliata in pieno.”
Ricordo questa frase fra tutte perché la indirizzò alla mia persona, ed io sfilato anche il giubbotto mi sedevo e continuavo ad ascoltare.
“Ho preso una botta alla schiena ma sto bene” ci rassicura.
Ci avvicendiamo sul posto senza soffocarlo e ora che il peggio è scongiurato c’è chi come me si preoccupa anche di sgombrare la strada dai mezzi.
Il telefono di Randal squilla due, tre volte; l’ambulanza trova difficoltà a raggiungerci e le nostre indicazioni servono a poco.
I minuti si susseguono e lo sguardo affaticato di system lascia presagire che prova dolore in molti punti.
La zavorrina di Gnomo è con lui adesso, gli parla e gli tiene compagnia visto che dopo i primi momenti adrenalinici pare subire un pesante calo fisico.
In molti sul ciglio della strada passeggiano nervosamente scambiandosi frasi con tono basso e carico di commozione.
Per un attimo mi tornano alla mente i momenti felici lungo i declivi di San Priamo, poi la mente torna assorta in buie riflessioni senza fine.
Butto lo sguardo sulla moto e ne constato i danni.
Il muso è andato, così come le forcelle, il manubrio, le leve, le carene e un paio di collettori che devono aver picchiato su un sasso.
Più indietro, appena finita la strada e in prossimità del dirupo, un fosso ed erba strappata dal suolo; è lì che la moto l’ha disarcionato, scagliandolo in terra e giù lungo il crinale.
Quando trenta minuti sono già passati siamo ancora sotto il sole che picchia e scalda l’aria tutt’intorno.
Aspettiamo fiducioso ma sempre più insofferenti di una situazione che si protrae e spossa corpo e mente.
Ne approfittiamo per ridefinire il tutto.
Appurato che system non ha subito almeno apparentemente danni gravi dobbiamo aspettare il suo trasporto in ospedale e l’arrivo del fratello per caricare la moto nel furgone.
L’umore è a terra e pranzare a Cagliari è un idea da abbandonare oramai.
Inizia a farsi largo nella mente il pensiero di abbandonare i nostri progetti i gloria, o almeno in parte.
Prima di tutto però è meglio verificare le condizioni meteo dall’altra parte dell’isola.
Giocano un ruolo determinante ai fini logistici, quei membri della comitiva che non hanno per diversi motivi potuto partecipare al giro.
Ducas e Oceano, con cui mi tengo costantemente in contatto mi informano che a Sassari è sopraggiunto il diluvio universale e secondo le loro stime la forte perturbazione scivola verso Sud.
Siamo ad un punto morto, sconfitti nell’animo e afflitti da un avvenimento talmente negativo da falciare entusiasmo ed ambizioni.
Rimuginiamo continuamente quando dopo l’ennesima segnalazione in lontananza si scorge l’ambulanza sopraggiungere.
Pochi istanti dopo eccola sostare nello spazio erboso a ridosso delle moto.
Il medico di bordo e altri due infermieri si precipitano, barella spinale alla mano, verso il nostro povero compagno.
Lo circondano e si assicurano delle sue condizioni prima di adagiarlo sulla lettiga e sollevarlo non senza fatica portandolo in una zona più sicura per la risalita.
System indossa i suoi occhiali da sole, bardato di tutto punto e con il collare, si lascia andare ad un saluto generale, prima di scomparire dietro le porte dell’ambulanza.
“Lo portiamo all’ospedale di Muravera”, dopodiché si allontanano lasciandoci soli e sempre più tristi.
Ci troviamo stranamente spaesati, in una situazione a dir poco pesante e malinconica.
Dobbiamo attendere l’arrivo del furgone e nel mentre c’è chi cerca riparo dalle ore più calde della giornata.
E’ strano penso, verso Nord piove a dirotto e noi qui ad abbrustolire piano piano.
Dicevo che si cercava di ridisegnare le tappe della nostra traversata, proprio per questo, l’ipotesi più avvalorata è quella di raggiungere Cagliari e poi direttamente Oristano lungo la 131.
E’ questo il primo vero segnale di resa.
Sappiamo tutti benissimo che non è più possibile procedere secondo il calendario originale ed è arrivato il momento di correre ai ripari e sacrificare parte del tracciato.
Consolidata un minimo di volontà a procedere in ogni caso, la cosa più ovvia e sensata risulta appunto raggiungere Oristano, capolinea della prima giornata, in orario.
Avremmo come già anticipato, raggiunto il capoluogo e poi in tutta tranquillità tagliato chilometri e recuperato il ritardo accumulato sulla veloce e diretta strada statale.
Parve l’unica soluzione, sacrificare il minimo indispensabile per garantirci un proseguo senza ulteriori difficoltà.
Passa il tempo e mi sembra di vivere una di quelle scene da reality tv.
Daimond e Randal si offrono di raggiungere il borgo più vicino e zaini sulle spalle, recuperare viveri per il gruppo, così mentre noi aspettiamo l’arrivo del furgone, Alberto attende notizie dall’ospedale.
Sono le quattordici quando finalmente sopraggiunge il fratello di system.
Metri di corda e forti braccia all’opera; bisogna sollevare la moto distrutta e assicurarla all’interno del cabinato.
Venti minuti buoni in cui lavoriamo dando una mano come meglio ci riesce.
Quando tutto sembra in ordine e ci stiamo ancora interrogando sulla dinamica dell’accaduto sopraggiungono le prime notizie dall’ospedale.
Controlli e lastre scongiurano danni seri a ossa e organi, si procede esaminando localmente eventuali traumi.
E’ già un sollievo.
Il furgone si allontana e in pochi minuti anche i nostri scout in perlustrazione tornano al campo base.
Pane e prosciutto è il bottino racimolato, ora possiamo finalmente muoverci e cercare una zona in cui riposare i nostri corpi accaldati.
Sono più che felice di salutare questo posto maledetto, nemmeno uno sguardo o una foto, so bene che nessuno ci tiene a rivivere questi momenti o rivisitare tali immagini.
Percorriamo la curva e allunghiamo proseguendo nella stessa direzione in cui eravamo diretti ore prima.
Finalmente il vento rinfresca e refrigera la pelle sudata, sulla sinistra il mare compare come un miraggio bellissimo; inspiro aria di libertà quando finalmente intorno a me tutto comincia nuovamente a muoversi.
Nemmeno un centinaio di metri più su raggiungiamo uno spiazzo ricavato ai bordi della carreggiata.
Ci sono una lunga balaustra in metallo e diversi sedili di cemento per tutta la sua lunghezza; parcheggiamo e in pochi minuti i primi panini vengono distribuiti,
Approfitto dell’unico riparo all’ombra di uno di quei monoliti che segnalano la fine della frazione in cui ti trovi e nel frattempo finisco il rancio silenzioso e fin troppo accaldato.
Ascolto frammenti di discussioni a caso e il tema principale rimane sempre e comunque quello.
Nonostante tutto rispuntano i primi sorrisi e a volte una sonora risata.
Non ci tratteniamo più del necessario, il tempo di spegnere i languori e rinfrescarsi con una salvietta, che rimontiamo in sella e superiamo Castiadas.
Villasimius dista non più di quindici chilometri e un volta approdati nei leggendari tornanti che la collegano con il capoluogo stimiamo un oretta circa di marcia, traffico permettendo.
Procediamo con ritmo deciso sbranando letteralmente quei pochi chilometri che scivolano in scioltezza, complice anche la necessità di buttarsi nuovamente a capofitto nella nostra piccola avventura.
Veloci e senza indugio quindi, raggiungiamo San Pietro e la strada punta inesorabile verso sud.
Il mare continua a farci da splendida cornice e mentre in formazione consumiamo le ultime curve e Villasimius ci è finalmente alle spalle, posso sentirmi per la seconda volta dall’inizio del mio viaggio entrare in terreno in caccia.
In pochi possono dire di non conoscere la strada che collega Cagliari a Villa, (così la chiamano i suoi ammiratori), e quelli che lo ammettono, lo fanno con sentita vergogna, perché in rari altri punti dell’isola hai la possibilità di mettere alla prova le tue doti di centauro quanto in questa fantastica tratta.
Sessanta chilometri da veri intenditori, a ridosso di uno dei mari più belli dell’isola, immersi in quello straordinario stato d’animo che solo un posto come questo può suscitarti.
Nel perpetuo tentativo di raggiungere i propri limiti in molti giungono in questa tratta dal sapore antico, dove ogni curva è preludio di un'altra curva e ad ogni tornante senti di doverti mettere in ballo, in un ambiente dove ogni tuo gesto è finalizzato al successivo; costante anticamera di un movimento che per divenire armonioso e perfetto, devi sentirtelo scorrere dentro.
E’ così che intendo questa strada e probabilmente così la intende chi la percorre quotidianamente.
Purtroppo è questa un strada densamente trafficata, soprattutto il fine settimana, tanto da rendere veramente difficoltoso tenere un passo allegro per tutta la sua percorrenza e in gruppo può risultare difficile rimanere vicini.
Ecco quindi sopraggiungere le prime curve, mentre incolonnati alle auto le affrontiamo con piglio sicuro. Procediamo pari passo per buona parte dei primi chilometri, impossibilitati a risalire la fila mentre ora a destra, ora a sinistra, oscilliamo inanellando repentini cambi di direzione.
E’ un continuo movimento che tende ad inebriarti con il suo costante incedere, fino a quando i primi tornanti spezzano la sua regolarità; una, due marce sotto e si ricomincia.
Proprio quando inizi ad esprimerti con costanza purtroppo, devi rallentare e aspettare il momento opportuno per scavalcare la fila.
Ci distanziamo per recuperare prontamente la formazione poco più avanti con le dita spesso a salutare i colleghi che procedono in senso opposto.
Un allungo in salita, un alto tornante e il panorama muta improvvisamente.
Proprio sotto di noi, lunghe strisce di sabbia baciate dal mare, riflessi azzurri che illuminano il panorama e ci accompagneranno per tutta la via, fin dentro Cagliari.
Per la seconda volta rimpiango di non poter immortalare le svariate e magnifiche immagini che si susseguono, ma sono altresì convinto che sarà anche una sufficiente motivazione per tornare a visitare una strada che per quanto bella deve assumere connotati splendidamente mutevoli ad ogni ora della giornata.
L’ennesimo tornante è un tuffo nel blu, quello chiaro e velato del cielo e quello freddo ed intenso del mare.
Lo percorriamo in rapida successione e da dietro mi è chiaro quanto chi conosce bene queste strade ne affronti la parabola con maggiore decisione.
Ora i primi camion ci costringono ad una marcia inferiore e per diversi minuti rimaniamo accodati non senza scalpitante ansia, in attesa del momento opportuno per scaricare a terra un mandria di cavalli e volare avanti.
Daimond ne approfitta e con la stessa velocità con cui la porta di un saloon ondeggia, si piega prima da una parte e poi dall’altra, letteralmente teletrasportandosi in avanti.
Uno o due lo seguono, io rimango indietro con Lawer e aspetto un momento più consono alla mia pigra andatura.
Sono certo che la mia zavorrina apprezzi.
E’ infatti risaputo che nonostante chi guidi avverta la necessità di procedere con passo pronto e spumeggiante e da questo provi indubbio diletto, chi siede dietro vive il viaggio con minore apprensione, assaporando quello che lo circonda con assoluta rilassatezza e felice di sentirsi trasportati, piuttosto che strappato ai propri pensieri da un improvvisa accelerazione o un inaspettato cambio di direzione.
Stiamo percorrendo uno dei pochi tratti diritti ma non è possibile portarsi avanti che nell’altra corsia procedono appaiati e senza concedere spunti.
Un collega che sopraggiunge in senso opposto è appena sbucato dietro una curva e per poco finisce la sua corsa contro il radiatore di un camion che ci precede.
Sobbalzo e lo osservo salutare con i fari il suo mancato mattatore.
Due, tre tornanti di fila in discesa, fortunatamente è possibile assicurarsi di non incrociare veicoli per cui disegnare una generosa parabola non è un azzardo; in rapida successione ci portiamo parecchi metri più sotto e procediamo pari passo.
Solanas, Torre delle stelle e Geremeas sfilano alla nostra sinistra e quando anche Terra Mala ci saluta siamo oramai a livello del mare.
Le curve scemano in scialbi rettilinei e la costa, con i suoi promontori si trasforma in una lingua di sabbia che ci scorta per lunghi chilometri.
Via Lungo mare del golfo e le sue rotatorie; siamo approdati alla spiaggia del Poetto e ai suoi innumerevoli chioschi.
Ci fermiamo in uno dei primi parcheggi dove ci raggiunge Rehi_hime, la ragazza di Randal e dove dopo aver dato sollievo alle gole riarse decidiamo in quale chiosco approdare prima di puntare direttamente verso Oristano.
Il vento prende a soffiare con vigorose sferzate, i miei informatori dicono che nel nord dell’isola ha smesso di piovere ma minaccia costantemente un cielo plumbeo e inaffidabile.
Raggiungiamo il bar sulla spiaggia quindi, organizziamo un paio di tavolini e ci rilassiamo lasciandoci andare a chiacchiere senza notevole spessore.
La stanchezza è una compagna costante di questo viaggio, ma quando hai la possibilità di squagliarti anche pochi minuti in un luogo come questo, diventa pericolosa e impigrisce corpo e mente.
C’è chi come me corre ai ripari con la caffeina; coca ed espresso compaiono sui nostri tavoli, un gelato o due e poco altro.
Arrivano ulteriori conferme sulle condizioni di system e oramai anche i più scettici si permettono un sospiro di sollievo.
Alle … è tempo di rimettersi in marcia.
Sistemiamo le vettovaglie, selliamo i cavalli con le borse e conveniamo sulla strada da percorrere.
Un bancomat per Afrika e un distributore per alcuni di noi, uniche tappe obbligatorie prima di arrivare sulla strada statale 131 e puntare dritti per Oristano.
Non passa molto tempo che facciamo capolino sulla quattro corsie più famosa dell’isola e oltre alla “capitale” salutiamo i primi di noi.
Randal e Daimond non proseguiranno, il tempo è troppo incerto e non se la sentono di proseguire.
Il primo ci ha scortato fino all’uscita di Cagliari, il secondo percorre il primo tratto dello scorrimento veloce con noi quando ad uno dei bivi si congeda.
E’ triste penso io che sia durato così poco, entrambi personaggi carismatici e dalla piacevole compagnia; sono sicuro di non essere l’unico a ripromettersi un nuovo incontro il prima possibile.
Il primo tratto della strada è ovviamente trafficato, siamo già d’accordo per lo svincolo da raggiungere per evitare che qualcuno perda di vista il gruppo; procediamo dunque lungo una striscia d’asfalto che pare perdersi in lontananza in un cielo sempre più cupo.
E’ decisamente un brutto presentimento quello che avverto ma oramai ci ho fatto l’abitudine.




Cagliari-Oristano (Correre ai ripari)
Del centinaio di chilometri che ci separano da Oristano non ci sono molti particolari degni di nota. Procediamo verso Nord lungo la strada più monotona che esista, assecondando la stanchezza con una posizione in sella più turistica e meno impegnativa.
Tanto per non smentirci facciamo sosta praticamente a tutti i distributori della 131 visto che ognuno di noi vuole rifornire al proprio impianto e chi se ne frega se sembriamo un branco di scemi, siamo motociclisti, mica strateghi.
Visitando quindi le nostre amate stazioni di servizio ci avvicendiamo più volte alla testa del gruppo, separandoci e riavvicinandosi lungo tutto il tragitto.
Quando davanti a noi il cielo è veramente preoccupante iniziamo a rassegnarci alle prime gocce.
Così è, pochi minuti dopo un insistente ticchettio imperla la visiera, ma è solo la triste overture ad un acquazzone che pochi chilometri dopo ci investe con forza, flagellandoci, complice la normale velocità di crociera tipica di queste strade.
Alcuni tratti dell’asfalto non drenano a dovere e più volte ti sembra di camminare sulle acque con il terrore folle di dover toccare i freni.
Guardinghi e assolutamente concentrati procediamo non senza le solite interruzioni.
Fuori le casacche antipioggia per le borse da serbatoio, e c’è chi come Alberto combatte il freddo indossando pantaloni scaccia acqua e mantellina.
Saremo sotto la pioggia da meno di venti minuti che ci lasciamo le nuvole alle spalle e in poco tempo anche l’asfalto assume un colorito più dignitoso.
Pozzanghere tempestano ancora la strada e spruzzi d’acqua si sollevano continuamente al nostro passaggio, tanto che il mio posteriore sbeffeggia per lungo tempo Afrika con un fastidioso zampillo.
Durerà ancora poco, finalmente asciutti raggiungiamo lo svincolo per Santa Giusta e lo imbocchiamo, direzione Oristano.
Raggiungiamo finalmente casa di Gnomo, dove possiamo riposare e organizzare le ore seguenti.
Mentre il padrone di casa finisce di pianificare con il B&B da lui contattato per assicurarci un degno alloggio, visitiamo il suo canile; allego qualche foto tanto per dare giusto vanto ad un posto organizzato come si deve.
Un tripudio di versi e latrati ci saluta e non è possibile rinunciare ad un giro tra le varie gabbie.
Cuccioli dal pelo color latte saltellano come molle impazzite desiderose di un minimo di considerazione.
Il sole ha già intrapreso la sua parabola discendente e il solo pensiero di potermi finalmente abbandonare sotto una doccia calda mi rende decisamente più sereno e affabile.
Il palinsesto della serata è già definito.
Mentre noi avremmo sistemato i bagagli nell’ostello e ci fossimo rilassiamo il tanto da riprendere vitalità e sentire i morsi della fame, Gnomo e la ragazza avrebbero preparato il fuoco e da buoni padroni di casa imbandita la tavola.
Trovo una chiamata di system nel telefono, lo richiamo e finalmente ci parlo.
Lo trovo sereno ma visibilmente sofferente, mi rassicura sulle sue condizioni poi tocca a me rassicurarlo che la nostra avventura non si è fermata per causa sua e che nonostante il terribile dispiacere abbiamo proseguito.
La cosa lo rasserena ulteriormente, dopodiché ci salutiamo.
Raggiungiamo quindi i nostri alloggi e recuperiamo le chiavi di casa.
Abbiamo a disposizione due piani di una piccola palazzina, stanze e arredamento sono ben curati e non mancano di comfort.
Finalmente il tanto agognato momento arriva e lo faccio durare il più possibile, poi asciutto e pulito faccio ordine nei bagagli e testo la comodità del materasso; sono sicuro che stanotte dormirò come un sasso.
Quando sono finalmente pronto e in attesa che anche la mia ragazza lo sia, aspetto in corridoio e incrocio un Afrika pimpante e canterino che non trova di meglio da fare che mostrarmi la sua parte migliore prima di scomparire dietro la porta del bagno.
In poco tempo siamo tutti radunati nell’andito, casco al seguito, e via di nuovo verso il terreno di Gnomo che i languori iniziano a diventare fin troppo viscerali.
Quando superiamo i suoi cancelli il sole è appena scomparso all’orizzonte e l’aria già fortemente impregnata di odore di carne arrosto.
Smontiamo e ci raduniamo vicino a quello che poco prima doveva essere un fuoco dalle fiamme vigorose; ora braci e tizzoni ardono e sfrigolano a contatto con il grasso che cola dalla graticola.
Qui ci ha già raggiunti diabolik9, e ad essere sincero non ho avuto la cortesia di presentarmi tempestivamente perché non avendolo mai visto prima non avevo idea di chi fosse, ad ogni modo si chiacchiera allegramente e il tempo passa a suon di battute e risate.
Telefonicamente Ducas mi aggiorna per l’ennesima volta sulle condizioni meteo, io ricambio con un mini report sugli avvenimenti del giorno; sono le 22 e non c’è niente di meglio di una sana abbuffata per salutare una giornata intensa e piena come poche.
Quando finalmente siamo tutti riuniti attorno alla tavolata il tempo delle parole è terminato.
C’è solo un ultima incombenza prima di iniziare, gradita e doverosa secondo tutti noi.
Alziamo i bicchieri al cielo e brindiamo in onore di system lasciando che il primo sorso di vino gli fosse di augurio di pronta ripresa.
Finalmente, forchette e coltelli di plastica alla mano, si attaccano le cibarie e ci si preoccupa solo di soddisfare la propria gola.
E’ tutto squisito e cucinato a puntino, insalata fresca e pane farinoso per i palati più raffinati; signori miei questa è l’apoteosi della gastronomia isolana!
Osservo divertito un Lawer che abbandona le antipatiche posate per le ben più affidabili mani; strappa e azzanna, morde e rosicchia; pochi convenevoli quando è la pancia che urla vendetta.
Sbraniamo come rapiti dalla più completa lussuria culinaria in preda ad un autentico orgasmo alimentare.
Quando finalmente lo stomaco chiede pietà e anche l’occhio, risaputamene più grande della pancia, disdegna l’ennesimo bis, ci sentiamo finalmente paghi e satolli.
Come ogni cena che si rispetti, lasciamo che i più svariati discorsi prendano piede, tanto si sa, qualche bicchiere di vino basta per rispolverare storie e aneddoti, lasciando che il mondo delle moto si congedi molto prima di noi stanotte.
Così finiamo per parlare dell’agnellino che Gnomo da piccolo ha fatto letteralmente scoppiare di latte, delle malattie dei pesciolini rossi e dei personaggi più caratteristici di Oristano.
“Stringi le ali e preparati a partire” diceva un vecchio alla mosca caduta nel suo bicchiere di vino..
Certo che raccontata in dialetto risulta molto più accattivante come storia.
Facciamo orario e le risate si smorzano quando l’aria gelida inizia a raggiungerci dall’esterno.
La digestione incalza e la sonnolenza l’accompagna.
Quando finalmente ci si decide ad alzarsi, riordiniamo e ci salutiamo dandoci appuntamento per l’indomani mattina.
Raggiunto l’ostello e assicurate le moto all’interno del piccolo cortile, non passano nemmeno dieci minuti che le porte si chiudono e i letti ci accolgono, consolandoci per lunghe ore di meritavo e sacrosanto riposo.

Apro gli occhi alle 7:20 che ho ancora le membra intorpidite e la testa pesante dal sonno.
Il tempo di acquistare un minimo di lucidità che vado alla finestra, la spalanco e rimango deluso di fronte ad un cielo grigio e perlopiù minaccioso.
Respiro l’aria frizzante della mattina e mi concedo qualche minuto affacciato sul balcone, poi telefono a mia madre per sapere se verso nord la situazione migliora.
Pare che oggi il clima sia comune in gran parte dell’isola; brutto segno.
Mi lavo e sistemo minuziosamente le mie cose mentre la mia amata zavorrina riordina lo zaino e tiene pronto il compenso per la stanza.
Afrika e Lawer con le rispettive compagne ed Alberto, sono già pronti così insieme raggiungiamo il piano sottostante per fare colazione.
Si parla della pioggia che ci perseguita e delle previsioni ascoltate alla tv poco prima; mestamente riempiamo le chicchere di latte e caffè e sgranocchiamo quanto ci viene messo a disposizione.
I galletti del mulino, che buoni..
Pagate le stanze e ringraziata la signora che ci ha ospitato raggiungiamo il cortile e sistemiamo i bagagli.
Alcune minuscole gocce cadono sui sellini che già si mostrano con un sottile velo di umidità appiccicato sopra mentre ci indaffariamo per raggiungere casa di Gnomo, così dopo esserci riuniti salutiamo la cittadina percorrendo le sue vie in attesa di tuffarci nella seconda giornata di viaggio.



Oristano-Tergu (Quel che porta il nuovo giorno)
Guadagnamo l’uscita nord e imbocchiamo la strada statale 292, percorrendo quella che si rivela un lungo tratto che ha ancora lo sterile sapore della 131.
Si susseguono svariati chilometri scanditi da un territorio monotono e ripetitivo, sensazione maturata per via di un viaggio che ci ha regalato emozioni ma soprattutto immagini e panorami mozzafiato.
Quando si trascorrono ore ad ammirare paesaggi e visuali che paiono dipinti dalla più maestra delle mani normalmente tutto quello che ti circonda degrada nella normalità ed è priva di fascino; l’inevitabile contorno di una tela che non ti rapisce se non si mostra per quel particolare in più o rivelandosi in un indimenticabile quanto inatteso scorcio.
E’ con questo spirito che vivo i primi minuti di viaggio, dopodiché inizio ad assumere un atteggiamento meno disilluso e torno ad apprezzare quello che mi circonda con l’occhio di chi sa che c’è sempre qualcosa che valga la pena di essere osservato e vissuto in quello che ti circonda; ogni momento è unico nel suo genere e i suoi colori, così come le sue forme e i suoni che lo caratterizzano, lo rendono una circostanza che difficilmente avrai il piacere di rivivere.
Proprio mentre rifletto su questo e ne assaporo la consapevolezza non posso che apprezzare maggiormente il gusto di aver preso parte a quest’avventura con la mia compagna.
Non è la riflessione di un momento che mi porta verso la considerazione di uno dei piaceri più belli della vita, ovvero quello di condividere le cose con le persone che ami, quanto il naturale progredire di un percorso che senti tuo solo dopo che l’hai pienamente affrontato.
Così, quell’eterno sorriso che scorgo nella zavorrina di Gnomo, così come la serenità della compagna di Afrika, o ancora la risata della moglie di Lawer, e per finire gli sguardi della mia ragazza, mi fanno convenire con assoluta risolutezza che non esisterebbe piacere di vivere questa esperienza se non in questo unico modo.
Nuraghi e Riola Sardo sono vicine.
La strada statale prende presto il nome di Corso Eleonora, via stretta e percorribile solo incolonnati.
Procedendo adagio superiamo in breve tempo il centro del primo paesello e ci accolgono lunghe file di pini e pioppi lungo il margine della strada; il profumo del verde misto all’umidità della notte è piacevole e penetrante.
Quando la via diventa Umberto I siamo ormai nel cuore di Riola Sardo, tre o quattro leggere deviazioni e finalmente, proprio quando ci lasciamo le sue case alle spalle, un ponte di appena cinquanta metri ci permette di raggiungere la sponda opposta di un canale dalle basse acque; lo stagno di Cabras e a poche centinaia di metri alla nostra sinistra e se aguzzi la vista, ne scorgi le vaste risaie.
Una decina di chilometri ci separano dalla costa e in questo tratto di strada li percorriamo in pochissimi minuti.
Ancora una volta sollevo il capo al cielo e per l’ennesima volta sono felice di constatare che il vento spazza le nuvole al nostro passaggio.
Se la fortuna ci assisterà, anche questa, forse, sarà una giornata in cui potremo stare all’asciutto, nel frattempo un piacevole tepore inizia a diffondersi lungo la via.
Oramai in lontananza, dritto di fronte a noi, è possibile distinguere lo specchio azzurro del mare baluginare sotto un sole ancora timido e per nulla insistente; ne colgo piacevolmente il fascino, poi la strada si pronuncia finalmente in un paio di curve a gomito.
Scendiamo per un dolce pendio percorrendolo in stretti tornanti incastonati lungo ripide pareti rocciose e macchiate di un verde pallido mentre i colori mutano velocemente in favore di tonalità di giallo rosa e bianco; tra non molto sarà possibile scorgere pochi metri più avanti il placido progredire di una lunga striscia sabbiosa a ridosso del Mar Mediterraneo.
Un ultima curva ancora e poi siamo a ridosso del mare, una discesa sabbiosa sulla sinistra e la strada che prosegue fin dentro S’archittu.
E’ questo uno stretto paese che si affaccia sul mare e abbraccia in tutta la sua lunghezza un piccolo bellissimo golfo dalle alte coste.
Percorrere la sua strada principale vuol dire dividere lo sguardo a destra tra piacevoli e verdi colline sulle cui pendici spuntano una miriade di case bianche dal tetto rosso, e a sinistra tra accattivanti strapiombi dalle rocce giallo sabbiose.
Il costante incedere del mare ha mutato nei secoli questi caratteristici costoni in profonde insenature dove l’occhio non può arrivare ma che indubbiamente producono un effetto visivo impressionante, e spuma e fragore di onde sale per parecchi metri lungo le sue sponde.
Più avanti, lì dove la costa degrada più dolcemente e scivola tuffandosi in un mare cristallino, si sollevano dalle acque dei placidi isolotti che affiorano per poche decine di metri in lunghezza.
Il loro timido emergere, ora di un paio di metri, ora di pochissimi centimetri, dona armonia e pace al panorama, e alcuni di questi, dalle sponde grigio perlato, luccicano come dorsi di cetacei che riposano in superficie.
Proprio su una di queste compare “La torre di su Puttu”, antica fortificazione spagnola costruita come presidio di guardia a difesa di una costa bramata e contesa; un costante occhio vigile rivolto verso il mare più limpido ed immerso in un panorama dal sapore antico.
Ma per quanto speciale possa sembrare, non è certo unica nel suo genere.
Basta poco infatti per scivolare fuori dal paese ed entrare a Santa Caterina di Pittinuri, dove si scorge distintamente la seconda torre della baia e dove un susseguirsi di immagini dalle tinte alabastro rendono questi due borghi simili e il naturale proseguo uno dell’altro.
A differenza del precedente però, questo si distende lungo i versanti di un colle che accoglie strade e vie molto caratteristiche e assolutamente godibili a bassa velocità; uno o due bed and breakfast compaiono lungo il nostro percorso e la mia zavorrina memorizza in previsione di una futura visita in questi posti incantevoli.
Procediamo strappati alle nostre attenzioni da forme e figure affascinanti e seducenti, quando per l’ennesima volta la strada vira verso l’interno e a malincuore salutiamo il mare; la prossima volta che ci riaffacceremo alle sue coste saremo arrivati a Bosa.
Ora attraversiamo una miriade di campi coltivati dalla forma regolare e un lungo rettilineo ci scorta per una decina di chilometri in direzione Nord-Est, verso Cuglieri.
Proprio alle porte del paese, la strada inizia sensibilmente a salire, lungo stretti tornanti che si susseguono con piacevole cadenza.
Una marcia in meno e via, tra uliveti, orti e frutteti, chiudendo curva dopo curva e facendo salire il motore fino a sentirne il canto.
Risalito il colle del versante occidentale del montiferru, a più di 400 metri dal livello del mare, siamo finalmente alle porte del grosso borgo.
E’ uno dei paesi più grandi che abbiamo incontrato, dalla fitta e ramificata urbanizzazione.
Si sviluppa a macchia d’olio su tutto il versante, sovrastandoci alla nostra destra con edifici datati e alle volte nuove costruzioni dai colori sgargianti.
In alto, sopra le nostre teste, proprio dove il colle raggiunge il suo apice prima di degradare verso est, la basilica di Santa Maria della Neve si staglia con le sue alte mura.
Fin troppo rivitalizzanti dalle ultime curve evitiamo di temporeggiare e raggiungiamo l’uscita Nord del paese, dove gli stessi tornanti ci accolgono in un escalation di vivaci parabole discendenti, verso le pendici dell’altura, lungo una strada piacevole e a tratti ombreggiata da alti e vetusti alberi secolari.
Senza indugio accumuliamo chilometri e riprendiamo a puntare verso Ovest.
L’aria si riscalda e nonostante il cielo a tratti sia coperto da banchi di nuvole dalle più svariate tonalità del grigio, il vento è dalla nostra e sventa continuamente la minaccia di pioggia con vigorose sferzate.
Ci vorrà poco per raggiungere Tresnuraghes e i resti dei suoi tre nuraghi.
In pochi minuti l’attraversiamo in tutta la sua lunghezza, percorrendo la strada principale e le sue campagne, lasciandoci alle spalle la storica biblioteca e le rovine dell’antica cartiera che ormai si confondono in un paesaggio selvatico e completamente immerso nella macchia mediterranea.
Ora sono l’ultimo del gruppo, fin troppo coinvolto da queste ultime vedute che preferisco tenermi ad un ritmo più blando.
Chi come me si lascia andare ai più lieti piaceri del viaggio è Lawer, che con la sua zavorrina procedono senza inseguire la curva, lasciando che il mezzo scivoli lungo la corsia come sospinta dal vento fresco di maestrale.
Gnomo, Afrika e Alberto scompaiono dietro le curve per riapparire subito dopo, mentre li vedo ondeggiare in improvvise svolte prima portarsi più avanti e svanire a tratti dietro rocce e vegetazione.
Anticipandoci quel tanto che serve, a volte ti sembra quasi di essere completamente solo.
Tutt’intorno, se il motore non è su di giri, ascoltare i rumori della natura non è così difficile e assecondarne i ritmi, lungo i sali e scendi dell’oristanese, è un allenamento mentale che ti infonde distensione e totale rilassamento.
Superata un'altra curva cieca, quando anche Magomadas è ormai diversi chilometri dietro di noi, incontrato villaggio Turas, siamo di nuovo a ridosso del mare.
Dicono che sia una delle dieci località turistiche più belle d’Italia e io non stento a crederci; Bosa e la sua graziosa frazione Bosa Marina rappresentano l’apice di un paesaggio a dir poco spettacolare.
L’ampia spiaggia ti accompagna lungo tutta la passeggiata mentre costeggiando un mare che quest’oggi si presenta nervoso e intenso, puoi sostare in una delle piazzole dove lasciarti andare alle meraviglie dei suoi scenari.
Il fiume Temo non è distante e nei pressi della sua foce, in cima ad una collinetta, la torre di Bosa domina il panorama.
Proprio a due passi dal mare sostiamo e ci sgranchiamo le ossa.
E’ questo uno dei numerosi parcheggi in cui abbandonato il proprio mezzo difficilmente ci si lascia scappare l’occasione di fare qualche scatto.
Lo sfondo e di quelli suggestivi tipici della costa occidentale, e la cittadina si presta molto bene come cornice di una di quelle foto da conservare nel tempo.
Afrika ed io invitiamo il gruppo a sistemarsi e approfittando della cappotta di un utilitaria bianca facciamo le prove dell’autoscatto.
Uno, due, tre secondi e poi di corsa a mischiarsi alla comitiva; un sorriso solare e l’immagine è intrappolata per sempre dentro le macchine digitali.
Quando la sera le scorrerò una ad una mi soffermerò particolarmente su questa istantanea in cui avverto tantissimo lo spirito del gruppo; mi dispiace solo che System, Randal, Daimond e Diabolik non fossero ancora con noi, altrimenti sarebbe stata degna di copertina.
Non ci soffermiamo a Bosa esclusivamente perché abbiamo la prenotazione in agriturismo per le 13:30 e sono già passate le 11, si conviene di riprendere immediatamente la marcia e fermarsi un ultima volta direttamente ad Alghero.
L’umore è alto e si scherza con gusto mentre pulisco la visiera e sorseggio dell’acqua prima che tutti siano di nuovo bardati a dovere.
Unico inconveniente, la moto di Gnomo non ne vuole sapere di accendersi.
Pare che qualcuno debba sacrificarsi e sostituirti al motorino d’avviamento, ragion per cui afferro una delle staffe in metallo sul retro del suo nevada e lo spingo dentro il parcheggio a forza di gambe e braccia.
Un primo borbottio quando rilascia la frizione, nulla da fare, un altro, insisto, sforzo sulle gambe e spingo con tutta la forza di cui dispongo quando finalmente si alza inconfondibile il frastuono del motore che si riprende.
Raccolgo la lingua da terra e mi adagio sul sellino della mia moto, benedicendo la sua proverbiale affidabilità.
I primi incalzano e riprendono la via che prosegue verso Nord.
Avvio, sollevo il cavalletto, ingrano la prima e con la zavorrina al seguito mi lancio alle spalle del gruppo, ansioso quanto mai di vivere la prossima tratta.
Attraversiamo la striscia di terra che accoglie la piccola frazione pronunciandosi verso il mare in una lunga e dolce appendice del colle alla nostra destra, quando la strada si alza e un ponte dai massicci pilastri ci invita a superare il corso d’acqua che ci separa dalla strada provinciale 49.
E’ qui che per l’ennesima volta dall’inizio del viaggio è tempo di svestire i panni da turisti per calarsi in altri decisamente più accattivanti ed emozionanti.
Sono finiti i momenti delle passeggiate spensierate tra i promontori dell’oristanese, quando potevi abbandonarti ad un prolungato sguardo verso il paesaggio e fantasticare immerso in mille lontani pensieri.
Ora il viaggio cambia radicalmente; ora stiamo per percorrere una delle strade più belle d’Europa; ora dobbiamo rendere omaggio alla Bosa-Alghero.
E’ strano quanto questa epica tratta sia stata nel tempo miticizzata dalla collettività quale baluardo tra gli itinerari più indimenticabili che un motociclista possa avere il piacere di vivere.
Più volte ho letto recensioni dai caratteri chiaramente passionali, frutto di un animo rapito in maniera totale e inconfondibile da un esperienza che pareva trascenderne qualsiasi altra.
Solo adesso che faccio parte di quella nutrita schiera di fortunati, posso dire che la Bosa-Alghero non è una strada; è un istituzione.
45 chilometri come non li hai mai visti, di quelli che ti rimangono dentro e che ti portano a provare quel forte bisogno di ripercorrerla a ritroso immediatamente dopo esser sbucato ad uno dei suoi estremi.
Non esistono, ho ragion di credere, simili percorrenze in tutta l’isola, e se da qualche parte in Italia o nel resto d’Europa qualcosa può eguagliarne la bellezza, beh, non posso mancare di visitarla.

Serro la visiera e vado in cerca della posizione più sportiva possibile, la borsa e il passeggero non aiutano, ma tendo comunque a sentirmi il più possibile vicino alle zone erogene della moto.
Freni, posizione dei talloni, gomiti, ginocchia, impostazione delle mani, tutto deve risultare perfetto e contribuire allo scopo di assaporare quanto più possibile il viaggio.
Come me tutti i miei compagni si propongono nelle tipiche movenze di chi è alla ricerca dell’assetto perfetto, mi compiaccio di provare le loro stesse emozioni e diamo gas in progressione.
I primi chilometri, quelli che ti conducono verso la torre argentina sono di riscaldamento.
Si sale fino a circa cento metri rispetto al pelo dell’acqua e quando finalmente la strada curva decisa verso occidente ti senti come un bambino che è arrivato in cima alle montagne russe.
C’è ancora una lingua di terra di circa un chilometro che ci divide dal mare, presto gli saremo molto vicini, ma ora a questa distanza quello che maggiormente ti colpisce sono le tantissime tonalità di verde che adornano il crinale che ci sovrasta.
In lontananza, dritto di fronte a noi, non fosse per le nuvole che danzano in cielo, non sarebbe nemmeno semplice distinguere la linea dell’orizzonte.
Proseguiamo lungo un veloce tratto che si aggiusta velocemente prima verso destra poi verso sinistra, in un altalenante ma dolce cambio di direzione che pare un onesto invito a scaldare le gomme senza dover sporcare troppo la traiettoria.
Bisogna stare attenti, perché ci sono ancora diversi ingressi secondari e l’asfalto potrebbe rivelarsi improvvisamente sporco.
Pochi istanti dopo la strada sembra quasi tuffarsi nel mare, una secca curva a destra e l’occhio che sfortunatamente non può trattenersi ad ammirare il panorama perché c’è un prima traiettoria da disegnare.
Come seguendo lo stesso copione a turno vedo sfilare le moto di chi mi precede, dopodiché è il mio turno e mi lascio andare ad un inserimento pulito e senza compromessi.
L’asfalto è di quelli granulosi e apparentemente sincero.
Un'altra curva sulla sinistra e poi un piccolo tratto di ulteriore avvicinamento alla costa; il rumore dei motori ora è chiaramente percepibile e la cosa mi entusiasma.
Finalmente, quando la vista oltrepassa il guard-rail, uno spettacolare panorama irrompe attraverso la visiera e mi abbaglia con immagini mozzafiato.
Un lungo crinale roccioso si tuffa verso un mare splendente azzurro smeraldo, scomparendo a ridosso di strisce di sabbia sottile e dai vivaci color perla.
Una varietà impressionante di colori e tonalità tappezzano le creste scoscese che si pronunciando verso l’alto in fieri pennacchi dalle tinge bigie.
Non riesco a scorgere altro che la prossima curva incombe mentre nel senso opposto sopraggiungono veicoli obbligandomi a distrarmi il meno possibile.
Accerchiato un grosso sperone la strada danza parallela alla costa, rivelando lontane alture che ancora si confondono nei riflessi del mare.
Raggiungiamo una fila di macchine e ci incolonniamo in attesa di poterci lanciare all’inseguimento dei prossimi tornanti, quando incrociamo i primi centauri sopraggiunti nel senso opposto.
Nemmeno il tempo di raddrizzare la moto che lampeggiano e salutano, sovente con decisi segni del braccio.
Mai come su questa strada mi sono trovato a guidare con il braccio sinistro costantemente teso nel saluto, in una sorta di costante omaggio che qui rivive del suo vero significato.
Sportiva o nuda, custom o motard, basta che alla prossima curva compaia un motociclista, che sai bene che entrambi in quel momento state rimuginando lo stesso pensiero.
Non è infatti quel torvo sentimento che in altre circostanze offusca lo spirito libero del motociclista, spingendo a mostrarti in tutta la tua arrogante esuberanza che ti assale, quanto la piena consapevolezza che entrambi state vivendo un momento di suprema estasi dei sensi mentre i vostri caschi si incrociano per pochi istanti.
Così questo saluto si tinge immancabilmente di lieto augurio, per le curve a seguire, per le vostre strade che scorrono una agli antipodi dell’altra, per il resto della giornata e per tutte le volte che inforcherete la vostra più grande passione.
Qui il saluto è una vera celebrazione, e non sono mai stato così felice nel sentirmi protagonista di questo rito.
Il primo del gruppo oscilla, accelera e si porta in cima alla fila, seguito in rapida successione dal secondo e dal terzo.
Afrika, Gnomo e Lawer aumentano il passo, li vedo raggiungere la prossima curva, staccare e oscillare verso l’interno; Alberto ed io attendiamo il prossimo momento.
Il tempo di percorrere l’ennesimo arco che scatto sulla sinistra, calcolo i tempi e spalanco portandomi dietro di loro.
Mille e una curva da saggiare, di quelle che non ti tradiscono o chiudono senza preavviso.
Su questo tratto di strada non devi avere timore; se hai testa e il traffico te lo permette puoi toglierti parecchi sfizi e far visita alle zone più pulite delle tue gomme.
La testa del gruppo mi precede di una curva mentre la strada si ritira verso l’interno e scompare abbracciando il fianco dello scosceso crinale.
Mi faccio sotto e li vedo superare un camper, sopraggiungo, mi accodo, arriviamo ad una stretta curva sulla sinistra ma la visuale è piena; chiudo la curva e mi affianco facendo annichilire il tozzo caravan con una progressione da urlo.
Lancio la terza e la faccio esplodere fino ai dodici mila, innesto la quarta e mi porto dietro proprio in inserimento di curva; un larghissimo tornante da prendere di prepotenza.
Lo affronto.
Saltello sulle punte per darmi lo lancio come un portiere sul punto di tuffarsi lungo la linea di porta, poi scivolo dolcemente sulla destra con lo sguardo teso verso l’uscita di curva.
Non sopraggiunge nessuno, continuo a surfare sull’asfalto tenendomi sugli avambracci ma sono troppo veloce e mi raddrizzo.
Sento odore di conquista, tiro verso il me il manubrio e porto la mia moto su limiti per lei ancora sconosciuti.
Sentendo d’un tratto di essere sufficientemente disteso, attendo il punto di corda e subito dopo raddrizzo col tallone e ridò gas.
Mi allontano fiducioso di aver guadagnato un briciolo di fiducia in più nel mezzo e inizio a dosare con più parsimonia i freni.
Afrika è di nuovo a portata, stacca, piega, raddrizza e riprende, Gnomo e Lawer a ruota e io ad inseguire, Alberto una curva dietro.
Ora la strada si arrampica lungo un erto costone, mentre l’asfalto serpeggia tra aspri promontori e rocce aguzze, facendoci salire e ridiscendere in un susseguirsi di larghe e godibili traiettorie.
Ancora incolonnati e il gruppo si ricompone.
Un attimo dopo Afrika è di nuovo avanti ma sarà l’unico a passare; nessuno giustamente azzarda e rimaniamo a goderci per interi minuti il panorama.
Tra un lampeggio e una carezza sulla gamba della zavorrina attendo il mio momento in preda ad un autentico attacco di ansia euforica.
Quando la strada riprende a puntare la costa, la percorre per diversi chilometri rasentandone i contorni in una zona ventilata e baciata dal sole.
Sotto di noi, alcuni impavidi bagnanti e due boe di segnalazione.
L’ennesima curva vincolati a questa monotona processione di automobili.
Mi sporgo e sebbene non abbia piena visibilità affianco la fila e mi tengo incollato nella mia corsia, risalendola come un salmone lungo un fiume canadese.
Scalo e mi porto alla testa del corteo deciso a braccare un Afrika imprendibile.
Quando la visuale è libera mi scrollo di dosso questa cattiva compagnia e gli presento il culo della mia moto, almeno per i pochi secondi in cui riescono a starmi dietro.
Riprendo velocità e festeggio come una barca a vela sospinta dal vento dopo giorni di bonaccia, sferzando letteralmente l’asfalto ad ogni curva.
Inanellando arco su arco e avvicendando rapidi movimenti del busto con altrettante repentine staccate e vigorose riprese sento il ritmo finalmente fluirmi dentro; immortalo questa sensazione tra il novero dei momenti più intensi di tutto il giro e faccio mente locale sugli aneddoti da annotare in previsione del report.
Diversi minuti, quando questi magnifici chilometri volgono al termine, il nostro compagno fuggiasco e la sua zavorrina appaiono in sosta ai bordi della carreggiata.
Li raggiungo e guido il gruppo all’ingresso di Alghero.
Mentre ci ricomponiamo decidiamo di fermarci in prossimità del porto, dove i numerosi chioschi che sorgono sul molo offrono un sicuro riparo per una pausa più che meritata.
Il traffico è quello di un paese densamente popolato e giriamo per diversi lunghi minuti alla ricerca di un parcheggio che non ci faccia stare in ansia per le piccole.
Ci sentiamo soddisfatti quando le parcheggiamo a vista sul retro di un piccolo baretto dai tavolini metallici.
Con fare spavaldo mi sfilo il giubbotto restando a mezze maniche ma devo presto ricredermi; spira un vento freddo e non sono l’unico a prevedere pioggia con innegabile apprensione.
Mentre vengono consumati tè, caffè e succhi di frutta, contatto Ducas per aggiornamenti sul tempo.
Al momento il sassarese è asciutto ma non si sente di poter escludere improvvisi rovesci; il cielo lo preoccupa e l’aria è pesante.
Rimango d’accordo con il mio compaesano per incontrarci alla chiesetta di Balai all’uscita di Porto Torres, così da percorrere qualche chilometro insieme.
Nonostante tutto non ripartiremo prima di aver assaporare un lento e pigro momento di relax.
E’ questo un momento in cui non posso non lasciarmi scappare una confidenza.
Mentre facce stanche ma rilassate sfilano davanti ai miei occhi, rifletto e lascio che la coscienza mi suggerisca frasi sentite.
Quello che penso è che mi trovo seduto con un gruppo di persone che conosco vagamente.
Abbiamo girato la Sardegna insieme e trascorso quasi due giorni di quelli che raramente hai la possibilità di vivere una seconda volta.
Ci siamo trovati in difficoltà e siamo corsi ai ripari senza mai capitolare in discordia o astio reciproco.
Ci siamo stressati e nonostante fossimo consapevoli di non dover nulla a nessuno abbiamo sempre anticipato il sorriso alle parole senza mai negarsi il gusto dell’avventura o rinunciare ai seducenti piaceri di un viaggio a tratti massacrante.
Sono seduto con un gruppo di persone che conosco vagamente, ma che mi sembra di conoscere da molto più tempo; me lo dicono le loro risate, me lo raccontano i loro sguardi, lo descrivono i loro sorrisi.
Forte di questa considerazione mi decido a non lasciare nel dimenticatoio l’idea di stilare un report ad ampio respiro sulle vicende che ci hanno visto protagonisti.
Mezzogiorno incalza e dobbiamo incontrare Ducas per le 12:30.
Decidiamo di fare rifornimento al primo distributore utile, dopodiché siamo di nuovo in marcia.
Ci divincoliamo con destrezza dal caotico traffico delle ore più calde, percorrendo la via del lido per raggiungere l’uscita più vicina.
Non sarà possibile puntare verso Stintino e disegnare un perimetro perfetto della costa nord occidentale dell’isola, ma ci accontentiamo di puntare verso Porto Torres e poi riprendere dalla sua piacevole litoranea.
Ai nostri lati sfilano gli sterminati vigneti delle tenute Sella e Mosca mentre il sole a picco sulle nostre teste a tratti scompare per lunghi e preoccupanti minuti.
L’incrocio dei due mari, quadrivio che interseca la nostra via con quella per Sassari, Porto Torres, e Fertilia compare come una gigantesca rotatoria in cui ci immettiamo puntualmente dirigendoci verso nord.
Fermati alla prima stazione di servizio riprendiamo lungo un rettilineo semi deserto in cui possiamo accorciare notevolmente i tempi.
Diversi minuti dopo, le alte ciminiere della petrolchimica prima e i mattoni rossi degli stabili di un azienda di laterizi dopo, ci introducono nella zona industriale del comune di Porto Torres.
Ne percorriamo il perimetro fino a intersecare la strada statale 131, proseguendo spediti in via delle vigne fino a ricongiungerci con la litoranea all’altezza di Balai.
Svoltiamo verso destra e con dieci minuti di ritardo raggiungiamo la sua caratteristica chiesa a ridosso del mare.
Lì di fronte, in un piccolo parcheggio, Ducas attende il nostro arrivo.
Presentazioni di rito e primissimi riferimenti al viaggio intrapreso; qualche accenno all’incidente e al diluvio che ha sommerso Sassari e a cui noi siamo miracolosamente scampati.
Non sarà una lunga sosta, Gnomo incalza, tabella di marcia alla mano, e abbiamo la prenotazione in agriturismo per le 13:30.
E’ vero, dall’arrivo ad Alghero il nostro viaggiare è mutato in maniera sensibile. Ora siamo al costante inseguimento delle lancette dell’orologio, e le strade percorse sono accuratamente selezionate per permetterci un arrivo tempestivo e senza sprechi di tempo.
Non mancherà molto prima di concludere il nostro pellegrinaggio.
Faccio strada lungo i gradevoli sali e scendi che collegano Balai alla marina di Sorso, percorrendo una strada che guizza sinuosa disegnando un lungo arco a ridosso della costa nord occidentale.
Grigi promontori calcarei sovrastano la costa battuta dalle onde e alti pini ombreggiano le corsie mentre prestiamo attenzione ai dossi che si sollevano sull’asfalto per via delle loro radici.
Superati alcuni incroci a raso che smistano verso le discese al mare, superiamo il bivio per Sassari e incrociamo i primi villaggi turistici; svariate casupole dal grezzo intonaco costellano i colli tutt’intorno e dune di sabbia si affacciano pigre sulla carreggiata.
Quando la strada si allarga e si solleva di qualche metro arriviamo ad un incrocio che conosco molto bene.
Mi sono appena doppiato.
Proprio qui, due giorni prima, ho puntato verso Castelsardo sommerso da un cielo simile a quello che ora sovrasta l’orizzonte.
Puntiamo dritti verso le curve che precedono il borgo, superandole agilmente, quando finalmente siamo alle porte della frazione di Lu bagnu e Ducas si separa dal gruppo.
Sono passate da poco le tredici, avanziamo verso il prossimo bivio che segnala Tergu sulla destra e lo imbocchiamo.
La strada sale verso verdi colline erbose, dapprima gialle e già riarse dal caldo, successivamente sempre più verdi e fresche.
Alti colli ci salutano mentre l’aria diventa frizzante e il vento prende a soffiare sopra gli oziosi declivi su cui lo sguardo si perde per chilometri di distanza.
E’ proprio sulla cresta di una di queste alture, dopo svariate curve danzanti in un panorama a tratti bucolico, che prendiamo lo sterrato che ci porta al parcheggio dell’agriturismo.
Ci inoltriamo per circa duecento metri, sostando in uno spiazzo ghiaioso a ridosso di un crinale che domina un panorama incantevole; qui incontriamo Oceano e un'altra coppia di amici che pranzeranno con noi.
Entriamo scoprendo sale gremite per via delle cresime locali e un gran chiasso ci investe.
Accomodati su una lunga tavolata presto compaiono gli antipasti, così graditi che passano ben pochi secondi prima di vederci impegnati in uno degli sport più amati da motociclisti.
Pietanze cucinate a puntino e assaggi dagli inconfondibili gusti della gastronomia locale; quelle seguenti sono ore di furore.
Divoriamo tutto quello che ci viene presentato, intervallando i piatti tra commenti e compiaciuti apprezzamenti.
Nonostante possa sentirmi finalmente arrivato sono ben consapevole che il resto della compagnia deve ancora proseguire nel suo cammino, sulla stessa strada che io ho solcato due giorni prima, da Tergu a Santa Teresa, da Olbia ad Arbatax.
E’ proprio questo discorso che tiene banco al momento.
Le pance iniziano a gonfiarsi e la sonnolenza è alle porte; la domenica pomeriggio dopo un pranzo del genere anche solo volgere la mente ai numerosi chilometri ancora da percorrere è un peso più che asfissiante.
Afrika e Lawer si disinteressano e preferiscono aiutare il lavapiatti nel difficile compito di lucidare per bene i vassoi mentre Alberto distribuisce ravioli e gnocchetti a mezza tavolata.
Io continuo a riferire ad Oceano ogni cosa degna di nota che mi frulli per la testa sulle nostre giornate di fuoco mentre sento che Gnomo è preso nei suoi racconti a base di minimoto e assetto da pista.
Immersi in questo fantastico e goliardico quadretto, passerà del tempo prima di accorgerci che fuori ha preso a diluviare.
D’incanto i toni si smorzano e le facce mutano in espressioni atone e colme di preoccupazione.
Mi avvicino all’ingresso proprio quando viene servita in tavola la carne.
Un fitto acquazzone percuote la zona con pesanti gocce dal continuo incedere e un vivace tintinnio risuona sulle grondaie e fin sopra le tettoie.
Osservarla flagellare le nostro moto con una costanza che lascia ben poco spazio alla speranza, palesa l’inevitabile arrivo di un momento che per quanto fuggito per due interi giorni, alla fine ci ha raggiunto di soppiatto e puniti alle spalle.
Rientro e il pasto prosegue.
Nonostante la demoralizzazione delle prime battute, continuiamo noncuranti del maltempo a gozzovigliare allegramente senza lasciare alito allo sconforto che piano piano scivola via come l’acqua che a pochi metri di distanza ci sbeffeggia.
E’ una presa di posizione doverosa e legittima viste le circostanze.
Sappiamo tutti bene che il giro non proseguirà oltre.
Così come io appena finito di pranzare, punterò verso casa, Afrika e Lawer raggiungeranno il prima possibile Olbia e Gnomo e Alberto vireranno verso Sud, destinazione Oristano e Cagliari.
E’ con lo spirito di chi vuole congedarsi nel migliore dei modi che onoriamo la fine della nostra traversata, trattenendoci anche più del dovuto fino a che anche il dolce, il caffè e i liquori sono serviti e consumati.
Quando anche il tempo di pagare il conto arriva e non ci sono più scuse per temporeggiare, ci armiamo di coraggio e usciamo sotto la pioggia battente.
Arriva infine il momento inevitabile dei adii, inesorabile segnale che decreta lo scioglimento della compagnia.
Gli ultimi momenti sono spesi a favore delle raccomandazioni di rito mentre vigorose strette di mano sanciscono i saluti conclusivi.
Ci dividiamo nella piazzola e prima uno, poi l’altro ripartiamo seguendo strade diverse.
Percorrerò un ultimo tratto con Gnomo e Alberto, fino al bivio in cui loro proseguono verso Platamona, ed io svolto per Sassari.
Mezz’ora dopo sono all’entrata della città e a passo di lumaca avanzo completamente bagnato tra file al semaforo e soste lunghissime agli stop; accompagno la zavorrina a casa e in breve torno nei pressi della mia.
Supero la rampa dei garage e sollevo il portoncino della mia autorimessa infilandomi silenziosamente nel box, finalmente tratto in salvo dalla pioggia.
Quando è arrivato il momento di spegnere il quadro cedo ad un attimo di esitazione.
Rimango per un lungo istante ancora in arcione, caricando quest’ultimo istante di significato, poi controllo il contachilometri parziale e mi compiaccio di aver tenuto fede alla mia promessa.
Al 1072° chilometro percorso azzero il contatore e spengo il quadro sfilandone la chiave.
Smonto, afferro la borsa, esco e la stanca silhouette della mia hornet si congeda dietro il portone mentre posso ancora distintamente sentire il suono del suo motore raffreddarsi.
Mentre mi allontano la mente vola per un ultima volta a strade ormai distanti.
L’orientale Sarda, La Villasimius-Cagliari, La Bosa-Alghero, le loro curve fiere e magnifiche, così come i panorami da favola in cui dimorano e attendono.
Raggiungo l’ingresso dell’ascensore quando un compiaciuto sorriso mi dipinge il volto, poi scompaio dietro l’uscio, prima di sentirmi finalmente arrivato a casa.
Fuori infuria il diluvio; e così, per tutta la sera.





* * * * * * *





Non posso, alla luce di quanto vissuto, non dedicare qualche parola di commento maturata nei giorni seguenti al 2-3 Giugno.
In molti, dopo i primi superficiali racconti o stuzzicati da alcune frasi frutto di momenti di sconforto durante quei giorni, mi hanno incalzato con considerazioni sulla falsa riga di:
“Ma quindi il vostro Giro della Sardegna è fallito?”
A tutti questi io rispondo che sebbene mi sentissi sconfitto per primo e vinto nello spirito in determinati momenti, e così come la tristezza spesso si prendesse gioco di me, ritengo di aver perseguito scopi che esulano le originali aspettative.
Quando negli anni a venire parlerò del mio giro della sardegna, presterò particolare attenzione al tono del mio interlocutore, perché se nel tempo dovessi rimuovere particolari o smarrire la freschezza con cui racconto le mie storie, lo condurrò su questo forum.
E’ qui si renderà conto quanto il “nostro” giro della Sardegna sia stato un successo.
Ora non posso che congedarmi ringraziando tutti quelli che hanno preso parte alla spedizione, e chi come me ha sempre creduto, a fronte delle mille avversità, nello spirito con cui abbiamo preso a sognare quest’avventura all’inizio dell’anno.
Per questo un sentito ringraziamento a Lawer, a Daimond, a Randal, a Diabolik9, e ad Alberto.
E poi un grosso in bocca al lupo a Pcsystem che tanto era dispiaciuto per aver modificato i nostri piani ma che in realtà non ha modificato di una virgola quanto di buono abbiamo conquistato insieme, se non il fortissimo dispiacere di aver dovuto proseguire senza di lui.
E ancora ringrazio Ducas e Oceano che pur non potendo partecipare si sono prodigati di attenzioni e aiuti, contribuendo al successo finale di un progetto che li vede comunque protagonisti.
E non posso non ringraziare Gnomo, che per essersi fatto carico di un progetto complesso e oneroso non ha mai titubato o chinato il capo allo sconforto, considerato che senza di lui noi questo giro non l’avremmo mai fatto.
L’ultimo ringraziamento lo dedico a Afrika, che non solo mi ha aperto le porte di casa sua con smisurata gentilezza, ma si è offerto fin dal principio di accompagnarmi a cento chilometri di distanza per recuperare la mia ragazza, sfidando insieme a me il gelo e strade poco raccomandabili.
Grazie a lui il mio giro è stato pieno e memorabile; tante grazie da parte mia e di Gab.
Così come ho ringraziato voi, ringrazio anche le vostre compagne, presenze cordiali e piacevoli, di cui conservo un bel ricordo.
Penso a questo punto di aver finito i ringraziamenti, per cui concludo il post e chiudo ufficialmente una pagina della mia seppur giovane vita da motociclista.

Ultima modifica di Chierico il 19 Giu 2007 23:38, modificato 1 volta in totale
 
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1889848 Inviato: 19 Giu 2007 19:25
 

SANTA TERESA



OLBIA



ORIENTALE SARDA



ARBATAX



SAN PRIAMO



CASTIADAS



CAGLIARI



ORISTANO



BOSA



ALGHERO



TERGU


Ultima modifica di Chierico il 27 Giu 2007 13:27, modificato 19 volte in totale
 
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1890533 Inviato: 19 Giu 2007 20:57
 

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prendi questi applausi e moltiplicali per mille!!!!

bravi ragazzi....complimenti a tutti!!!

grande Chierico!! i miei piu sentiti complimenti!

AJO!!!
 
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1890570 Inviato: 19 Giu 2007 21:02
 

in effetti era da tanto che non leggevo un romanzo icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif

comunque, nonostante ora abbia gli occhi incrociati, devo dire che l'attesa del report è valsa la pena icon_wink.gif

Complimenti Francesco. Sei riuscito a trasmettere tantissime emozioni che credo abbia provato la maggior parte di noi.....novizi della moto e non icon_wink.gif

Nonostante il rimpianto di non aver completato l'intero tour, ma visti gli inconvenienti e la meteo che proprio alla fine ci è stata avversa, rimane comunque la coscienza di aver portato a termine un viaggetto fantastico in compagnia di persone fantastiche icon_wink.gif

Io spero che una cosa del genere si possa ripetere a breve e che si possa iniziare e concludere tutti insieme. Mi piacerebbe infatti godere sino alla fine anche della compagnia di Daimond, Lord, Diabolik e soprattutto Giacomo (Pcsystem), con cui dobbiamo proseguire il nostro tour da Castiadas icon_lol.gif icon_lol.gif

Per il resto, non c'è bisogno di alcun ringraziamento. Per me è stato un piacere 0509_up.gif

Vuoi mettere staccare le chiappe dalla sella a 150 km orari per un dosso preso in piena notte? icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif
 
1890787
1890787 Inviato: 19 Giu 2007 21:30
 

Comunque....il mio Gps "made in domo" si è risentito del fatto che tu l'abbia criticato dicendogli che è impazzito.....non è colpa mia se Nuoro è un cantiere aperto pieno di 8000 deviazioni. icon_eek.gif icon_eek.gif

Lui non faceva altro che ricalcolarci la strada ad ogni via sbarrata....Rexel e Alcoltest. Ribellatevi.....così non si può icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif
 
1890803
1890803 Inviato: 19 Giu 2007 21:32
 

Non avessimo avuto il tuo GPS a quest'ora stavamo ancora vagando per le campagne dell'Ogliastra e magari ci avrebbe pure sparato la pattuglia dei carabinieri.
 
1890901
1890901 Inviato: 19 Giu 2007 21:45
 

Beh che dire, fantastico Chierico! 0510_five.gif Un racconto bello ed emozionante!!
Hai veramente espresso con delle parole azzeccatissime quanto di bello e unico abbiamo qui in Sardegna icon_cool.gif icon_cool.gif
Siete stati tutti mitici icon_biggrin.gif
é stato un vero piacere conoscervi tutti (o quasi icon_lol.gif) di persona....
 
1891869
1891869 Inviato: 20 Giu 2007 7:01
 

ciao Chierico, hai fatto un report fantastico! 0510_inchino.gif 0510_inchino.gif 0510_inchino.gif 0510_inchino.gif hai descritto in modo esaustivo l'intero tour icon_biggrin.gif icon_biggrin.gif complimentoni adesso si ke mi fai rimpiangere non aver proseguito il giro con voi 0510_sad.gif 0510_sad.gif pazienza sarà per la prossima! un saluto a tutta la bella compagnia di quella ke resterà una bella giornata con un contorno da incubo! ciauz a rivederci a presto!
 
1892102
1892102 Inviato: 20 Giu 2007 8:08
 

Chierico, bellissimo romanzo ma non l'ho letto perchè oggi è la mia giornata libera e non voglio passarla al computer...ho salvato tutto sulla mia bella pennina e lo leggerò domani quando sarò impegnatissimo ad aspettare l'ultimo volo in ritardo domani notte!!!! 0510_grattacapo.gif
Comunque...bello avere un report così dettagliato almeno gli sfigati come me che si sono persi un giro simile sanno a cosa hanno perso!!!!
"Sempre a manetta!!!...Il curvone ci aspetta!!!" doppio_lamp.gif
 
1892889
1892889 Inviato: 20 Giu 2007 9:57
 

ho letto il romanzo in due comode rate dato che gli occhi ieri notte mi hanno abbandonato
complimenti icon_exclaim.gif sei uno scrittore e complimenti per lo spirito motociclistico trasmesso icon_wink.gif

icon_arrow.gif manco a paragone con la compagnia dell'anello icon_lol.gif
 
1893338
1893338 Inviato: 20 Giu 2007 10:44
 

grande hai fatto un bellissimo report, come dice afrika non c'è bisogno dei ringraziamenti è stato un piacere stare in vostra compagnia e lo farei nuovamente mille volte. (anzi lo sto già facendo) sono io che dico grazie a tutti voi per la squisita compagnia e spero di stare presto nuovamente insieme.(il motoraduno di ollollai ci aspetta).
ancora un grazie a francesco per questo bellissimo report pieno di emozioni
 
1894050
1894050 Inviato: 20 Giu 2007 11:48
 

Troppo, troppo gentili icon_redface.gif
Ringraziate voi stessi perchè senza protagonisti non esisterebbero storie degne di essere raccontate.

Forza gruppo Sardegna, alla conquista delle mille e una meraviglia della nostra fantastica terra!

P.S.
rei-hime ha scritto:

manco a paragone con la compagnia dell'anello icon_lol.gif

Lo sapevo che accostando il verbo "sciogliere" a quello di "compagnia" sarei pericolosamente caduto in questo confronto.
Ero a corto di sinonimi dannazione eusa_doh.gif

Ultima modifica di Chierico il 20 Giu 2007 12:10, modificato 2 volte in totale
 
1894102
1894102 Inviato: 20 Giu 2007 11:53
 

invece è stato carino, davvero icon_biggrin.gif eusa_clap.gif
 
1895539
1895539 Inviato: 20 Giu 2007 14:11
 

vorrei fare 2 corezioni:

1) non è vero che a muravera vi ho guardato male!!!!!! anzi, ho pensato che se un gruppo come quello che stavo vedendo si fosse unito al nostro, sarebbe stato troppo bello!!!! chierico maligno icon_twisted.gif icon_twisted.gif icon_twisted.gif icon_wink.gif

2) io non guido come un indemoniato, io seguo rettamente il codice della strada!!!! 0509_si_picchiano.gif 0509_si_picchiano.gif chierico maligno, e due!!!! icon_wink.gif


comunque, ringrazio nuovamente chierico, ma ringrazio tutti quanti per i bei momenti passati assieme icon_redface.gif
 
1897345
1897345 Inviato: 20 Giu 2007 17:24
 

infatti tu non ci hai calcolati nemmeno di striscio, indaffarato come eri al cellulare icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif

E' stato Daimond che ha allungato il collo a dismisura per tentare di scorgere magari qualche adesivo Tinga icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif Per un attimo mi è sembrato Carletto (il re dei mostri) tanto si è allungato icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif
 
1897371
1897371 Inviato: 20 Giu 2007 17:26
 

afrika ha scritto:
infatti tu non ci hai calcolati nemmeno di striscio, indaffarato come eri al cellulare icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif

E' stato Daimond che ha allungato il collo a dismisura per tentare di scorgere magari qualche adesivo Tinga icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif Per un attimo mi è sembrato Carletto (il re dei mostri) tanto si è allungato icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif


icon_lol.gif
 
1897636
1897636 Inviato: 20 Giu 2007 17:54
 

me lo salvo e me lo leggo con calma icon_eek.gif icon_eek.gif
 
1897701
1897701 Inviato: 20 Giu 2007 18:03
 

midnight ha scritto:
me lo salvo e me lo leggo con calma icon_eek.gif icon_eek.gif


Usa il link di inizio post per scaricare il report, è decisamente meglio leggerlo così.
 
1897994
1897994 Inviato: 20 Giu 2007 18:35
 

afrika ha scritto:
infatti tu non ci hai calcolati nemmeno di striscio, indaffarato come eri al cellulare icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif


ma se ho salutato con le 2 dita!!!!!!!!!!!!! 0509_campione.gif cosi'!!!!
 
1898096
1898096 Inviato: 20 Giu 2007 18:49
 

lord_randal ha scritto:
afrika ha scritto:
infatti tu non ci hai calcolati nemmeno di striscio, indaffarato come eri al cellulare icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif


ma se ho salutato con le 2 dita!!!!!!!!!!!!! 0509_campione.gif cosi'!!!!


Allora ho fatto bene a risponderti con uno solo icon_lol.gif icon_lol.gif Così 0509_dito.gif
 
1899831
1899831 Inviato: 20 Giu 2007 22:41
 

Grazie Cheierico per questo tuffo nei ricordi icon_biggrin.gif

E ora a voi la colonna sonora dell'inizio del giro della Sardegna.
La dedico a Gnomo per tutti i Km in cui mi ha voluto al suo fianco icon_redface.gif

DAMMI SOLO UNA MOTO
(Sulla canzone “Dammi solo un minuto” dei Pooh)

Lo so
so tutto non parlare più
so che poteva esser meglio
ma illudermi io voglio
il meteo è taroccato,
Giuliacci si è sbagliato…

Partiamo
le nuvole son poche qui
le vedo all’orizzonte
che fuggono da me,
che voglia di guidare
anche se c’è un temporale…

Dammi solo una moto,
un casco integrale
e una tuta in cordura.
Il rettilineo è finito
ora inizian le curve
vedrai che goduria.
Mi sembra che faccia un bel tempo
a est...

Dammi solo una moto,
un casco integrale
e una tuta in cordura.
Siamo ancora lontani
devo accelerare
o arriviamo domani.
Ma ecco le Rocce Rosse di là
ad Arbatax!

E poi
ci ritroviamo tutti qui
già pronti per partire
non c’è da indugiare
ormai bisogna andare.

Dammi solo una moto,
un casco integrale
e una tuta in cordura.
L’avventura ha inizio
il tempo è propizio
la strada è un po’ dura.
Ingrano le prima e si va
per di la…

Ma è vero che ha inizio ora questo giro...
ma si che è proprio vero.

Come mai i miei occhi ora stanno piangendo?
Sarà forse la visiera che non sta chiudendo?
(ripetere ad libitum)

eusa_boohoo.gif eusa_boohoo.gif eusa_boohoo.gif eusa_boohoo.gif eusa_boohoo.gif eusa_boohoo.gif
 
1901046
1901046 Inviato: 21 Giu 2007 8:30
 

Seria la canzone!!!
Nuovo "Inno Tinga"?
Lo Proponiamo come Inno del Tinga?
"Sempre a manetta!!!...Il curvone ci aspetta!!!" doppio_lamp.gif
 
1901564
1901564 Inviato: 21 Giu 2007 9:42
 

Evvai domus eusa_clap.gif eusa_clap.gif
 
1903237
1903237 Inviato: 21 Giu 2007 12:47
 

complimenti Domus bella canzone eusa_clap.gif attenzione che i pooh ti chiedono i diritti d'autore icon_biggrin.gif
 
1903257
1903257 Inviato: 21 Giu 2007 12:50
 

afrika ha scritto:
infatti tu non ci hai calcolati nemmeno di striscio, indaffarato come eri al cellulare icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif

E' stato Daimond che ha allungato il collo a dismisura per tentare di scorgere magari qualche adesivo Tinga icon_lol.gif icon_lol.gif icon_lol.gif Per un attimo mi è sembrato Carletto (il re dei mostri) tanto si è allungato icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif icon_mrgreen.gif

hahaha bella questa, povero il mio collo!!! devi ammettere che ho fatto l'impossibile per riconoscervi! ma gli adesivi non si vedevano manco col binoccolo icon_biggrin.gif
 
1903315
1903315 Inviato: 21 Giu 2007 12:55
 

lord_randal ha scritto:
vorrei fare 2 corezioni:

1) non è vero che a muravera vi ho guardato male!!!!!! anzi, ho pensato che se un gruppo come quello che stavo vedendo si fosse unito al nostro, sarebbe stato troppo bello!!!! chierico maligno icon_twisted.gif icon_twisted.gif icon_twisted.gif icon_wink.gif

2) io non guido come un indemoniato, io seguo rettamente il codice della strada!!!! 0509_si_picchiano.gif 0509_si_picchiano.gif chierico maligno, e due!!!! icon_wink.gif


comunque, ringrazio nuovamente chierico, ma ringrazio tutti quanti per i bei momenti passati assieme icon_redface.gif


dai lord di la vertità quando son passati il comento è stato " ma cosa si credono questi?" icon_biggrin.gif
 
1903443
1903443 Inviato: 21 Giu 2007 13:09
 

Complimenti, complimenti davvero... Se mai verrò in moto in Sardegna, riprenderò molti dei tuoi itinerari... icon_biggrin.gif

Bravo e bravi tutti! icon_biggrin.gif
 
1903530
1903530 Inviato: 21 Giu 2007 13:18
 

Ciao e complimenti ho letto qua e la il report e poi sono saltato alla parte cruciale ovvero alla mia uscita dal giro e a dir la verita mi sono anche un po commosso. icon_cry.gif icon_cry.gif icon_cry.gif
Cerchero comunque di leggere il tutto completamente ( e in corso la scarico completo dal link ) rinnovo anche un grazie di cuore a tutti ( presenti e non ) che mi hanno aiutato moltissimo sia con i fatti che con le parole che con il sostegno morale e la compagnia.
La cosa piu bella che mi ha regalato questo giro e stata quella di conoscervi tutti ( impagabile !!! ). icon_biggrin.gif icon_biggrin.gif icon_biggrin.gif
Spero che per il 29 luglio abbia gia rimesso in sesto la zetina e che ci si possa riunire nuovamente.
Complimenti poi per la vena poetica e narrativa di chierico.
Molla tutto e mettiti a scrivere icon_idea.gif icon_idea.gif ( hai un futuro ).
A presto Giacomo
doppio_lamp.gif
 
1904304
1904304 Inviato: 21 Giu 2007 14:33
 

siete dei falsi daimond e chierico.. RICORDERO'!!!!! icon_evil.gif icon_evil.gif icon_evil.gif
 
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